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Domenica 11 Febbraio 2024 16:52



MOLDOVA-TRANSNISTRIA: GLI ACCORDI COMMERCIALI

SONO PIU' IMPORTANTI DELLA POLITICA

 

di GIORDANO CEVOLANI

 

 

 

Il famoso ponte sul Dnestr (italianizzato in Nistro) a Bender che collega la Transnistria alla Moldova, uno dei teatri della guerra di Transnistria scoppiata nel 1992 (2 marzo - 21 luglio 1992 , 142 giorni) tra le forze armate moldave e quelle transnistriane, con il successivo appoggio della 14° armata russa. Fonte:Wikipedia

 

 

IL TRAMONTO DELLE TRATTATIVE PER LA REINTEGRAZIONE DELLA TRANSNISTRIA

 

Il conflitto Moldova-Transnistria è il conflitto in corso protrattosi da più lungo tempo nell’Europa continentale. Piu' di tre decenni di negoziati hanno prodotto pochi progressi verso la risoluzione della disputa con i separatisti. Il 'caso Transnistria' ha costituito un pericoloso precedente in questa martoriata area dell'Est Europa, fungendo da apripista nel 2014 alla secessione della Crimea e  a quella molto più cruenta in termini di perdita di vita umana, del Donbass. Non a caso la Transnistria è stata definita da alcuni osservatori come il Donbas in terra moldava. Ecco perchè la presidente Maia Sandu ha dichiarato a metà gennaio c.a che la Moldova potrebbe portare avanti la sua richiesta di adesione all’UE senza la Transnistria, citando nei colloqui di adesione l’isola divisa di Cipro come precedente. Infatti,  l'intera isola di Cipro, nonostante abbia aderito all'UE come isola divisa de facto, è dal 1° maggio 2004 territorio dell'UE e i turco-ciprioti che sono in possesso, o possono richiedere, documenti di viaggio dell'UE, sono cittadini dell'Unione europea.

I colloqui individuali con la Transnistria si svolgono sotto gli auspici dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE), composta da 57 nazioni, che da decenni svolge un ruolo di mediazione. Hanno sostituito un formato “5+2” di lunga data a cui partecipavano Russia, Ucraina e Stati Uniti, insieme a osservatori dell’UE e degli Stati Uniti. Questo formato è stato abbandonato dopo che l’Ucraina si è rifiutata di partecipare a fianco della Russia, chiamando in causa l’invasione del Cremlino.

 

TRANSNISTRIA,  LA VERA PORTA TRA L'EUROPA E LA RUSSIA

 

Dopo la caduta del Muro di Berlino il 9 novembre 1989 e della  Cortina di Ferro, quasi un anno dopo, il 2 settembre 1990, l'attuale Transnistria, meglio definibile come PMR (Prednistrovie Moldavskaia Respublika)  si dichiarò unilateralmente indipendente ancora prima della dissoluzione dell’Urss, con un referendum che ottenne quasi il 90% delle preferenze. Quando, nel 1991, la Moldavia si rese indipendente dall’Unione Sovietica, inserendo nel suo territorio anche la repubblica separatista, divampò lo scontro  che culminò con la breve guerra nella primavera-estate del 1992 con un migliaio di morti tra le forze armate moldave e gli insorti della riva sinistra del fiume Nistro (nome italianizzato  del Dnestr) appoggiati dalla 14° armata russa di stanza in terra moldava.




 

 

La Transnistria (in russo PMR, Prednistrovie Moldavskaia Respublika)  è un' entità territoriale di circa 4000 km2, lunga 200km e stretta 30km compressa tra Moldova e Ucraina, con un confine meridionale che dista poco più di 50 km da Odessa.e che  ospita sul suo territorio circa 1500 soldati russi, in gran parte per sorvegliare i depositi di armi a Cobasna, a 2 km dall'Ucraina,  lasciate più di trent’anni fa dalla 14° armata russa.

 

 

La Transnistria è la vera porta tra l'Europa e la Russia e anche per questo le autorità di Tiraspol rivendicano ora come allora  di essere il vero Stato moldavo, rifiutando ogni tentativo di avvicinamento alla Romania con l'intento di formare la 'Grande Romania' (Romania mare).  La tregua, raggiunta nel luglio 1992, stabilì la separazione ‘de facto’ dei due Paesi e la permanenza di  soldati russi nella base militare del villaggio di Cobasna, in gran parte per “proteggere” un grande deposito di munizioni dove sono immagazzinate armi che potrebbero essere utili in un eventuale attacco verso la Moldavia; o verso l’Ucraina perchè Odessa è lontana poco più di 50 chilometri appena dal confine. A Cobasna/Kolbasna (distretto di Rîbnița, Transnistria), a soli due chilometri dal confine con l’Ucraina, c’è infatti il più grande deposito di munizioni d’origine sovietica dell’Europa centro-orientale. Oltre 20 mila tonnellate, di armi ed esplosivi  in gran parte scadute. Una enormità che, per gli specialisti, se esplodesse genererebbe una deflagrazione paragonabile a quella della bomba di Nagasaki (15 chilotoni). Per tale ragione, il direttore generale di Roscosmos e già veterano della guerra di Transnistria del 1992 Dmitrij Rogozin ha descritto come «massacro colossale»  un eventuale tentativo dei «banderisti ucraini» [testuale da Limes], gli ultranazionalisti che si richiamano al discusso personaggio Stepan Bandera, di impossessarsi delle armi che lì sono stoccate ma anche difese.

Gli esperti sottolineano che l'esplosione del deposito di munizioni che si estende su una superficie di 20 campi da calcio causerebbe una catastrofe umanitaria ed ecologica nella regione nordorientale della Repubblica di Moldavia e nel territorio dell'Ucraina su una superficie compresa tra 500 e 3.000 chilometri quadrati. La posizione geografica della PMR  tra Moldova e Ucraina, due nazioni filo-occidentali, rileva il ruolo strategico di questo Paese filorusso che  dipende economicamente dal sostegno diretto e indiretto della Russia e che viene visto come un vero 'cavallo di Troia' che puo' essere utilizzato  entrando in funzione in una situazione sempre  fluida come quella della guerra in corso. Vero è che il contingente russo di “mantenimento della pace” viola la sovranità della Moldavia e continua a fungere da ostacolo all’ulteriore cooperazione tra Moldavia e Transnistria.

Dopo quasi 35 anni questi due Paesi separati in casa continuano ad esserlo, allontanando di fatto ogni prospettiva di reintegrazione.Da quando la Russia ha invaso l’Ucraina nessuna ipotesi, anche la più improbabile, può essere accantonata e da questo dipende il destino futuro di questa entità territoriale di circa 4000 km2. Tanto più che nessuno mostra moderazione, nel contesto attuale: né Mosca, né Kiev e neppure Chisinau, dove c’è almeno l’attenuante della paura di un possibile allargamento del conflitto in corso da 2 anni..

 

LA  MOLDOVA VIRA VERSO LA ROMANIA

Mentre fervono le manovre militari in collaborazione con la NATO ai confini con la Moldova,  paradossalmente, la situazione è più tranquilla a Tiraspol, capitale della Transnistria, che è bene ricordare, è una striscia di terra lunga 200 km e stretta 30 km da nord a sud, tra la Moldova e  l’Ucraina, grande poco più della Valle d’Aosta, dove si parla russo e si paga in rubli transnistriani. Proprio a Bulboaca, a pochi chilometri dal confine transnistriano con Bender, sono in atto da alcuni mesi vaste operazioni militari  con il sostegno di personale NATO. Poco convince la risposta del governo moldavo che la Moldova  e la NATO hanno firmato  30 anni fa ( 16 marzo 1994)  il Partenariato per la Pace. L'esercito moldavo sta intensificando dall'inizio della guerra russo-ucraina, le  esercitazioni militari e l'addestramento congiunto in  un programma di collaborazione con le forze della NATO. La Moldova,a due passi dal conflitto e con il timore di finirvi dentro, vira a occidente e pensa alla riunificazione con Bucarest, sogno oggi quantomai realistico. L'arresto nel maggio 2023 dell'ex presidente filorusso Igor Dodon;  una nuova legge che vieta la trasmissione di notizie russe; la messa in dubbio della neutralità del Paese da parte della stessa presidente Sandu (la Costituzione moldava sancisce infatti a chiare lettere la neutralità); lo status di candidata all’ingresso nell’UE acquisito a fine giugno 2023 insieme all’Ucraina; il numero impressionante di passaporti rumeni in Moldova ottenibili senza grandi facilità con denaro contante  e i collegamenti giusti tra gli intermediari di cittadinanze e i burocrati corrotti di Bucarest e Chișinău;  il nuovo gasdotto (Iasi-Ungheni-Chisinau) dalla Romania alla Moldova per dar inizio all'emancipazione  energetica dalla Gazprom russa; e l'utilizzazione del Porto Franco Internazionale di Giurgiulesti (GIFP) sul Danubio, l'unico sbocco moldavo di poco più di 400 metri verso il Mar Nero, e sempre più un porto satellite di quello rumeno di Costanza: sono tutti chiari segnali che indicano uno spostamento verso occidente da parte del piccolo stato. Il governo moldavo  sta compiendo passi avanti evidenti che stanno generando fibrillazioni in un Paese povero, culturalmente in bilico e con una tensione tra la componente rumena e quella russa, oltre alla minoranza turcofona della Gagauzia che guarda anch’essa più a Mosca che all’occidente. Un Paese di fatto diviso a metà e questa spaccatura si riflette sull'elevato tasso di emigrazione che dissangua il Paese, con un milione e mezzo di fuoriusciti.   Anche se Bucarest si è sempre detta favorevole all’unione con la Moldova,  la accetterebbe   solo nel caso in cui in Moldova si manifestassero segnali inequivocabili di consenso, come un referendum o chiare manifestazioni in tal senso. Attualmente sembra ancora tiepido questo consenso che certamente è maggiore nelle fasce più giovani, favorevoli a una prospettiva di unificazione in quanto attratte dalla possibilità di godere degli stessi benefici dei propri coetanei occidentali.

La Romania pur di portare avanti il progetto di unificazione è disposta a spingersi fino al Nistro, integrando solo la Bessarabia e lasciando così fuori la Transnistria russofona, ponendo così fine alla divisione moldava e segnando un confine ufficiale tra le aree di cultura rumena e il russkij mir (il "mondo russo", inteso come la sfera di influenza militare, politica e culturale della Russia). Si attuerebbe in tal modo il sogno della Grande Romania (in romeno, România Mare), storicamente il territorio della  Romania nel periodo interbellico che va dalla fine del 1918 fino al giugno 1941 (mese in cui il Paese entrò nella seconda guerra mondiale), che comprendeva il  territorio della Moldova.

 

LA POLITICA VIENE DOPO L'ECONOMIA

La Transnistria, ‘de facto’ Stato indipendente, con tanto di frontiere e dogane, ma non riconosciuto da Paesi dell’Onu, neppure dalla Russia, è un nodo  geopolitico importante, compresso tra Ucraina e Moldova che hanno aperto le loro frontiere ad aiuti anche militari arrivati dall'Occidente, ma nel piccolo Paese secessionista che dista da Odessa poco più di 50 chilometri, non accade proprio  nulla. Il Paese del presidente Vadim Krasnoselsky, votato per la prima volta nel 2016 e confermato nel 2021 ha saputo non reagire alle provocazioni per non essere trascinato in una guerra che nessuno dei russi, ucraini, moldavi e bulgari che ci vivono, dichiara di non volere. Da entrambe le parti, ucraina e russa, s’insinua il dubbio di provocazioni del nemico per fare credere a operazioni ostili russo- transnistriane in Moldova o ucraine in Transnistria. Ad osservatori esterni operazioni del genere appaiono  incomprensibili in quanto gli ucraini hanno l’esigenza di non sottrarre forze al fronte anti-invasione; e d'altro canto i russi si sono già mostrati vulnerabili ampliando troppo l’area d’azione . Nel Paese  di meno di mezzo milione di abitanti, un terzo dei quali nella capitale,  i vari gruppi etnici e religiosi convivono senza grossi problemi anche perchè è ancora vivo  il ricordo della breve e cruenta guerra del 1992 tra le due sponde del Nistro.

I cittadini hanno quasi tutti la doppia (o tripla) cittadinanza,  e possono attraversare il confine con la Moldova. Anche dal punto di vista economico-commerciale la relazione con l’Europa è forte: circa il 70% dell’export di Tiraspol va verso l’Ue. Questi fatti hanno in parte avvicinato la Transnistria alla Moldavia e all’Ue. Mosca, però, mantiene l'influenza sull’area: la Russia ha un ruolo centrale nella fornitura di elettricità e di gas e dalla Russia arriva la maggior parte delle rimesse.

Chișinău non ha mai accettato l'aperta  sfida di Tiraspol alla sua sovranità  ma ha sempre avuto poche ragioni, politiche od economiche, per destabilizzare la situazione. Anche se Tiraspol si è lamentata in diversi momenti (come quello attuale)  delle misure introdotte da Chișinău  per regolare le esportazioni delle aziende con sede in Transnistria, le autorità moldave alla fine hanno sempre consentito e spesso facilitato il transito e l’ulteriore esportazione delle merci transnistriane. Del resto la stragrande maggioranza dell'elettricità consumata in Moldova è prodotta da una centrale elettrica con sede in Transnistria che brucia gas russo, mentre l'apertura di Chișinău è fondamentale per garantire rotte di esportazione per le merci della Transnistria, vendute a livello internazionale con i timbri doganali della Moldova. Nonostante i cambiamenti nella regolamentazione al commercio determinati da Chișinău,  nel complesso questa soluzione si è rivelata straordinariamente stabile in quanto fornisce vantaggi a tutti i soggetti coinvolti.

Alla fine del 2015 le autorità transnistriane avevano fatto sapere di essere riuscite a convincere l’UE ad estendere la zona di libero scambio commerciale Deep and Comprehensive Free Trade Area (Dcfta), già in vigore con la Moldavia, anche alla piccola repubblica secessionista, a cominciare dal 2016. L’isolamento da est ha finito per alimentare una profonda crisi che sta mettendo in ginocchio l’economia della Transnistria. La Transnistria ha perciò deciso di conformarsi alle richieste di Bruxelles in cambio dell’estensione della Dcfta. Nell’arco di alcuni anni ha rimosso i dazi sui prodotti europei, adeguandosi alle regole dell’Organizzazione mondiale del commercio in campi come la concorrenza, le norme doganali, la trasparenza nelle imprese, e introducendo l’iva. Al di là del calcolo politico ed economico, resta da capire se l’ingresso nella Dcfta non possa aprire la strada anche all’Accordo di associazione con l’UE. E' bene precisare che la decisione di aderire alla Dcfta – come ogni decisione politica a Tiraspol – non può essere avvenuta senza il via libera da Mosca, ora disposta a a fare concessioni  in prospettiva di  progressive contrazioni  degli aiuti economici riservati alla PMR.

Alla fine, tuttavia, i leader di Chișinău di tutti i colori politici hanno poco interesse a reintegrare effettivamente la Transnistria nelle condizioni attuali, poiché le soluzioni immaginabili appaiono sia politicamente che economicamente difficili. L’attuale governo ha come priorità principale l’integrazione europea e non nasconde di essere pronto e disposto a procedere su questa strada senza la Transnistria.

Niente reintegrazione quindi. Dopo quasi 35 anni, lo situazione attuale sembra andar bene per tutti, anche per  gli attori esterni. La Russia è felice di mantenere un'enclave russofila, e, date le modeste dimensioni della Transnistria che è meno di un settimo della superficie della Moldova, i costi di questo patronato sono abbordabili  anche se le risorse in questa fase delicata del conflitto. Per l’Ucraina, che condivide un vasto confine terrestre (piu' di 200 km da nord a sud) con la Transnistria,  è più importante avere un alleato stabile e filoeuropeo a Chișinău piuttosto che mettere in discussione la situazione attuale. L’UE sembra più propensa a  favorire soluzioni per le transazioni commerciali e doganali con la Moldova, piuttosto che spingere per un cambiamento che potrebbe causare instabilità. Certo tutto rimane in sospeso e legato alle sorti della guerra  arrivata al traguardo dei 2 anni e che sembra essere destinata a durare ancora almeno fino alle elezioni americane previste il 5 novembre 2024. Perchè poco importano quelle presidenziali in Moldova che verranno presumibilmente boicottate  con il loro annullamento permanendo lo stato di emergenza fin dall'inizio del conflitto. Nell'ultimo voto nazionale prima delle elezioni presidenziali previste il novembre 2024, il Partito d'Azione e Solidarietà (Pas) della presidente, ha ottenuto più del 40% dei voti espressi  ma le vittorie si sono verificate però soprattutto nelle aree rurali mentre i suoi candidati non hanno ottenuto il controllo delle grandi città.   E questo pone seri interrogativi sull'esito delle prossime elezioni presidenziali.

Così oggi appare conveniente sia per Chișinău che per Bruxelles concentrarsi sull'integrazione europea prevista entro il 2030 per le stesse aspettative della stessa presidente Sandu e fingere che un approccio di collaborazione economico-commerciale con  Tiraspol possa procedere a tempo indefinito. La situazione potrebbe tuttavia cambiare improvvisamente e in modo del tutto imprevedibile. Tra l'altro una brusca fine della fornitura di gas dalla Russia prevista alla fine del 2024 sconvolgerebbe i meccanismi socioeconomici prevalenti in Transnistria praticamente da un giorno all’altro. Le autorità si ritroverebbero in breve tempo senza le risorse per pagare i lavoratori del settore pubblico, anche in settori fondamentali come la sanità e l’istruzione, e i grandi impianti energivori dovrebbero presto chiudere. La sostenibilità a lungo termine di queste aziende era comunque dubbia, ma lo shock economico avrebbe conseguenze sociali molto più ampie già nel breve termine, creando una situazione di crisi difficile da gestire. Resta  da vedere se il regime in Transnistria si accontenterà di restare fedele allo status quo o se intende  spingersi ulteriormente verso l’indipendenza - ipotesi attualmente più improbabile - in attesa di una possibile estensione del conflitto nell'oblast (distretto) di Odessa da parte della Russia che in caso di successo ingloberebbe anche la Transnistria distante alcune decine di chilometri.

 Ecco perchè gli accordi economico-commerciali vengono oggi prima della politica.

 

Bender, Transnistria, 10 febbraio 2024

Ultimo aggiornamento Martedì 13 Febbraio 2024 15:38
 

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