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RITRATTO IN MURALES DEL “GINETTACCIO” NAZIONALE PDF Stampa E-mail
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Notizie - Fatti
Martedì 02 Agosto 2016 21:17
Servizio e foto di Claudio Beccalossi
 
 

 
Un “tragitto ciclo-pedonale illustrato” in omaggio a Gino Bartali, campione del ciclismo e dell’altruismo –
Un tratto di memoria visiva realizzato, non a caso, quasi di fronte al Cimitero ebraico veronese –
«Il bene si fa ma non si dice!», ammoniva il toscano e forse per questo medaglia d’oro al merito civile
e titolo di “Giusto tra le nazioni” gli sono stati attribuiti alla memoria –
Il ricordo di quel suo autografo concesso il 16 maggio 1985, a Verona, al prologo del 68° Giro d’Italia
Servizio e foto di Claudio Beccalossi
 
 
Verona – Un percorso ciclo-pedonale in ricordo d’un big non solo dell’agonismo internazionale ma anche della solidarietà più rischiosa se non eroica, senza scontata retorica. E quello che è stato dedicato al “Ginettaccio” macina chilometri in bicicletta, antagonista del “campionissimo” Fausto Coppi (Castellania, Alessandria, 15 settembre 1919 – Tortona, Alessandria, 2 gennaio 1960), cioè al caratteriale Gino Bartali (Ponte a Ema, frazione divisa tra Bagno a Ripoli e Firenze, 18 luglio 1914 – Firenze, 5 maggio 2000), le cui spoglie riposano nel cimitero del paese natale ai piedi della collina Fattucchia, lungo Via Chiantigiana, dov’è stato allestito il Museo del ciclismo “Gino Bartali”.
Il particolare tratto a… fumetti di circa 400 metri in omaggio al “Ciclista Gino Bartali Medaglia d’oro al Merito civile 1914 – 2000” (come cita la targa in marmo apposta) è stato inaugurato domenica 8 maggio 2016 in borgo Venezia, nel breve tragitto che “taglia” tra le vie Pisano e via Badile, quasi di fronte all’ingresso principale del Cimitero ebraico cittadino.
Il muro a lato è stato concesso dall’azienda Siof (Società italiana ossidi ferro) srl perché potesse essere utilizzato come “parte espositiva” di suggestivi murales ispirati appunto alla biografia di Bartali e realizzati da due artisti veronesi, l’architetto e writer Michele De Mori e il designer, grafico ed esperto in walldesigner “Ilpier” (Pier Paolo Spinazzè), con il supporto di altri “artisti da strada”. I vertici della Siof, ditta produttrice di ossidi ferrosi dal caratteristico colore sull’arancio, hanno finanziato le spese per il materiale necessario a patto che gli esecutori tinteggiassero d’arancio lo sfondo della parete esterna, condizione rispettata.

 
La targa d’intitolazione della breve via ciclo-pedonale è stato scoperta dal presidente della Circoscrizione 6^, Mauro Spada e dall’assessore allo Sport e Tempo libero (nonché Servizi demografici, Economato e Statistica) del Comune di Verona, Alberto Bozza.
Ha poi espresso il suo compiacimento per la dedica il nipote di Gino, Giacomo Bertagni, figlio di Bianca Maria Bartali, mentre il rabbino di Verona, rav Yosef Labi, s’è lasciato andare ad un commovente intervento seguito dalla recita del salmo 20 in memoria del ciclista e di due passaggi dal Pirkei Avot (o Pirqei Avot, cioè “Capitoli dei Padri”, raccolta di insegnamenti etici e massime risalenti ai rabbini dell’era mishnaica)



Il vicepresidente della Comunità ebraica, Ariè Tieger, ha rappresentato gli ebrei veronesi nel ringraziamento di quanto fatto dal “Ginettaccio” nazionale tra il settembre 1943 ed il giugno ’44, contribuendo a salvare tante persone nella maniera a lui più consona: “trasportando documenti nascosti sotto il sellino e nelle tubature della sua bicicletta, ha permesso di salvare la vita a 800 ebrei italiani, francesi e jugoslavi”.
Il trait d’union tra Bartali ed il coraggio fu proprio il suo agire in prima persona per scongiurare arresti, uccisioni e deportazioni di ebrei, quando fu costretto dagli eventi bellici ad interrompere l’attività agonistica finendo a lavorare come riparatore di ruote di bicicletta.
In quanto membro dell’organizzazione Delasem (acronimo di Delegazione per l’assistenza degli emigranti ebrei, movimento di resistenza ebraico operante in Italia dal 1939 al 1947 per portare aiuti economici agli ebrei internati o perseguitati, avvalendosi pure dell’aiuto di vari non ebrei), fece diversi viaggi in bicicletta dalla stazione di Terontola-Cortona fino ad Assisi, portandosi appresso abilmente celati documenti e foto tessere destinati ad una stamperia clandestina che, poi, provvedeva a realizzare carte false necessarie alla fuga di ebrei. In quest’opera fu di supporto alla collaborazione umanitaria tra l’arci-vescovo di Firenze Elia Angelo Dalla Costa (Villaverla, Vicenza, 14 maggio 1872 – Firenze, 22 dicembre 1961, Servo di Dio e “Giusto tra le nazioni”), suo amico personale ed il rabbino di Firenze Nathan Cassuto (Firenze, 11 ottobre 1909 – Campo di concentramento di Gross-Rosen, Lager nazista situato presso l’omonimo villaggio di Gross-Rosen, oggi Rogoźnica, in Polonia, nella Bassa Slesia, febbraio 1945).
Bartali finì per essere ricercato dalle forze di regime e d’occupazione e dovette sfollare a Città di Castello, in provincia di Perugia, rimanendo nascosto per cinque mesi tra parenti ed amici (secondo https://it.wikipedia.org/wiki/
Gino_Bartali). Stando a Simone Dini Gandini, autore de “La bicicletta di Bartali”, invece, “nell’autunno del ’43 Bartali venne arrestato dalla polizia fascista: a Firenze c’era il temutissimo comandante Mario Carità, persona crudele e spietata. Venne fermato ma nessuno ispezionò la sua bicicletta: grazie a questa dimenticanza il campione si salvò”.

   
Per tali suoi meriti sottaciuti a lungo, il 31 maggio 2005, a Roma, il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi ha conferito e poi consegnato alla moglie sposata nel 1940, Adriana Bani (1919-2014), la medaglia d’oro al merito civile alla memoria del marito, con la motivazione: “Nel corso dell’ultimo conflitto mondiale, con encomiabile spirito cristiano e preclara virtù civica, collaborò con una struttura clandestina che diede ospitalità ed assistenza ai perseguitati politici e a quanti sfuggirono ai rastrellamenti nazifascisti dell’alta Toscana, riuscendo a salvare circa ottocento cittadini ebrei. Mirabile esempio di grande spirito di sacrificio e di umana solidarietà. 1943 – Lucca”.
 
   
Inoltre, il 2 ottobre 2011 il nome e la figura di Gino Bartali sono stati annoverati tra i “Giusti dell’Olocausto” nel “Giardino dei Giusti del Mondo” di Padova (zona Terranegra) per quanto fatto a favore degli ebrei minacciati durante la Seconda Guerra Mondiale. Ed ancora come ennesima onorificenza purtroppo tardiva, il 23 settembre 2013 il campione di ciclismo e d’umanità è stato dichiarato “Giusto tra le nazioni”, su conferimento dello Yad Vashem, “Ente nazionale per la Memoria della Shoah”, istituito con legge del memoriale del 19 agosto 1953 del Parlamento israeliano (Knèsset). Le strutture museali e commemorative sono sorte sul versante occidentale del monte Herzl (“monte del Ricordo” o “monte della Memo-ria”), presso Gerusalemme. I meriti del “toscanaccio” figurano tra quelli di 634 connazionali elencati come “Giusti tra le Nazioni che rischiarono la vita per salvare degli ebrei” (come da comma 9 dell’articolo 1 della citata legge del 1953). Nomi valutati da una Commissione (formata da 35 membri e guidata dalla Corte Suprema d’Israele) incaricata di conferire il titolo onorifico di “Giusto tra le Nazioni” ed eletta dal 1963 dallo Yad Vashem.
La motivazione diffusa dall’organismo israeliano cita: “Gino Bartali, un cattolico devoto, nel corso dell’occupazione tedesca in Italia ha fatto parte di una rete di salvataggio i cui leader sono stati il rabbino di Firenze Nathan Cassuto e l’arcivescovo della città cardinale Elia Angelo Dalla Costa. Questa rete ebraico-cristiana, messa in piedi a seguito dell’occupazione tedesca ed all’avvio della deportazione degli ebrei, ha salvato centinaia di ebrei locali ed ebrei rifugiati dai territori prima sotto controllo italiano, principalmente in Francia e in Jugoslavia”. L’italiano s’è mosso “come corriere della rete, nascondendo falsi documenti e carte nella sua bicicletta e trasportandoli attraverso le città, tutto con la scusa che si stava allenando. Pur a conoscenza dei rischi che la sua vita correva per aiutare gli ebrei, Bartali, ha trasferito falsi documenti a vari contatti e tra questi il rabbino Cassuto”.

    
L’ingresso principale del Cimitero ebraico di Verona.
Come non bastasse, nel corso dell’occupazione nazista nascose, in una cantina di sua proprietà, una famiglia ebrea fino all’arrivo degli Alleati. “Il bene si fa ma non si dice. E certe medaglie s’appendono all’anima, non alla giacca”, ribadiva l’uomo di ciclismo e d’umanità che insabbiò a lungo le sue gesta di pericoloso altruismo.
E personalmente non posso fare a meno d’essere orgoglioso per essere incappato in lui in un veloce ma incisivo scambio di battute il 16 maggio 1985, in occasione della partenza proprio da Verona del 68° Giro d’Italia che si concluse a Lucca il 9 giugno successivo, con la vittoria di Bernard Hinault (Yffiniac, 14 novembre 1954). Il prologo scaligero (cronometro individuale di 6,6 chilometri) fu vinto da Francesco Moser (Giovo, Trento, 19 giugno 1951). Il tipico accento toscano di Bartali, roco e roboante, replicò bonariamente al mio avvicinarlo per un autografo che non mi negò, firmato proprio sulla copia in… rosa de “La Gazzetta dello Sport” che tenevo tra le mani. Un mio piccolo approccio d’un grande, dei pedali e del cuore…

 
N.d.A. – Solo a “pezzo” scritto, m’accorgo della data di redazione: 16 maggio 2016, cioè 31 anni esatti dal giorno del mio rievocato incontro con Gino Bartali! Una strana, banale, curiosa, inquietante, arcana coincidenza?

Aiutaci ad informarti meglio visitando il sito: www.rivista.lagazzettaonline.info
 

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