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Reportage dal Donbass - C.Beccalossi PDF Stampa E-mail
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Notizie - Fatti
Giovedì 23 Novembre 2023 16:51

Reportage dal Donbass

 

 

Vicino al fronte russo-ucraino del provato distretto Petrovsky

 

Servizio e foto di

Claudio Beccalossi





Benvenuti




Vetro della scuola perforato dalla scheggia d'un ordigno ucraino esploso vicino




La sala del museo dedicata alla vittime delle offensive ucraine tra la popolazione del Donbass



Materiale esposto riguardante la guerra del Donbass



Cimeli dell'Afghanistan



Bossoli raccolti nel Donbass



Reperti della Seconda guerra mondiale

 

 

   Donetsk (Repubblica Popolare di Donetsk) - Ci spostiamo verso il distretto Petrovsky, situato a sud-ovest rispetto al centro di Donetsk (zona piazza Lenin), a circa 4 chilometri, in linea d’aria, dal fronte bollente russo-ucraino. La vicinanza alle postazioni di Kyïv ed al loro sporadico martellamento, tramite colpi d’artiglieria, tiri di razzi e scorribande di droni, costringe la popolazione rimasta ostinatamente ad un continuo allerta, confidando negli errori umani (balistici), in Dio (chi ci crede) o nella buona sorte (i fatalisti).

 

Dati (indicativi) sulla strage di civili

 

   Il reporter Vittorio Nicola Rangeloni (curatore del proprio canale RangeloniNews su Telegram, residente nel capoluogo e punto di riferimento di giornalisti con ambizioni di verità) riferisce che «a Donetsk (escludendo la porzione di territorio dell’oblast’ ancora sotto controllo ucraino) tra il 2014 e l’agosto 2022 sono state uccise da incursioni belliche ben 8.367 persone, di cui 116 minori». Semplicemente agghiacciante!

   Andando a scavare nelle cronache rinvenibili (comunque parziali e, quindi, insufficienti a restituire un’analisi completa), solo nel 2023 il distretto a ridosso del fronte ha registrato il seguente numero di vittime a causa degli attacchi ucraini: 10 febbraio, 2 morti; 11 febbraio, 1 morto e 1 ferito; 23 febbraio, 3 feriti, 4 soccorritori morti ed altri 10 feriti; 23 aprile, 1 morto e 5 feriti; 17 maggio, 1 morto e 4 feriti; 1° giugno, 2 morti; 9 agosto, 1 bambina morta; 12 agosto, 1 morto; 29 agosto, 2 morti; 30 agosto, 7/8 feriti; 15 novembre, 1 ferito. Tutti civili! Senza contare i bombardamenti su strutture pubbliche e private che hanno causato lesioni di varia gravità.

 

Interno d’una scuola colpita da schegge

 

   Analogamente ad altre critiche circostanze riferite, pure in questo distretto una scuola, dalla vilipesa scritta in facciata Dobro pozhalovat’! (“Benvenuti!”), non è stata risparmiata dalle “strategie” ucraine. Chiusa a qualsiasi attività didattica per i notevoli rischi alla sicurezza di alunni, insegnanti e personale, reca le lacerazioni inferte da chi, di tanto in tanto, lancia ordigni esplosivi nelle sue immediate vicinanze. Le schegge impazzite hanno trapassato i vetri impattando sulle pareti interne e perforando la porta di un’aula dov’era in corso una lezione d’inglese.

 

Memorie di tre conflitti

 

   Ora, con la scuola chiusa, rimane operativo il “Museo delle Tre Guerre” (della Seconda mondiale, dell’Afghanistan e del Donbass), come lo definisco io, che, tramite un notevole quantitativo di materiale, rievoca tragici avvenimenti entrati nella storia contemporanea.

   Reperti, armi, cimeli, documenti, giornali e mappe d’epoca, foto, video ecc., a stragrande maggioranza originali, costituiscono un corposo materiale d’archivio, nell’aggiornamento continuo di ciò che riguarda soprattutto il Donbass, con il conflitto tuttora combattuto senza alcuna ipotesi di tregua o fine.

   Ci accoglie per farci da guida Roman, un veterano militare a suo tempo nel Karabakh. Il museo, allestito con cura e rispetto dall’“Unione Combattenti Internazionalisti dell’Unione Sovietica” (qui la nostalgia del passato è qualcosa di tangibile) del distretto di Petrovsky e dai veterani dall’Afghanistan, ha un percorso strutturato in cinque sale (cronologicamente, due sugli eventi nel Donbass, due sulla Seconda guerra mondiale ed una sulle ostilità in Afghanistan). I locali sono stipati di oggetti e testimonianze di qualsiasi genere sulle relative pertinenze, con particolari riguardi ai caduti ed ai loro lasciti (foto, piastrine di riconoscimento, onorificenze ricevute ed altro).

   Nel collettivo esposto in abbondanza risalta la gratitudine (termine non retorico per gli organizzatori) verso chi combatté e morì.

   La prima sala è un pugno allo stomaco per qualsiasi grado di sensibilità. Nella parca illuminazione e tra i rintocchi d’una campana a lutto, su tre monitor s’alternano foto di vittime nel Donbass dal 2014 in poi: bambini, civili, militari, russofoni e filorussi. Una lunga, angosciante sequenza che l’Occidente, tifoso incondizionato dell’Ucraina ed a braccia conserte nel non intervenire con iniziative diplomatiche per arginare, se non far cessare, lo scontro armato, si rifiuta (da ben prima dell’avvio dell’“Operazione militare speciale” di Mosca del 24 febbraio 2022) di riconoscere come crimini di guerra.

   Un ulteriore spazio del museo è adibito a sala proiezioni ed a meeting e videoconferenze solo online (data la gravità della situazione che non consente di riunire più persone in un unico spazio). Ci sediamo in quest’ambiente della compartecipazione evocativa per assistere alla visione d’un video sui drammatici eventi del Donbass dal 2014 in poi, partendo (come parallelismo storico al colpo di Stato di Jevromajdan, lett. “Europiazza”, tra il novembre 2013 ed il febbraio 2014 a Kyïv ed in altre città dell’Ucraina) dall’ascesa al potere in Germania di Hitler e del nazismo. Una sintesi dallo strazio penetrante…

 

“Popoli fratelli” e “pace”, termini banditi

 

   Roman sottolinea, in merito alla guerra in corso, che quanto raccolto e mostrato costituisce solo una minima parte di ciò che è veramente accaduto. Durante il suo spiegare, cita spesso il concetto “popoli fratelli” (bratskiye narody) in riferimento a quelli dell’ex Unione Sovietica. E ripete altrettanto volentieri il sostantivo femminile “pace” (mir), rimandato a chissà quando. La realtà, anche nell’edificio scolastico oltraggiato da frammenti delle deflagrazioni vicine, è, purtroppo, ben diversa.

 

Distribuzione gratuita di legname per riparazioni di danni

 

   Usciti dall’edificio scolastico dalle funzioni “ufficiali” in standby ma con un annesso museo attivo, nonostante la pericolosità, che raduna drammi e memorie, in un piazzale vicino osserviamo la distribuzione gratuita di assi e pannelli in legno e truciolati agli abitanti che ne abbisognano per rimediare ai danni procurati dai raid ucraini, soprattutto su modeste e vecchie case di quest’estrema periferia rivolta alla campagna di Donetsk. Riparazioni urgenti ma dalla consistenza presumibilmente provvisoria. Fino all’eventuale prossima scorreria, in apparenza lunatica, dell’arsenale offensivo ucraino su gente provata (o, meglio,martirizzata) da anni...

   

 

   

Ultimo aggiornamento Venerdì 24 Novembre 2023 16:33
 

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