Altre splendide fotografie del calendario raccontano la spiritualità, la vita quotidiana o il rapporto con la Natura di altri popoli indigeni, che sono nostri contemporanei e rappresentano una parte essenziale della diversità umana: ne sono un esempio lo scatto della danza aborigena immortalata dal fotografo Aborigeno Australiano Wayne Quilliam e quella tratta dal film “Gather” di Sanjay Rawal, che ritrae una nonna Apache, Twila Cassadore, nell’atto di raccogliere piante e semi insieme alla nipote: un ritratto intimo del crescente movimento indigeno che rivendica le proprie identità culturali attraverso il recupero dei sistemi alimentari ancestrali.
Il Calendario costituisce una delle più importanti iniziative di raccolta fondi di Survival International, che rifiuta fondi dai governi. Tutti i proventi vanno a finanziare le sue campagne più urgenti aiutandola così a mantenere la sua voce forte e indipendente.
Lo si può acquistare online sul sito di Survival (www.survival.it/shopping) al prezzo di 14 €.
“È straordinario poter includere nel nostro ormai celebre e attesissimo Calendario “We, the people” un numero sempre crescente di artisti indigeni” ha commentato Francesca Casella, direttrice di Survival International Italia. “È innanzitutto una grande opportunità, perché le loro immagini, libere da filtri esterni, ci raccontano i loro mondi, le loro visioni e le loro priorità in modo diretto e potente. Ma è anche un grande onore: sapere che il nostro lavoro gode della loro stima e fiducia al punto di vederli contribuire alla raccolta fondi a sostegno delle nostre campagne per altri popoli indigeni minacciati, beh, è davvero motivo di orgoglio per tutti noi.”
Survival International, il movimento mondiale per i popoli indigeni, è stata fondata nel 1969 a seguito della pubblicazione di un articolo sul genocidio degli Indiani brasiliani scritto da Norman Lewis per il Sunday Times britannico, e corredato dalle immagini potenti del leggendario fotografo Don McCullin. La sua missione è impedire lo sterminio dei popoli indigeni e offrire loro un palcoscenico da cui rivolgersi al mondo per denunciare la violenza genocida e il razzismo che subiscono quotidianamente.
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