FI - "Spettri" al Teatro Della Pergola |
Scritto da Giuseppe Arno |
Martedì 21 Febbraio 2023 21:09 |
SPETTRI I nostri scheletri nell’armadio
Giovedì 10 febbraio al Teatro Della Pergola di Firenze è andato in scena il dramma ‘Spettri’, considerato il capolavoro di Henrik Ibsen, nella versione adattata da Fausto Paravidino e diretta da Rimas Tuminas. Ma prima ancora di parlare dell'opera del drammaturgo norvegese, dobbiamo senz'altro fare un plauso alla direzione del teatro della Pergola che è riuscito a presentare un calendario di spettacoli di sicuro spessore ed interesse, capaci di riunire un ampio pubblico costituito in buona parte da giovani, che si affianca a coloro - un po' più in là negli anni - che abitualmente occupano le rosse poltrone; tanto più nella serata di venerdì scorso se si considera che il suddetto spettacolo è andato in scena in concomitanza con il Sanremo televisivo. La cosa non può che farci piacere, essa costituisce senz’altro un segnale positivo per il futuro del nostro teatro. Ibsen ambienta ‘Spettri’ in una non meglio precisata campagna norvegese di fine ottocento. Come consuetudine di questo autore, alcune volte di non facile interpretazione, vengono affrontati molti temi ma, principalmente, v’è senz'altro la condanna dell'ipocrisia della morale borghese, del perbenismo e della religiosità di facciata, delle menzogne che ognuno edifica a ‘sua difesa’ ma che poi, inevitabilmente, costituiranno i ‘fantasmi’ di cui, prima o poi, è chiamato a liberarsi. L’interpretazione del personaggio centrale del dramma - la signora Helene Alving è affidata alla brava attrice Andrea Jonasson decisamente struggente nel finale nella sua compostezza col velo di ‘Madonna’. Un quadro religioso, di gran respiro, in quanto non solamente Helene ‘regge’ lo spettacolo, affiancandosi alla caratura teatrale degli altri attori di consumata esperienza. Ognuno di loro ha saputo esprimere al meglio il carattere del personaggio affidato, la sapiente recitazione cattura lo spettatore e lo rende partecipe del dramma e, senza consentirgli cali di attenzione, lo accompagna verso l’epilogo finale . Di particolare effetto la trovata scenica della nebbia che avvolge il palco e i personaggi, ciò rende ancor più fredda e solitaria l'atmosfera nella quale si svolgono le azioni, quasi che esse fossero vissute in un mondo altro, separate da quello reale. Il fiordo norvegese si contrappone alla evocata gioia di vivere dell'ambiente parigino, lontano non tanto nella distanza quanto nella mentalità . Il perbenismo borghese traspare e si incunea tra la scellerata condotta del patrigno di Regine e la religiosità di facciata del Pastore Manders, tanto che a un certo punto non si capisce dove sia il valore e dove il disvalore. Una cosa è certa: le azioni perverse si trasmettono ai figli, un destino implacabile, come una dannazione, rende inutili gli sforzi di riscatto di ognuno. La religione dal canto suo non offre via di salvezza, è chiamata semplicemente a suggellare le consuetudini, a rendere più difficile lo sforzo di disvelare le azioni trascorse lasciando che esse appaiano meno turpi. Ma ecco che esse riemergono, in veste di ‘spettri’, a ricordarci il passato. A questo punto la figura femminile diventa preminente e di riferimento. Caratteristica questa che è una costante nella drammaturgia di Ibsen, che rivolse un’attenzione particolare anche al tema dell’emancipazione della donna, cosa che la fa diventare estremamente attuale. Prova ne sia il personaggio di Nora in ‘Casa di bambola’(1879), che precede di poco la Helene Alving negli ‘Spettri’ (1881) . E tutto questo, se consideriamo che siamo sul finire dell’Ottocento, non è di poco conto.
Carla Cavicchini
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