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Notizie - Cultura
Giovedì 29 Dicembre 2022 17:17

 

PENSIERO DI FINE ANNO 2022

storia dimenticata,  'esperta' di epi-pandemie

 

già direttore dell'Area della Ricerca CNR, Bologna

 

'Il virus della peste, questa malattia mortale,

inaugura l’Iliade di Omero, riappare nella Tebe di Eschilo,

nell’Atene di Tucidide e nell’Italia di Lucrezio.

Il Rinascimento, con Boccaccio, Margherita di Navarra e infine Shakespeare,

lo evoca di nuovo come elemento fondatore

in cui la letteratura esplora nuovi modi  di esistere e di resistere,

mentre il vecchio universo crolla senza speranza di ritorno.'
(André Glucksmann)

 

Riprendo volentieri un pensiero tratto dall'editoriale della rivista di gennaio 2023: Guerre, carestie, povertà, recessioni, migrazioni, aggregazioni psicopolitiche, omologazioni sociali di massa e malaffare sono le cause di questo preoccupante stato di cose, in buona parte imputabile, secondo alcune rispettabili correnti sociologiche, alla tanto questionata globalizzazione.

350milioni di ammalati e 10mila morti per il coronavirus in Cina sono questi numeri che rimbalzano come notizia nei media di questi ultimi giorni del 2022, con la lugubre prospettiva che la metà della popolazione cinese venga contagiata nelle prossime settimane e che, in occasione del capodanno cinese, sarà in massiccio movimento all'estero proprio per effetto della chiacchierata globalizzazione: un ben triste presagio che ci riporta al clima del febbraio 2020 quando ebbe inizio l'incubo della pandemia Covid-19 in Italia. Quasi 3 anni fa!


Similitudini tra epidemie e pandemie del passato e del presente

Nel corso dei millenni che hanno caratterizzato la civiltà dell'Uomo, termini come 'epidemia e 'contagio' non erano affatto sconosciuti al genere umano, come dimostrano numerose testimonianze storiche e solo recentemente a causa del Covid-19, termini come 'pandemia' e 'quarantena' sono diventati pure di dominio pubblico. E' sempre opportuno avere come riferimento la locuzione latina Historia magistra vitae reperibile nel De Oratore di Cicerone che ne afferma la fondamentale importanza per la sua funzione ammaestratrice.

E' un fatto che le epidemie esistono da quando esistono i primi ampi assembramenti urbani, in pratica dal neolitico, il periodo che ha segnato una vera rivoluzione tecnologica nell'agricoltura e allevamento.  Alla fine dell'Età del Bronzo, un primo riscontro lo abbiamo in una stele egizia della 18° dinastia (1403-1365 a.C.) dove è rappresentato uno scriba con una gamba offesa dalla poliomielite, oppure all'inizio dell'Età del Ferro, la mummia del faraone Ramsete (1157 a.C.), sul cui volto sono ancora conservate le pustole del vaiolo che probabilmente lo uccisero. Il vaiolo era infatti una malattia in grado di falcidiare oltre il 30% della popolazione, e che dopo millenni è stata sradicata dal globo alla fine degli anni ’70 del secolo scorso, grazie a una campagna mondiale di vaccinazione. Per trovare una cura al flagello del vaiolo bisogna aspettare secoli, che dico, millenni.  Nel maggio 1796,  Edward Jenner,  brillante medico e naturalista britannico, inoculò nel braccio di un bambino di 8 anni una piccola quantità di materiale purulento prelevato dalle ferite di una donna malata di Vaiuolo Vaccino, la forma di vaiolo che colpiva i bovini e, in forma cutanea lieve, anche gli allevatori. Il bambino non ebbe nessun disturbo e in seguito Jenner dimostrò che il piccolo era diventato immune alla forma umana del vaiolo. A questa pratica venne dato il nome di 'vaccinazione'. I precursori della vaccinazione non portarono a termine il percorso della sperimentazione scientifica. E dunque, pur rendendo merito alle loro intuizioni  che avevano aperto la strada ad una nuova tecnica di prevenzione del vaiolo, è con la pubblicazione di Jenner che nasce la storia della moderna vaccinazione e ricordiamo che proprio a Jenner dobbiamo il termine vaccination, mutuato dal latino vacca, la portatrice del cow-pox, malattia caratterizzata dalla presenza di pustole vaiolose sulle mammelle delle vacche malate. La malattia è stata eradicata solo nel secolo scorso con vaccinazioni di massa.

'Lectio magistralis' del Manzoni sulla peste ne I Promessi Sposi

Se andate in Brianza nei dintorni di Milano, tutto sembra parlare del Manzoni e de I Promessi Sposi, il suo romanzo da apprezzare soprattutto per la descrizione della peste che avvampo' a Milano nel 1629-1930 ma  che in pratica si estinse nel 1633.
Giornalisti, studiosi, insegnanti hanno messo in luce le tante analogie fra la pandemia del covid-19 non ancora estinta e ciò che il Manzoni ricostruisce e racconta nel romanzo, un testo illuminante e di straordinaria modernità, una vera 'lectio magistralis' sull'utilità della storia vista come 'esperta' delle epidemie e pandemie che hanno funestato la nostra civiltà. Dentro quelle pagine c’è infatti già tutto quello che oggi stiamo vivendo, le voci incontrollate, i rimedi più assurdi, la ricerca spasmodica del cosiddetto paziente zero, la certezza della pericolosità degli stranieri, lo scontro violento tra le autorità, il disprezzo per gli esperti, la caccia agli 'untori' moderni no-vax o no green pass, la razzia dei beni di prima necessità, l’emergenza sanitaria.

Tra i personaggi realmente vissuti Manzoni ricorda proprio Ludovico Settala, professore di medicina e protofisico, che 'per aver veduto chiaro, detto ciò che era, e voluto salvar dalla peste molte migliaia di persone […] era oggetto di insulti ed aggressioni ed accusato di essere lui il capo di coloro che volevano per forza che ci fosse la peste; lui che metteva in ispavento la città, con quel suo cipiglio, con quella sua barbaccia: tutto per dar da fare ai medici' (Cap. XXXI, par. 285).

Nel capitolo XXXIV il Manzoni descrive con tratti di alta e commovente poesia la scena della madre di Cecilia che accetta la morte con dignità; soffre ma non si dispera. Tiene infatti la bambina appoggiata al petto, come se fosse viva; l’adagia piano sul carro dei monatti e le sussurra: 'addio Cecilia… riposa in pace! Stasera verremo anche noi, per restar sempre insieme'. L'episodio che può sembrarci una creazione della fantasia del Manzoni, ha invece un sicuro fondamento storico: infatti, il Borromeo, cardinale di Milano, nel suo De pestilentia lo racconta, ma come una breve notizia di cronaca, senza alcun commento. Il Manzoni, riprendendo quel motivo e sviluppando, riesce a creare un 'pezzo' non solo di mirabile bravura, ma di commossa umanità.

La semplicità commossa delle sue espressioni aumenta l'atmosfera di mestizia e di pena che noi abbiamo provato ricostruendo davanti ai nostri occhi quel quadro di tragica realtà che abbiamo rivissuto nel marzo 2020 con la scena delle persone falcidiate dal Covid-19, più o meno nello stesso territorio evocato dal Manzoni. Nella drammaticità dell'episodio descritto, non ci abbandona il pensiero per i morti di Covid-19 che 4 secoli dopo spirarono addirittura in solitudine senza alcun conforto dei loro cari e dove nell'immaginario collettivo gli autocarri militari del marzo 2020 impegnati nel trasporto fuori Bergamo delle numerosissime bare delle vittime del coronavirus, prendevano il posto dei carri dei monatti del 1630. Nel sottofondo sembra riecheggiare ancora l'appello drammatico del governatore della Lombardia, Fontana: 'Restate a casa, presto non saremo più in grado di aiutare chi si ammala. In 24 ore, 319 morti' .
Un'analogia molto evidente tra la peste e l’attuale Covid-19 è proprio il territorio di diffusione: Milano, Bergamo, Padova, Treviso, Venezia e Verona i territori più colpiti, fino a Mantova e Firenze. Ma molto importante è anche evidenziare un’altra somiglianza tra le due epidemie cioè l’approccio avuto all’inizio, quando ancora non si parlava di pandemia. Le autorità milanesi dell’epoca sottostimarono fortemente la gravità dei primi casi di peste, tanto da invitare tutti i cittadini ad unirsi per processioni religiose in molte città. La quarantena vera e propria che vietava gli assembramenti arrivò ad epidemia già ampiamente diffusa. Anche il passaggio di persone tra città e regioni venne bloccato, esattamente come si è deciso di fare ai giorni nostri.
Interessante  il personaggio di fantasia del Manzoni, quel Don Ferrante che elaborò una sua personale teoria, per cui la ragione della pestilenza andava cercata nell'astrologia e non in cause sanitarie. E precisamente  nella 'fatale congiunzione tra Saturno e Giove' (Cap. XXXVII, par. 420). Il Manzoni fa concludere in modo burlesco  la vicenda umana del nostro personaggio che  era uno dei più risoluti a negare il contagio (un moderno no-vax, diremmo): 'su questi bei fondamenti, non prese nessuna precauzione contro la peste; gli si attaccò, andò a letto a morire, come un eroe di Metastasio, prendendosela con le stelle……' (par. 435). Don Ferrante appare l'antesignano dei leoni della tastiera, un erudito  pseudo-esperto che disserta su ogni argomento dello scibile umano e che potrebbe figurare oggi tra la pletora dei complottisti  che si innamorano delle proprie teorie fino a morire pur di non smentirle. Nel parallelismo tra peste e covid-19  una figura come Don Ferrante trova oggi a distanza di 4 secoli un suo  'sosia' nel non vaccinato che non prende alcuna precauzione, finisce in ospedale e vi muore continuando a credere nell'inesistenza del contagio.
‘Meglio avé paura che buscarne’ ovvero la 'prudenza non è mai troppa' è un detto contadino che nasce presumibilmente legato all’agricoltura e il suo legame con gli agenti atmosferici che rischiavano di rovinare il raccolto. Come dire, il contadino ha 'scarpe grosse e cervello fino'.

Tratto in gran parte dal libro POLVERE DI STELLE TRA VIRUS E BATTERI: il posto dei virus nell'albero della vita di G,Cevolani – 18 febbraio 2022

https://www.amazon.it/POLVERE.../dp/B09SWWKBJ9/ref=sr_1_6...

 

 

Ultimo aggiornamento Venerdì 30 Dicembre 2022 10:26
 

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