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Il destino delle “altre Wagner” PDF Stampa E-mail
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Sabato 26 Agosto 2023 15:48

 


GUERRA
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Francesca Salvatore

26 AGOSTO 2023​​​​​​​

Con il dossier della morte di Evgenij Prigozhin ancora caldo, Vladimir Putin sceglie di non perdere tempo: urge dare una lezione a tutta la galassia delle sorelle minori della Wagner. Il presidente russo ha, infatti, firmato un decreto che impone anche ai volontari che si arruolano in formazioni paramilitari di prestare giuramento di fedeltà allo Stato, secondo quanto riferito da Ria Novosti. Mai più cani sciolti, ma solo soldati e mercenari votati alla fede assoluta al Cremlino, per i quali qualsiasi deviazione dalla linea di Mosca verrà considerata altro tradimento. Il che contravviene alla definizione stessa di mercenario, che di per sè non è legato a nessun “fede” statale. Putin si è voluto assicurare che nessun capo o esponente nazionalista (vedasi il caso Igor Girkin, arrestato il mese scorso) osi seguire l’esempio di Prigozhin. Tutte “le formazioni volontarie” dovranno perciò giurare solennemente davanti alla bandiera “fedeltà alla Federazione, di osservare la Costituzione e seguire scrupolosamente gli ordini dei comandanti e dei superiori”.

Il successo delle compagnie paramilitari russe

Con il parziale disimpegno degli Stati Uniti in diversi scenari, in Africa come in Medioriente, la Federazione da anni ha appaltato sempre più spesso sia il suo soft che hard power a milizie di mercenari (giungendo a stabilizzare la presenza in 27 nazioni nel 2021), di cui la Wagner ha rappresentato soltanto la fetta più popolare.

 

Il che, di per sé, costituisce una contraddizioni in termini, visto che l’articolo 359 del Codice penale russo considera illegali queste unità: pertanto, ne vieta l’addestramento, il reclutamento nonché il finanziamento, tutte attività punibili con il carcere dai 4 agli 8 anni. Il 2014 è stato poi l’anno in cui la Russia ha tenuto a battesimo questa nuova filosofia di Difesa: paradigmatici gli esempi di Donbass e Crimea. Negli ultimi nove anni si stima che le formazioni di questo tipo abbiano finito per assolvere, per conto di Mosca, non solo funzioni di sicurezza, intelligence, sorveglianza, soft power, ma sempre più quelle di combattimento operativo, andando a coadiuvare-o a sostituire del tutto-le milizie tradizionali. Il rischio? Quello di coltivare una serpe in seno come nel caso di Prigozhin, che possa ritorcersi contro gli intenti della Federazione.

L’obiettivo: costruire la fedeltà verso Mosca

A dispetto di ciò, sono circa 30 i gruppi paramilitari russi di cui si conosce l’esistenza, due terzi dei quali operanti anche nel teatro ucraino. Sono unità che giovano della presenza di veterani del Donbass e che alle casse della Difesa russa costano molto meno che mantenere l’esercito tradizionale. Senza dimenticare che le grandi aziende russe, legate ai giri d’affari del Cremlino e degli oligarchi, attingono a queste brigate per un ampio ventaglio di esigenze a seconda della loro capacità, che va da qualche centinaio di uomini a diverse migliaia.

Non è un caso che, all’indomani del golpe, Putin abbia colto l’occasione per tentare di inquadrare il gruppo di miliziani all’interno della Difesa russa, offrendo ai mercenari di Prigozhin una via d’uscita, firmando il contratto con Mosca. Un tentativo fallito, almeno fino alla morte del fondatore della Wagner, che potrebbe aprire scenari inediti. Nel tentativo eventuale di decapitare il gruppo, più che smantellarlo, l’offerta potrebbe essere nuovamente quella dell’arruolamento in cambio della libertà, pena la prigione. Con i miliziani di Prigozhin, infatti, Putin deve mantenere il pugno di ferro senza indulgere, considerando cosa questi uomini erano pronti a fare, marciando verso Mosca. Ma considerando l’estensione del loro potere, è necessario anche non tirare troppo la corda: in quanto mercenari potrebbero anche cedere alle lusinghe del nemico. Difficile ma non impossibile, visto che la galassia della guerriglia anti-Putin, in queste ore, ha aperto una vera e propria campagna acquisti verso i miliziani orfani di Prigozhin.

Il caleidoscopio delle milizie mercenarie

Ma la Wagner non rappresenta tutto l’universo delle milizie russe. Un ruolo fondamentale lo ricoprono i miliziani privati delle grandi compagnie, vedasi Lukoil (che utilizza ex Kgb nella formazione LukomA), Rosfnet o Gazprom, che agiscono rispondendo direttamente ai vertici delle grandi compagnie russe. Mesi fa aveva destato scalpore il ruolo dei miliziani di Gazprom, venuti allo scoperto dopo i fatti di Soledar: fra di loro numerosi veterani della guerra in Cecenia over 50, arruolati mentre ricoprivano il ruolo di guardie di sicurezza per la multinazionale, con la promessa di lauti guadagni e numerosi benefici a completamento della missione. Difficile pensare che questi possano rispondere ad altri comandi se non a quelli provenienti dal cuore della Federazione. Contro di loro si era scagliato proprio Prigozhin, che aveva accusato questo tipo di gruppi di balcanizzare la fotografia delle forze in campo, ostacolando l’operato dei suoi blasonati miliziani.

Più complesso sarà invece stringere su altre formazioni minori, ma che comunque al modello della Wagner si ispirano. La velocità di ricollocazione, la duttilità dell’impegno, la possibilità di agire sul filo del legale/illegale è ciò che ha permesso ai proxy di Mosca di far giungere le spire di Putin così lontano. Attenzionata speciale potrebbe essere Convoy, figlia della Wagner e nata dalla volontà di Sergej Aksenov, capo della Crimea occupata; e poi ancora Rusich, il gruppo di estrema destra, composto per lo più da veterani del Donbass, le cui unità sono state fondamentali in alcune fasi decisive del conflitto in Ucraina; Patriot, i miliziani privati devoti-pare-a Shoigu che avrebbe iniziato la sua scalata in Ucraina dopo il fallito golpe della Wagner, sua diretta concorrente; i Lupi dello Zar, nati nella guerra del Donbass e venuti allo scoperto nel novembre scorso, per via della pubblica dichiarazione del loro leader, Dmitry Rogozin, che ha annunciato di fornire “assistenza tecnica” alle forze russe, testando sul campo veicoli e armamenti.

Da dove potrebbe spuntare un altro Prigozhin

Ben nota alle cronache anche l’Unione dei volontari del Donbass, guidata dal deputato della Duma Alexander Boroday, ex premier dell’autoproclamata Repubblica popolare del Donetsk. Il gruppo sostiene di poter disporre di tre battaglioni, che si addestrano in una base a Kadamovsky, nella regione russa di Rostov, proprio dove si addestrano reparti della riserva dell’esercito regolare. Desta particolare precoccupazione il ruolo della Redut, nata nel 2008, che pare sia stata fondamentale nell’assalto iniziale all’Ucraina: al suo interno si vocifera di una certa “Brigata del Don”, che comprenderebbe combattenti cosacchi che rispondo direttamente alla Difesa russa. L’esistenza della Redut venne resa nota per la prima volta nel 2019 dalla Novaya Gazeta, secondo la quale la compagnia era di base a Kubinka, nella regione di Mosca. In passato la Redut è stata impegnata nella protezione di strutture di aziende russe in zone calde, in particolare degli impianti in Siria della Stroytransgaz Jsc, società di costruzioni nei campi petrolifero e del gas già appartenente alla Gazprom. Ma anche la Bars, che opera in collegamento con alcune delle altre compagnie. Anche per loro potrebbe essere presto o tardi tempo di giuramenti.

Per quelle formazioni che hanno sempre agito con un certo gradiente di dipendenza diretta da Mosca, potrebbe non cambiare nulla: del resto, il decreto stabilisce che devono prestare giuramento davanti alla bandiera russa “le persone che appartengono alle unità volontarie che collaborano all’adempimento dei compiti assegnati alle Forze Armate della Federazione Russa, che appartengono alle formazioni militari e corpi previsti dalla legge federale sulla difesa”. Ma fatta la legge, trovato l’inganno: se per le milizie al soldo di grandi gruppi o di oligarchi è più semplice accettare un futuro da yes men, i gruppi spinti da forte connotazione etnica o politica potrebbero ben presto assumere il medesimo atteggiamento di Prigozhin, puntando il dito contro l'”operazione speciale”.

Fonte: https://it.insideover.com/guerra/il-destino-delle-altre-wagner.html?_gl=1*1pfev3u*_ga*MjE4MjM1MTc4LjE1MDk2NTA2ODA.*_ga_ENZ2GEXW4Y*MTY5MzA3NTM2OC4zMzYuMC4xNjkzMDc1MzY4LjAuMC4w&_ga=2.267606662.989744542.1693052400-218235178.1509650680

 

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