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Burocrazia all’italiana… PDF Stampa E-mail
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Notizie - Fatti
Giovedì 04 Aprile 2024 23:00

Dal sito del Quirinale

 

Cancellati leaders indegni ma assegnatari di onorificenze italiane.


Perché ne sopravvivono altri due?





 

   Burocrazia all’italiana… Dopo decenni di tira e molla tra le associazioni di esuli da Istria, Fiume e Dalmazia, i familiari di infoibati e loro discendenti ed i vertici repubblicani, è stata finalmente tolta dal sito ufficiale del Quirinale (https://www.quirinale.it/onorificenze) e dall’elenco di nominativi degli insigniti di onorificenze la macabra figura del maresciallo  Josip Broz noto come maresciallo Tito (Kumrovec, 7 maggio 1892 - Lubiana, 4 maggio 1980), presidente della Repubblica socialista federale di Jugoslavia dal 1953 al 1980 (fino al 1963 presidente della Repubblica federativa popolare di Jugoslavia.

   A Tito, sanguinario pianificatore e realizzatore con suoi degni scherani della persecuzione omicida ed infoibatrice di italiani e della loro diaspora da terre natie, era stato conferito il 2 ottobre 1969 (con Giuseppe Saragat presidente della Repubblica) il titolo di Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana decorato di Gran Cordone.

   Il riconoscimento ad un simile losco figuro della storia era una vergogna di Stato che persisteva da troppo tempo ed un’imbarazzante slinguazzatura anacronistica ad un dittatore  coercitivo all’esodo di domobranci sloveni, ustascia croati, cetnici serbi, civili italiani d’Istria, Fiume e Dalmazia (con la correità di connazionali rinnegati) oltre a militari ed appartenenti alle forze dell’ordine fedeli al fascismo od al re e tedeschi, ungheresi, romeni delle Forze dell’Asse e Volksdeutschen (tedeschi etnici), cominformisti (dopo la rottura con Stalin del 1948), cioè membri del Cominform (ufficio di informazioni tra i partiti comunisti europei, operativo dal 1947 al 1956), preti cattolici, ortodossi e cristiani in genere, oppositori. Un campionario di vittime di atrocità che colloca il detentore del titolo attribuito nella categoria infernale dei principali democidi (secondo un termine del politologo, storico e docente statunitense Rudolph Joseph Rummel) o mega-murderers (mega-assassini). Alla faccia di suoi inguaribili estimatori ideologizzati tra ieri ed ancora oggi.

   Se la decorazione a Tito è stata tolta dalla banca dati del sito del Quirinale persistono testardamente in alcune località d’Italia, invece, vie a lui intitolate, nel più palese assolvimento dei crimini compiuti e fatti compiere dallo “statista eccelso”. Un controsenso irriverente lontano anni luce, ad esempio, da quanto deciso dalla Corte costituzionale della Slovenia, il 3 ottobre 2011, che ha dichiarato anticostituzionale l’intitolazione d’una via a Josip Broz stabilita nel 2009, precisando che “…può essere oggettivamente vista come un riconoscimento del precedente regime non democratico ed in contrasto con il principio del rispetto della dignità umana secondo la nuova Costituzione slovena (art. 1)… (omissis)… Il precedente regime ed il nome di Tito sono lasciati alla storia”. 

   Oltre alla citazione di Tito, anche un altro asso della passata galassia dei leaders comunisti ha avuto una mano di scolorina nel sito del Quirinale. Si tratta del presidente della Repubblica socialista di Romania (nonché segretario generale del Partito comunista rumeno e presidente del Consiglio di Stato della Repubblica socialista di Romania) Nicolae Ceauşescu (Sconiceşti, 26 gennaio 1918 - Târgovişte, 25 gennaio 1989) che, il 21 maggio 1973, ricevette la medesima attribuzione di Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana decorato di Gran Cordone. Venne concessa durante la presidenza di Giovanni Leone.

   Nonostante gli anni trascorsi dalla rivoluzione che sconquassò la dittatura di Ceauşescu, nessuno aveva mai deciso prima l’annullamento della pubblica distinzione onorifica, a differenza di quanto fatto, ad esempio, da nazioni come la Danimarca che, addirittura il 23 dicembre 1989 (ancor prima dell’esecuzione, su condanna d’un “tribunale volante” militare, di Nicolae e della moglie Elena, il 25 dicembre 1989), revocò all’ormai ex Conducǎtor il titolo di Cavaliere dell’Ordine dell’Elefante. Od il Regno Unito che, già il 24 dicembre 1989, tolse a sua volta il riconoscimento concesso di Cavaliere di Gran Croce del Molto Onorevole Ordine del Bagno.

   Se è stata fatta un po’ di pulizia nell’elenco ufficiale degli assegnatari delle onorificenze repubblicane (i nominativi ammontano tuttora a 1.490.963), forse sono “sfuggiti”, chissà mai perché, due generalità-scandalo ancora menzionate.

   Quello della stessa moglie di Nicolae Ceauşescu, Elena (nata Lenuţa Petrescu, Petreşti, 7 gennaio 1916 - Târgovişte, 25 dicembre 1989), giudicata colpevole di vari crimini assieme al marito, che, nel sito, risulta presente in quanto assegnataria (nella stessa data, il 21 maggio 1973, di altro conferimento al marito) del titolo di Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana. E l’altro d’un “certo” Benito Mussolini (Benito Amilcare Andrea, Dovia di Predappio, 29 luglio 1883 - Giulino di Mezzegra, 28 aprile 1945) che, allora Capo del Governo, il 7 maggio 1936 ricevette l’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine Militare d’Italia.

 

Claudio Beccalossi
Ultimo aggiornamento Giovedì 04 Aprile 2024 23:24
 

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