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Notizie - Cultura
Venerdì 29 Aprile 2022 16:37

 
 

 

 

Milagros, questo lo pseudonimo usato dalla scrittrice del romanzo – Muya. Tornare da eroe -, un’ italiana laureata in Lettere Moderne all’Università Federico II di Napoli e con molti anni vissuti all’estero. In Asia e America Latina ha insegnato presso gli Istituti di Cultura Lingua e Cultura Italiana e Storia dell’Arte, e dove ha organizzato corsi di teatro finalizzati all’apprendimento della lingua italiana. Il romanzo del genere fantasy, che sarà molto apprezzato dai lettori, narra di un viaggio straordinario che parte da un Perù dal favoloso passato, ma che richiama alcune problematiche del mondo attuale; il racconto risulta avvincente e appassionante sia per gli amanti del genere Fantasy che per quelli di Avventura. All’uscita del suo libro, acquistabile su Amazon (440 pag./ 10,40 euro), la scrittrice, che ha lavorato per la stesura con un’amica, ci racconta in questa intervista la sua storia.

Milagros, perché lo pseudonimo?

Scrivere questo romanzo insieme a un’altra donna è stata un po’ una scommessa e ci è sembrato giusto usare uno pseudonimo. Avendo scelto l’anonimato, non sono autorizzata a fare nomi, ma posso dire che dietro lo pseudonimo si celano due italianissime amiche, diverse per formazione ed esperienze, ma accomunate dalla passione per i viaggi e le letture, in particolare il fantasy.

Ma i lettori vorranno sapere qualcosa di più su di voi.

Come è facile comprendere, posso solo lasciar trapelare qualcosa di me. Innanzitutto sono casertana. Mi sono laureata in Lettere Moderne alla Federico II di Napoli e ho sempre nutrito una profonda passione per l’arte. Per lavoro, mi sono trasferita a Milano dove per anni ho lavorato come redattrice presso un’importante casa editrice scolastica. Lì ho scoperto la mia seconda passione: il teatro. Di colpo, però, la mia vita è cambiata radicalmente quando mio marito è stato trasferito all’estero e io ho deciso di seguirlo. Ho così vissuto per quattro anni a Singapore poi a San Paolo in Brasile e infine per sei anni a Lima, in Perù.

Com’è stato dover cambiare vita e trasferirsi all’estero?

Una delle giovani protagoniste del romanzo Muya, trovandosi in una situazione complicata, dichiara di essere ‘campionessa di resilienza’. Ecco, credo che questa capacità non sia mai esaltata a sufficienza. Voglio dire che chiunque di noi, di fronte alle sfide della vita, ha la possibilità di scoprire capacità sconosciute fino a quel momento. Per quanto mi riguarda, l’arrivo in Paesi dei quali non conoscevo nulla - lingua, abitudini, cultura – si è trasformato in un’occasione imperdibile per mettermi in gioco. Mi sono lasciata catturare dalle novità, ho cercato di capire dove mi trovassi, mettendo da parte ogni possibile pregiudizio. Ho imparato tantissimo, sia dal punto di vista umano che culturale. Non è stato facile all’inizio, ma dopo il primo momento di sconcerto ho messo in campo le mie abilità: ho lavorato presso gli Istituti di Cultura, insegnando Lingua e Cultura Italiana e Storia dell’Arte; ho organizzato corsi di teatro per l’apprendimento dell’italiano e ho addirittura dato lezioni di cucina italiana a Singapore, pensa! Ma aggiungo subito che, mentre io facevo conoscere il mio mondo, intanto le persone con cui venivo in contatto, e non solo professionalmente, condividevano con me il loro, in uno scambio pieno di curiosità e rispetto reciproco. Proprio durante l’esperienza in Perù è iniziata l’avventura creativa che ha portato a Muya.

Come è nata l’idea di scrivere un romanzo del genere ?

L’idea è nata davanti un caffè in un freddo pomeriggio d’inverno di circa cinque anni fa, in Perù. La mia amica e io abbiamo iniziato a parlare di miti e leggende del Perù, dove anche lei è di casa. Poco a poco la conversazione si è trasformata nella narrazione di una storia, con personaggi, luoghi, avventure… e di colpo a entrambe è sembrato che quella storia chiedesse di essere scritta, di diventare un romanzo. Il nostro caffè era finito da un pezzo e fuori era già buio, ma nessuna delle due se ne era resa conto. È stato un momento elettrizzante, anche se ci rendevamo perfettamente conto che scrivere un romanzo non sarebbe stato facile, perché nessuna delle due aveva esperienze di scrittura creativa. Nonostante tutto, abbiamo comunque intrapreso questo lungo viaggio che a tratti si è rivelato molto impegnativo, ma che è stato anche molto divertente.

A chi si rivolge Muya?

Il romanzo si rivolge principalmente agli appassionati del genere fantasy avventuroso di tutte le età. Il libro però punta anche a far riflettere sul tema dello sfruttamento del nostro pianeta, sulla rottura del legame dell’uomo con la natura, la Grande Dea, come viene chiamata nel nostro romanzo l’antica Pachamama, la Forza Creatrice. Ma nel romanzo Muya ci sono anche la musica, l’amicizia, i tradimenti e, naturalmente, c’è l’amore.

Può dirci, visto che lei stessa è un’appassionata di romanzi fantasy, qual è la particolarità del suo libro rispetto agli altri?

Pensiamo che l’aver utilizzato come ambientazione il Perù (sia quello antico, seppure re-immaginato in maniera ‘favolosa’ sia il paese dei giorni nostri) e aver fatto riferimento all’antica cultura peruviana e alle sue leggende sia una novità assoluta per il fantasy. Certamente il libro contiene gli elementi più classici del genere, primo fra tutti l’eterna lotta del Bene contro il Male, ma i luoghi che fanno da sfondo alle vicende e alcuni dei protagonisti sono sicuramente molto diversi da quelli ai quali i lettori di fantasy sono abituati. La cultura del Perù, così ricca e affascinante, è ancora poco conosciuta e noi speriamo che il nostro romanzo contribuisca a incuriosire i lettori e farli innamorare di questo Paese tanto quanto ne siamo innamorate noi.

Ci dica ora qualcosa di più di Muya.

La storia inizia a Caral, un’antica città a nord di Lima, considerata ad oggi il piú antico insediamento umano nel continente americano, dichiarata Patrimonio dell’Umanità. Ma l’antica Caral è stata solo lo spunto da cui far partire l’immaginazione, perché la nostra Caral è un luogo favoloso, situato in una diversa dimensione. È da lì che inizia l’avventura del protagonista, il giovane principe Sayri che, costretto a lasciare il suo pacifico regno, sarà catapultato nella nostra dimensione per compiere un misterioso rituale, il Muya, appunto, e cercare di salvare il suo e gli altri mondi dall’avanzata del Male. Sempre che riuscirà a sopravvivere.

Oltre alla citata città di Caral, esistono altri collegamenti con personaggi o luoghi reali?

Sì, certo: le faccio due esempi. Quando ho iniziato a costruire la storia, la ricerca di elementi mi ha portato a scoperte affascinanti, che è stato impossibile trascurare. In particolare sono incappata nella vita di Blas Valera, un gesuita vissuto nel Cinquecento, le cui vicende si legano incredibilmente a un intellettuale napoletano del Settecento, in odore di alchimia, il principe Raimondo de Sangro, famoso per aver fatto costruire la cappella che ospita il Cristo Velato. Due veri outsider. La vita e le avventure di Blas Valera sono narrate in uno splendido libro, ‘I nodi degli Incas’, di Davide e Viviano Domenici. Un altro personaggio storico che fa capolino nel libro è il grande Nicola Tesla, del quale mi ha sempre colpito la straordinaria libertà di pensiero. Ma comunque, a parte i riferimenti storici, Muya è soprattutto un’avventura fantasy, scritta per catturare, affascinare e incuriosire il lettore. Almeno questa è la nostra speranza.

 

Paolo Carlucci

ASIB/AISE

 

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