La “spaghettara” Italia s’è fatta spernacchiare ancora da un’arrogante India.

Così, la “satira della giustizia” sulla pelle dei due fucilieri di Marina disgraziatamente italiani (ergo, lasciati, come purtroppo tanti altri all’estero, da uno Stato balbettante alla mercé e nel sopruso di isterici, lunatici stranieri in divisa ed in toga), Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, prosegue con l’ultima “esternazione” della Corte Suprema indiana. La quale s’è rifiutata d’esaminare ed ha respinto le istanze dei due marò miranti ad un’attenuazione delle condizioni della loro libertà provvisoria.
In pratica, Latorre non godrà d’un prolungamento di quattro mesi della sua convalescenza in Italia, che scadrà il 13 gennaio 2015, accordatagli dopo l’ictus patito nel settembre scorso. E Girone non potrà far ritorno da New Delhi per trascorrere almeno le festività con la famiglia. Punto ed a capo… Con i “tempi biblici” per una presumibile soluzione della vicenda che s’allungano a dismisura della logica e della sopportazione.
Vicenda iniziata il 15 febbraio 2012, quando dalla petroliera “Enrica Lexie”, protetta dalla Marina militare italiana e, quindi, da Latorre e Girone, sarebbero stati sparati i colpi che hanno ucciso i due pescatori Ajesh Binki, 25 anni e Valentine Jelastine, 45. Laconico il presidente della Corte indiana, H. L. Dattu, che dall’inizio ha manifestato un chiaro atteggiamento di disapprovazione delle richieste italiane.
Per lui, l’inchiesta riguardante la morte di Binki e Jelastine non è finita, i capi d’accusa non sono stati ancora presentati ed anche le vittime hanno i loro diritti. Ed ha sottolineato: «Sarebbe bene che tutti gli sforzi fossero concentrati alla chiusura della fase istruttoria del processo, nel rispetto del sistema legale indiano». Sarebbe bene (sic)… No comment!

Claudio Beccalossi

L’appello “Riportiamo a casa i marò” da mesi esposto sulla facciata del quotidiano “Il Tempo”,
 in piazza Colonna 366, a Roma.