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Consulta: "Niente tagli a stipendi di giudici e manager pubblici". PDF Stampa E-mail
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Notizie - Diritto
Giovedì 11 Ottobre 2012 16:39

Vietato toccare i privilegi della magistratura e gli stipendi dei manager statali. La Consulta: "Incostituzionali". Perché i sacrifici sono chiesti solo ai cittadini?

Andrea Indini - ilgiornale.it

Guai a toccare gli stipendi dei dipendenti pubblici.

Non possono essere sforbiciati nemmeno di un centesimo. Mentre la crisi economica fa schizzare alle stelle il numero dei disoccupati e l'Unione europea chiede, contestualmente, al nostro governo sempre maggiori sacrifici che vanno a pesare sui portafogli dei contribuenti, la Corte costituzionale ha stabilito che le retribuzioni dei magistrati non possono essere abbassate. Non solo. La Consulta si è anche opposta anche alla riduzione dei dipendenti pubblici con stipendi superiori ai 90mila euro lordi all'anno. "Il Parlamento decide in modo sacrosanto di mettere dei limiti a stipendi fuori da ogni logica - tuona la Lega Nord - e la vera casta si difende".

Altro che la casta dei politici. In parlamento, per lo meno, qualche taglio di facciata lo stanno facendo. Nei tribunali e nella pubblica amministrazione, invece non si può. A difendere i privilegi dei giudici e i maxi stipendi dei manager pubblici ci ha pensato la Consulta con due sentenze che legano le mani al governo in tema di spending review e che sono destinate a far sicuramente discutere. "I tagli sulla retribuzione dei magistrati previsti dal decreto legge sulla manovra economica 2011-2012 sono incostituzionali", ha spiegato la Corte stabilendo, appunto  l’illegittimità del decreto nella parte in cui dispone che ai magistrati non vengano erogati gli acconti per il triennio tra il 2011 e il 2013 e il conguaglio del triennio tra il 2010 e il 2012 e nella parte in cui dispone tagli all’indennità speciale negli anni 2011 (15%), 2012 (25%) e 2013 (32%). Non solo. La Consulta ha, poi, azzerato i tagli per i dipendenti pubblici con stipendi superiori ai 90mila euro lordi all'anno (-5% per la parte eccedente questo importo) e 150mila euro (-10%) dal momento che, come già sostenuto dal Tar, la norma introdurebbe "un vero e proprio prelievo tributario a carico dei soli dipendenti pubblici". Per la Consulta un’imposta speciale prevista nei confronti dei soli dipendenti pubblici "viola il principio della parità di prelievo a parità di presupposto d’imposta" dal momento che "il prelievo è ingiustificatamente limitato ai soli dipendenti pubblici". Morale? La Consulta arriva addirittura a proporre al legislatore di rimodulare i tagli con "un universale intervento impositivo", andando quindi a colpire tutti i cittadini.

Contro la Consulta si è subito levata una selva di critiche da parte della politica. Ad attaccare duramente i giudici della Corte costituzionale sono stati soprattutto i parlamentari leghisti secondo i quali "non è possibile che si voglia trasformare la nostra Repubblica in una regime governato" dalle toghe. Il responsabile del Dipartimento Fisco, Finanze ed Enti Locali, Massimo Garavaglia, ha chiesto al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano di intervenire per "eliminare questa vergogna". "Non si può chiedere alla gente di andare in pensione a settant'anni e di vedere aumentare disoccupazione e crisi per rispetto dei vincoli europei - ha concluso l'esponente del Carroccio - quando poi i cosiddetti dirigenti dello Stato, veri e propri burocrati nel senso peggiore del termine, continuano ad avere privilegi ingiustificati".

 

 

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