“FSC deve smettere di avallare la violazione sistematica dei diritti dei popoli indigeni”
Tre importanti organizzazioni indigene amazzoniche hanno rilasciato una dichiarazione congiunta accusando FSC (Forest Stewardship Council) di ritardare deliberatamente la propria decisione sull’opportunità di ritirare o meno la certificazione data a una famigerata azienda di taglio del legno che opera nelle terre di un popolo incontattato dell’Amazzonia peruviana.
Hanno minacciato di boicottare ulteriori e “inutili” confronti con FSC: "Saremo costretti a ritirarci dai possibili spazi di dialogo con FSC in merito a questo caso, poiché finora questi dialoghi si sono rivelati inefficaci."
La compagnia, Canales Tahuamanu, ha già spianato nel territorio dei Mashco Piro incontattati oltre 200 km di strade per poter tagliare e trasportare gli alberi. Canales Tahuamanu e FSC sanno da almeno otto anni che nella zona della concessione vivono i Mashco Piro, ciò nonostante FSC ha certificato il legname dell’azienda come etico. Secondo la legge peruviana e internazionale, la foresta dei Mashco Piro dovrebbe essere protetta.
Le organizzazioni FENAMAD (l’organizzazione regionale che rappresenta le comunità indigene della provincia dove sono state scattate le foto dei Mashco Piro che due settimane fa hanno fatto il giro del mondo), AIDESEP (l’organizzazione nazionale degli indigeni amazzonici del Perù) e COICA (un’alleanza di organizzazioni indigene di tutti i paesi amazzonici) accusano FSC di “avallare la violazione sistematica dei diritti dei popoli indigeni” e hanno detto: “Vogliamo azioni concrete, non parole!”
Dichiarano inoltre che “chiaramente, il rispetto dei diritti degli indigeni – e soprattutto la vita dei popoli incontattati – non è una priorità di FSC”.
Le immagini dei Mashco Piro diffuse da Survival International dimostrano che nell’area coperta da numerose concessioni di disboscamento, inclusa quella certificata FSC, vivono più di 100 indigeni incontattati. La risonanza mondiale che quelle foto hanno avuto, ha messo FSC sotto un’enorme pressione costringendo l’organizzazione a render conto del fatto di mantenere la certificazione pur sapendo da molti anni della presenza dei Mashco Piro e nonostante le organizzazioni indigene le avessero chiesto un intervento già quattro anni fa.
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