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Notizie - Opinioni
Mercoledì 31 Agosto 2022 22:47

Lo spettro della Novorossiya (Nuova Russia)

 

MIKHAIL GORBACIOV: “L'invasione in Ucraina ha rovinato tutti i precedenti sforzi per la Russia”

 

  

Mikhail Gorbaciov e Giovanni Paolo II: due giganti che hanno cambiato il mondo

 

 

La storia si ripete

 

Trent'anni  non sono stati sufficienti a ricomporre un conflitto in terra moldava,  uno dei primi conflitti aperti dal collasso della ex Unione Sovietica, tuttora uno di quelli che sembrano dimenticati. Di sicuro dimenticati in Occidente mentre nella popolazione locale è ancora vivo il ricordo di quella breve ma sanguinosa guerra tra Moldova e Transnistria (PMR) che si concluse nel luglio 1992 e che ha segnato una spaccatura all'interno dello spazio post-sovietico, spaccatura da molti giudicata insanabile. La guerra dimenticata del 1992 combattuta sulle sponde del Dniester è oggi salita alla ribalta internazionale perchè ha creato, in ogni caso, un precedente: quello dei separatismi congelati negli spazi post-sovietici, dando il via ad altri e ben più pericolosi esempi, primo su tutto quello avviatosi nel 2014 con l’autodeterminazione del Donbass, causa della guerra civile ucraina prima e dell’invasione russa poi. Tappa, ben lontana  dall'essersi conclusa, di un processo di decomposizione  dello spazio post-sovietico iniziato proprio con la guerra Moldova-PMR del 1992. Attualmente nel mondo esistono numerose entità autonome che diversi Stati ospitano all’interno del proprio territorio. Queste entità possono essere regioni, province, città o altri organismi territoriali a cui sia stato accordato un particolare regime di autonomia dal resto del territorio nazionale. In casi particolari, e  questo è il caso della Transnistria, tali entità possono essere 'de facto' indipendenti rispetto al governo nazionale ma non essere riconosciuti come indipendenti da Stati terzi. Circa 200 sono le entità statali internazionalmente riconosciute sul territorio europeo a fronte dei pochi esempi dei territori che non hanno questo riconoscimento.

 

Non c'è ragione di dubitare che il premier russo Vladimir Putin abbia subìto una forte influenza dalla grandezza dell'impero zarista non solo di Pietro il Grande ma anche di Caterina II che aveva posto i confini naturali del suo vasto impero ad ovest sul Dniester. Sotto il regno di Caterina dopo la conquista di interi territori in mano ai Turchi o dei Tartari loro alleati, da parte di Potemkin e Suvorov fu istituita la Novorossiya (Nuova Russia), un termine storico dell'impero  russo che denota una regione a nord del Mar Nero sottratta al Khanato di Crimea (un khanato turco). Il governatorato della Nuova Russia fu sciolto nel 1783 e ristabilito dal 1796 al 1802. La regione rimase parte dell'Impero russo fino al suo crollo in seguito alla Rivoluzione  all'inizio di marzo 1917, dopodiché divenne parte della Russia anche se di breve durata. Queste note storiche sono fondamentali per comprendere il pensiero del nuovo zar di Russia come viene chiamato Vladimir Putin da una certa stampa, che accarezza il sogno di rifondare la Nuova Russia, considerandosi erede di Pietro il Grande. In questo piano rientra tra l'altro l'occupazione dell'attuale Transnistria sulla sponda sinistra del Nistro che include la grande fortezza di Bender, sulla sponda destra dell'omonimo fiume che fu alla fine del XVIII secolo sede del quartier generale dell'esercito russo sotto il comando prima di Potemkin e poi di Suvorov.

 


Una mappa di Novorossiya (Nuova Russia) del1897

 

La Transnistriia non è riconosciuta come stato a livello internazionale? Questo poco importa per la popolazione perchè di fatto il Cremlino la considera dalla guerra del 1992 un protettorato russo e non intende fare concessioni all'attuale Moldova che ne mantiene de iure la giurizdizione territoriale. Il conflitto russo con l'Ucraina ha reso la  Transnistria più determinata a ricongiungersi alla Russia dopo una  prima richiesta formale già avanzata  nel 2014, per  la preoccupazione  dei transnistriani di accettare la Romania come stato partner dopo la richiesta di Moldova e  Ucraina di entrare nell'Unione Europea. Non è superfluo ricordare che la ragione principale della secessione dalla Moldova agli inizi degli anni 90, è stato proprio il timore dell'annessione della Moldova alla Romania in un progetto conosciuto come UNIREA. All’indipendenza dopo il crollo del Muro, la Moldova si trovava di fronte a tre opzioni. La prima: un’indipendenza con forti margini di autonomia per la Gagauzia e per Ia Transnistria dove la percentuale di cittadini moldavi (circa 40%) era minore di quella che sommava popolazione russofona e ucraina (circa 54%) stando al censimento del 1989. La seconda: la ricerca dell’unione nazionale (UNIREA) con la Romania; la terza: una frammentazione del Paese nelle sue entità costitutive su base etnico-linguistica. Chisinau, si sa, optò per la prima opzione. Oggi il paese è diviso tra una maggioranza liberaldemocratica e filo-occidentale guidata da Maia Sandu  e una minoranza significativa con a guida il partito socialista di Igor Dodon che ha perso le recenti elezioni presidenziali del 2021 e sogna l'adesione a Mosca.

Moldova, prossima provincia rumena?

Una conseguenza questa guerra russo-ucraina ce l'ha già. Il conflitto  ha  reso la regione della Transnistria ancor più decisa a ricongiungersi alla Russia, dopo che Moldova e Ucraina hanno presentato formale richiesta di entrare nell'Unione Europea. La Moldova ha ottenuto già nell'estate 2022 la status di candidato all'UE e questo non è un risultato da poco anche  se il percorso si concluderà probabilmente in un tempo di 10-15 anni. La Moldova potrebbe allora diventare una provincia rumena? Non si tratta di un’ipotesi di fantapolitica ma di un’eventualità che è entrata di prepotenza nell’agenda del dibattito politico del Paese. Nel 2018 sette città della Moldova occidentale hanno chiesto l’unificazione alla Romania. È ovvio che l’eventualità 'rumena' è malvista a Mosca in quanto sposterebbe i confini della Nato ancora più a Est. Nel frattempo, il governo russo ha richiesto all’Ocse di intervenire contro il divieto di trasmissione delle TV russe in Moldavia, 'in quanto viola i diritti fondamentali della consistente minoranza russa che vive nel Paese'. E poi la guerra ha alimentato sempre più vecchie paure.Molti stanno pensando di lasciare la Moldova per la Romania.  Molte giovani famiglie di lavoratori con i loro figli cercano di fuggire dal paese, accentuando un esodo già drammatico, e questo è il problema principale: i giovani di talento, istruiti e ambiziosi probabilmente pensano ancora di più di non avere un futuro in Moldova. Le prospettive sono decisamente cupe, è difficile non essere pessimisti. Va detto per chiarezza che la Moldavia non è un obiettivo come l'Ucraina. Per molti analisti politici, la Russia non vorrà annettere il paese, ma cercherà di dividerlo per poterlo governare meglio insistendo sulla sua federalizzazione. Tale progetto di federalizzazione della Moldova in tre entità non è nuovo, risale al 2003, stato è oggetto del Memorandum Kozak. Per risolvere il problema della Transnistria, il capo di Stato dell'epoca, Vladimir Voronin (Partito Comunista di Moldova, PCRM) aveva concordato con Vladimir Putin una federalizzazione del paese, poi non andata in porto, in tre entità (Moldova, Transnistria, Gagauzia), ciascuna delle quali avrebbe avuto un terzo dei voti al Senato.

Voronin e il Partito comunista moldavo sono diventati i promotori inaspettati dell'integrazione europea della Moldova. Per il momento Mosca non ha un pretesto formale per invadere la Moldova che secondo la sua costituzione è uno stato unitario e neutrale ma se la Russia riesce a prendere il controllo della "Novorossiya" si troverà alle porte della Moldova e potrebbe promuovere provocazioni  o semplicemente usare strumenti di propaganda e ricatto proponendo ad esempio gas a prezzi ridotti e altri vantaggi  se si accettasse  la federalizzazione. La gente vuole soprattutto condizioni di vita migliori. Ma chi potrebbe garantirle? Una parte della popolazione pensa che sia la Russia, altri pensano che sia la Romania. Oggi, i sondaggi dicono che circa il 40% dei moldavi (esclusa la Transnistria) accetterebbe l'unione con la Romania. Questi sono sia i nazionalisti romeni, sia i "sindacalisti sociali" che vedono  la Romania con un tenore di vita più alto e pensioni migliori e che ha risolto i suoi problemi strategici aderendo all'UE e alla NATO.  A minacciare la Moldova è soprattutto la mancanza di un futuro e un problema energetico, poiché il paese dipende al 100% dal gas russo. Questo era lo scopo della crisi energetica provocata dalla Russia prima della guerra. Oggi, per la Moldavia, il prezzo del gas è legato al prezzo del petrolio, e il prezzo del barile è aumentato  con le fibrillazioni di un mercato fuori controllo. Per inciso oggi la Moldova paga 1,2 euro il metro cubo di gas mentre la confinante Transnistria lo paga 5 centesimi di euro! Questo significa avere in un protettorato russo i prezzi fortemente calmierati, includendo altre utenze come l'energia elettrica e altre agevolazioni,  già da alcuni anni senza significative variazioni. Bisogna tener presente che la Moldova è un paese povero e rurale. Ecco perchè molte persone saranno probabilmente inclini ad accettare questa "sorte russa", mentre tutti quelli che potranno lasceranno il paese.

L'unica certezza negli ultimi anni è che la Romania offre passaporti romeni ai moldavi che li vogliono, a condizione che possano dimostrare di avere un genitore o un nonno che ha vissuto in Moldavia tra il 1918 e il 1940, quando la Moldavia era parte della Romania. Oggi, secondo fonti romene, un milione di moldavi, cioè un terzo della popolazione, ha un passaporto romeno, e quindi europeo. È un'integrazione europea dei cittadini ma non delle istituzioni, e incoraggiando l'esodo, è quindi  uno strumento a doppio taglio.

MIKHAIL GORBACIOV: “L'invasione in Ucraina ha rovinato tutti i precedenti sforzi per la Russia”

Romano Prodi quando era presidente della Commissione europea tra il 1999 e il 2004, e quando l'UE ha votato la politica di buon vicinato, sosteneva che l'UE vuole una "cintura di sicurezza" da Murmansk (all'estrema parte nord-occidentale della Russia europea) fino a Casablanca, attraverso il Mar Nero e Israele, una cintura di amici dell'UE che oggi tutto appare al di fuori di una cintura di sicurezza. 

C'è voluta la recentissima morte di Mikhaill Gorbaciov avvenuta il 30 agosto c.a.  per marcare a lettere cubitali la fine di questa politica di buon vicinato con la Russia. Le repubbliche di Moldova e Ucraina assieme alle altre 13 repubblicle nate dalla dissoluzione dell'URSS dopo la caduta del Muro nel 1989, non esisterebbero  senza la rivoluzionaria scelta politica della perestroika (ristrutturazione) e gloasnot (trasparenza) di   Gorbaciov.

Mikhail Gorbaciov, ex presidente dell’Unione sovietica, che, da ultimo segretario generale del Partito comunista sovietico (PCUS), pose fine alla Guerra fredda con gli Stati Uniti, ma non riuscì a evitare il collasso dell’URSS di cui è stato l’ultimo leader, Insignito nel 1989 della Medaglia Otto Hahn per la Pace e, nel 1990, del Nobel per la pace. Della guerra di Putin all’Ucraina scatenata il 24 febbraio c.a. aveva detto, secondo il direttore dell’Eco di Mosca, pochi mesi fa: «Questa invasione ha rovinato tutti i suoi precedenti sforzi per la Russia». Il potente capo del Kgb Andropov, aveva indicato in punto di morte per la successione alla guida del Paese:«Scegliete un giovane, scegliete Gorbaciov perché lui è l’unico che può ridare slancio al Paese, rimettere in piedi l’Urss e ridare fiato al partito». La situazione economica, come sapeva bene il Kgb, era al collasso. Negli anni Settanta c'era stata la ripresa della corsa agli armamenti con Ronald Reagan che aveva scompaginato l'asset internazionale con il suo programma di Guerre Stellari e aveva fatto saltare ogni piano economico. L’Urss non ce la faceva a produrre generi di consumo, le spese militari erano folli, l’avventura in Afghanistan («per contenere l’avanzata del capitalismo») stava dissanguando il Paese in tutti i sensi.  Con la perestrojka arrivò la ristrutturazione del sistema economico sovietico attraverso l’apertura  del  mercato con l'Occidente e con la glasnot arrivò la trasparenza, la partecipazione del popolo di cui Gorbaciov ricercava il consenso. Con la limitazione delle testate nucleari e degli armamenti militari, l’Urss riusciva così a destinare le sue risorse per  migliorare il tenore di vita dei suoi cittadini. Per le forti resistenze dei burocrati e di tutta la nomenklatura, Gorbaciov non ebbe il coraggio di spingere fino in fondo le sue riforme e, per questo, venne abbandonato dai riformisti più accesi, come Eltsin e Shevardnadze. Il giorno di Natale del 1991 la bandiera sovietica veniva ammainata dal pennone più alto del Cremlino. Dopo lo scioglimento dell’Urss anche la storia, quella personale, cambia. Amatissimo all’estero, l’ultimo gensek (generalnij sekretar) era odiato in patria. Il nuovo sentiment del popolo russo si materializza con le elezioni del 1996, quando Gorby (così veniva chiamato in Occidente) riportò meno dell’1 per cento dei voti.

Di fronte alla svolta autoritaria di Putin, aveva preso le distanze dal Cremlino, criticando più volte le scelte di Putin. Fino a diventare uno dei proprietari (assieme all’oligarca Aleksandr Lebedev) del giornale d’opposizione Novaya Gazeta per il quale aveva lavorato Anna Politkovskaya.

Gorbaciov e Putin, due facce della stessa medaglia: con il primo, è avvenuto un avvicinamento troppo rapido  con l'Occidente; con il secondo,  una vera e propria ritirata  e un allontanamento, forse senza ritorno,  dal letto di un'ex amante corteggiata da troppo tempo e che ha tradito le aspettative.

 

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