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Notizie - Colonnisti
Venerdì 30 Gennaio 2015 15:41

IL “SALOTTO BUONO” DI VERONA CALCATO
DA PIERO MARCOLINI E KATIA RICCIARELLI

Incontri ed aneddoti al cospetto dell’Arena –
Conseguenze d’autore “a distanza”, evoluzioni del felice connubio tra letteratura e lirica

di Claudio Beccalossi

 Il giornalista e scrittore Piero (Pier Giuseppe) Marcolini (Verona, 27 marzo 1927 – Verona, 24 aprile 2008) era un habitué quasi, se non del tutto, maniacale della “sua” piazza Bra, “salotto buono” del capoluogo scaligero.

 

Piero Marcolini, giornalista e scrittore veronese.( foto a lato)

Conoscente più che amico, lo incontravo spesso, infatti, durante il suo passeggiare su quel selciato, apparentemente senza una meta precisa, da solo od assieme alla sua fedele cerchia con la quale s’avventurava a discernere progetti ed iniziative, talvolta strampalati, tendenti a mantenere ben vivo il ruolo d’”ombelico di Verona” della piazza. Lui, del resto, deteneva valide ragioni per sentire l’”intimistico possesso” di quello spazio storico, avendogli dedicato ben due opere: “Piazza Bra’” (con l’apostrofo, secondo vecchie dispute linguistico-etimologiche che citano “Brà” anche con l’accento) e “Ritorno in Bra’”. Calpestava il “sacro suolo” della Bra almeno un paio di volte al giorno, al mattino ed al pomeriggio, per esaltare, percorrendola con una sorta di “senso civico”, la “veronesità” antica e moderna assieme di quell’area aperta al cospetto dell’Arena romana. L’ha fatto fino al giorno prima della sua scomparsa, tenendo fede ad un patto tacito che non ammetteva infedeltà, cioè cotte per altre piazze, anche se più celebrate o voluttuose.

Oltre ad essere stato redattore dei quotidiani “L’Arena” e “La Gazzetta di Mantova”, Marcolini avviò un’intensa attività di scrittore dal 1967, inanellando racconti di avventure e romanzi gialli pubblicati da “colossi” dell’editoria come “Mondadori” che gli commissionò un lavoro, “West Company”, capace di vendere circa 300mila copie. Certe sue “invenzioni letterarie” finirono alla Rai, radio e televisione, adattate in sceneggiati dal titolo “I figli dell’ispettore”, girati nel 1983 a Verona ed interpretati da Fabio testi (Peschiera del Garda, VR, 2 agosto 1941). La serie venne acquistata e poi trasmessa da varie reti televisive europee ed americane. I meriti di Piero furono riconosciuti, nel 2002, con l’attribuzione della Medaglia della Città di Verona.
Autore per “Mondadori” d’una trentina di libri, pubblicò pure per “Bohem Press” di Zurigo e si destreggiò perfino in due avventure di Zorro per la “Walt Disney”, mentre le sue biografie di coraggiosi navigatori ed esploratori, tra cui “Vita viaggi e scoperte di Cristoforo Colombo”, ebbero traduzioni in tedesco, inglese, turco e giapponese. E fu prolifica pure la sua attività quale autore di testi per il teatro, avviata nel 1976 come sceneggiatore della Rai ed autore delle commedie “Un castello scozzese” e “Nell’alto dei cieli”. Al riaffacciarsi nella familiare Verona dopo un viaggio a Stratford-on-Avon, mise giù di getto (in appena tre giorni) l’originale “La notte di Shakespeare”.
La caratteristica andatura di Piero, un tantino goffa a causa del fisico basso e tarchiato e di evidenti piedi piatti (immagine globale ben lungi dal “macho” tipo di suoi romanzi, come “Gentiluomini della filibusta” o “La corsa al Polo Sud”), era diventata un “valore aggiunto” all’illustre routine di piazza Bra in omaggio al quale anch’io mi sono accodato con una mia “dedica” poetico-storica intitolata “Alveo del divenir”.

Mi sbatacchia di vita
l’agitarsi d’anonimi
nel mezzogiorno in piazza.
Son loro padroni viandanti
d’ore scorse sul Listón (1).
Sul lastricato antico
ingobbito nell’ossequio
a quella vicina Arena (2)
in sue gelose, secolari muffe…
Indugiano uomini e donne,
sacerdoti e vestali del rito
di “vasche” (3) nel cuor di Verona.
Si godono il momento
di sollazzo e soletto su teste
ben disposte a vento e ciarle.
Guardo uno e nessuno
nel catino di storia grande
di piazza Bra (4), alveo del divenir.
Quegli estranei dell’adesso
a ciò che fu. Alle gesta andate
sotto scalpiccii nuovi,
consumate come il marmo
scelto nella lapidea Lessinia (5).
Sparite le comari vecchie,
inghiottiti indisponenti garzoni
e risucchiati tabarri e uniformi,
l’oggi è in capannelli che
alzano spritz ai punti cardinali.
Ai tempi per forza cambiati
su pietre con forza rimaste…

Note:

1. Listón: è un termine veronese  (utilizzato anche in altre aree del Veneto e nelle terre dell’antica dominazione veneta) per identificare un luogo (generalmente una piazza od una sua parte) dove si passeggia per radicata abitudine. Listón (e listoni al plurale) è una lastra di marmo usata, appunto, per il selciato della piazza stessa. “Passeggiare in piazza” è, quindi, nell’interpretazione veronese/veneta, “far el listón”.
2. Arena: anfiteatro romano internazionalmente simbolo di Verona, terzo in Italia per dimensioni dopo il Colosseo di Roma e l’anfiteatro capuano. In latino noto come amphitheatrum Veronæ, nel tempo il suo nome convenzionale divenne Arena (dal latino ărēna, cioè la sabbia con cui veniva coperta l’area centrale degli anfiteatri romani sede di eventi). Risale al 1° secolo d.C.   
3. “Vasche”, “Far ‘na vasca”: in dialetto veronese, fare un giro, una passeggiata (come si trattasse del percorso d’una vasca, cioè i 25 metri di lunghezza d’una piscina) generalmente tra piazza Bra e via Mazzini.
4. Piazza Bra (o la Bra): nome della piazza centrale e più grande di Verona che include ad ovest il Listón, a sud la Gran Guardia, ad est l’ex Gran Guardia Nuova (oggi Palazzo Barbieri, il Municipio) ed a nord l’Arena.
5. Lessinia: territorio delle Prealpi Venete situato per la maggior parte nella provincia di Verona e, in superficie minore, in quella vicentina. E’ delimitata al nord dalla Valle dei Ronchi e dal gruppo del Carega, ad est dalla Valle del Leogra, a sud dal corso dell’Adige e dall’alta pianura veronese e ad ovest dalla Val Lagarina. Dalle sue numerose cave di pietra vengono estratti dei calcari marnosi rosso-biancastri noti come “Pietra di Prun” o “lastame” che trovarono (e ritrovano) utilizzo anche per le pavimentazioni di piazze e vie di Verona.

Tanta  passione  per la piazza e per quell’intrigante ed  ovvio “innesco” delle donne (per le quali aveva un particolare, umano debole), mossero Marcolini a “razionalizzare” un sodalizio dapprima denominato solo “Compagnia del Liston” (costituitasi in veste informale con la lettura e l’approvazione all’unanimità da parte dei soci fondatori d’un “Decalogo”) e, poi, dopo la scomparsa di Piero e “sotto” l’amichevole presidenza dell’attore Tiziano Zampini, assemblato in “Amici della Bra – Compagnia del Liston” per dar corso anche ad alcune iniziative aggregativo-benefiche, con la “madre Bra” puntualmente protagonista.

Il distintivo assegnato ai membri degli “Amici della Bra - Compagnia del Liston”
Sensibile ai personaggi di grido che avessero avuto a che fare con la piazza nel passato o la bazzicassero allora, in collaborazione con il noto “re dei tortellini”, Giovanni Rana (Cologna Veneta, VR, 15 ottobre 1937), che aveva aperto una sua “trattoria” proprio in Bra, il 30 agosto 2010 Zampini organizzò una “Serata in onore di Katia Ricciarelli, personaggio dell’anno”, con tanto di cena sul plateatico del ristorante “Liston 12” durante la quale venne consegnato al popolare soprano una scultura opera del maestro Alberto Zucchetta.

                                  

Claudio Beccalossi e Giovanni Rana (a destra).

 

Katia Ricciarelli (al centro) tra Alberto Zucchetta e Tiziano Zampini. (Foto Beccalossi)

 Invitato all’evento in quanto socio della compagine, m’ero preparato un “omaggio” tutto mio da consegnare all’artista d’origine rodigina, una poesiola su pergamena le cui accettazione e lettura da parte dell’interessata erano per me una curiosa incognita... 

A Katia Ricciarelli ed al suo luminoso esserci…

VOCE DI FORZA E CAREZZA

La folla veggente attendeva oltre
il suo nascere a Rovigo.
Attendeva la novella Calliope,
la risorta Euterpe,
la fascinosa Melpomene,
l’intrigante Talia.
Perchè comunque una,
cantante in terra,
allietasse pure il cielo
silente, spettatore plaudente.
Katia allieva imboccava
sicura la strada maestra
che la voleva soprano…
E interprete e attrice brava.
E versatile donna…
Brillava nell’enfasi
ovunque di teatri e di ruoli,
riluce ancora e sarà
tra le Muse in girotondo,
tra Aonie orgogliose
per l’ardore dell’arte che va.
E mai arretra o demorde,
a dispetto del tempo
smanioso di sua parte
di fama e gloria...
Fama e gloria non solo sue,
di Katia Ricciarelli,
non più di Rovigo o d’Italia
ma anche del mondo,
da lei incantato…
Con la sua voce di forza e carezza
per astanti in anelito continuo.

Così, al termine della breve cerimonia di premiazione e mentre lei si stava allontanando assieme al suo accompagnatore in direzione degli arcovoli dell’Arena, tallonai la coppia ascoltando a tratti per forza di cose (e non per violazione di privacy) il loro dialogo, purtroppo infarcito di qualche volgarità da parte di Katia, forse contando sulla confidenza dell’amico e convinta che nessun’orecchio indiscreto potesse sentirla. La constatazione mi lasciò perplesso, abbinandola a lontani ricordi di linguaggi altrettanto triviali pronunciati da altri big uditi con le mie orecchie. Ad esempio, lo scurrile sproloquio del cantante Riccardo Fogli (sentito mentre parlava con una donna sui gradini dell’Arena durante le prove del Festivalbar 1976, da lui vinto nella sezione DiscoVerde con la canzone “Mondo”) e l’esagerata grossolanità nei miei confronti dell’attore Vittorio Gassman (da me “importunato” nel suo camerino di teatro, sempre a Verona, mentre stava vestendo gli abiti di scena del “Macbeth” che poi debuttò al locale Teatro Romano il 14 luglio 1983).

Rivolsi infine la parola a Katia Ricciarelli all’interno dell’anfiteatro romano, dove potei darle il mio scritto (ricevendo un ovvio e sorridente ringraziamento), scambiare qualche chiacchiera di circostanza e scattarle un altro paio di foto. Il tutto con la sua cortese disponibilità, senza manifestare fretta o desiderio impellente d’andarsene per i fatti suoi. La sua disarmante gentilezza andò a sbattere contro la sgradevole impressione che m’ero fatto poco prima e che, forse, avevo “costruito” esagerando alquanto… O che, semplicemente, costituiva il fallace, solito pregiudizio della gente normale nei confronti del famoso di turno, impropriamente considerato “bello, bravo e buono” senza omissis di sorta. Quando, invece, il suo “dietro le quinte” può talvolta essere ben diverso, faccia truce d’un Giano bifronte, boxe tra pubblico e privato…

DA ROVIGO AL MONDO, IL “GRANDE SALTO” DI KATIA RICCIARELLI

Un “lungo viaggio” ancora in corso, tra debutto a Mantova nel 1969 e la Fondazione a lei intitolata –
Una carriera sui più prestigiosi palcoscenici ed a fianco del “Gotha della lirica”

Il soprano ed attrice Catiuscia Maria Stella “Katia” Ricciarelli nacque in un contesto familiare difficile a Rovigo, il 18 gennaio 1946. La madre dovette sobbarcarsi da sola il compito di far crescere le tre figlie non potendo più contare sul marito, volontario nella Campagna di Russia. L’ultimogenita Katia fu il frutto d’una relazione della mamma con un uomo conosciuto nel corso del lavoro in Germania e già dall’adolescenza manifestò una chiara propensione per il canto, pur adeguandosi ad umili lavori per semplice necessità. Tuttavia, a prezzo di grandi sforzi, sua madre la iscrisse al Conservatorio “Benedetto Marcello” di Venezia, dove poté prepararsi con il famoso soprano Iris Adami Corradetti. Debuttò nel 1969 a Mantova con “La Bohème”.
L’anno propizio fu il 1971, quando vinse il Concorso internazionale “Voci verdiane” della Rai assieme al tenore Beniamino Prior ed al prima baritono, poi tenore, Giuliano Bernardi. Dal 1972 al 1980 fu un intensificarsi di interpretazioni di successo in Italia ed all’estero, esibendosi nei teatri al top nel mondo in opere di Puccini, Verdi, Rossini, Donizetti ed altri, toccando punte di significativa eccellenza. Calcò i palcoscenici dei teatri “Regio” di Parma, “Verdi” di Trieste, “Nuovo” di Torino, “La Fenice” di Venezia, “Comunale” di Firenze, “San Francisco Opera”, “Wiener Staatsoper”, “Royal Opera House” di Londra, “Metropolitan Opera House” di New York, dando dimostrazioni di bravura anche nella stessa Arena di Verona. Suoi illustri partners del periodo furono Lucia Valentini Terrani, Renato Bruson, Nicolai Ghiaurov, Piero Cappuccilli, Fiorenza Cossotto, José Carreras, Ferruccio Furlanetto, Plácido Domingo, José Van Dam, Giorgio Zancanaro, Grace Bumbry, Leo Nucci, Luciano Pavarotti, Richard Van Allan, Juan Pons, Luigi Alva, Cesare Siepi, Alfredo Kraus, Bonaldo Giaiotti, Ileana Cotrubas, Mirella Freni e via elencando.
Stando a note critiche e nonostante le riconosciute doti canore, Ricciarelli (come cita la sua scheda su Vikipedia, l’”Enciclopedia libera”) «non ha tuttavia risolto interamente un problema tecnico d’impostazione del registro acuto, causando un precoce declino dell’intera organizzazione vocale: le filature che l’avevano resa famosa sono diventate sempre meno sicure e gli acuti sempre più precari».
Negli anni Ottanta del secolo scorso la parabola discendente divenne più significativa, con qualche fiasco per ruoli eccessivamente “vivaci” rispetto alle sue peculiarità vocali. In quel lasso di tempo, Katia avviò una collaborazione decennale con il “Rossini Opera Festival” di Pesaro, riuscendo ad accaparrarsi un ritornato successo che, in seguito, divenne quasi ovvia stagnazione. Nel 1980 vinse il Premio speciale “Giovanni Zenatello”, nel 1983 partecipò al “Centennial Gala II” del “Metropolitan Opera House” di New York (per celebrare il 100° anniversario, appunto, del celebre Met) e, poi, interpretò ruoli via via con altre star della lirica internazionale: Ghena Dimitrova, Rolando Panerai, Leone Magiera, Cecilia Gasdia (soprano, altro “spicchio” insigne di Verona, dov’è nata il 14 agosto 1960), Samuel Ramey, Enzo Dara, Giuseppe Giacomini, Tatiana Troyanos, Agnes Baltsa, Veriano Luchetti etc. Ricciarelli può vantare d’aver partecipato a ben 42 allestimenti al “Covent Garden” di Londra. Il susseguirsi di rappresentazioni incluse, tra le tante, il Concerto di Gala per il Bicentenario de “La Fenice” nel 1992 (con Mariella Devia, Marilyn Horne, Raina Kabaivanska, Bernadette Manca di Nissa e Samuel Ramey) e, nel 1990, la definitiva performance al Met con Plácido Domingo che la fece salire a 47 presenze totali nel contenitore operistico di New York.
Nel 1991 intervenne all’evento “Primadonna” in piazza San Marco, a Venezia, assieme ad altre sette colleghe e dive: Daniela Dessì, Renata Scotto, Raina Kabaivanska, Mariella Devia, Luciana Serra, Cecilia Gasdia, Lucia Valentini Terrani. Cantò per la 69^ volta, nel 1995, al “Wiener Staatsoper”, mise insieme una consistente produzione discografica, con opere complete e recitals e venne diretta da grandi direttori come Riccardo Muti, Zubin Mehta, Herbert von Karajan, Sir Colin Davis, James Levine, Claudio Abbado, Lorin Maazel, Carlo Maria Giulini, Georges Prêtre, Gianandrea Gavazzeni. In omaggio ai suoi 25 anni di carriera, nel 1994 venne insignita del titolo di Kammersängerin a Vienna e di Grande Ufficiale Ordine al merito della Repubblica Italiana. Nel 2003 le fu assegnata la Medaglia d’oro della Presidenza della Repubblica ai Benemeriti della Cultura e dell’Arte.        
Nel 2002 tenne concerti pure a Nuova Delhi, Cordoba, Buenos Aires, Cartagine e San José e s’avvicinò sempre più, sulla scorta delle indiscusse esperienze liriche e teatrali, a ruoli d’attrice in televisione e nel cinema. Con il ruolo da protagonista, nel 2005, ne “La seconda notte di nozze” del regista Pupi Avati, s’aggiudicò un “Nastro d’argento”. Nel 2008 recitò nel film “Bianco e nero” di Cristina Comencini e, al giro dei millenni, si prestò per musicals, andando in tournée con le commedie “Caruso” (2002) e “Gloriosa” (2008). Il 6 novembre 2009 Katia Ricciarelli celebrò i suoi 40 anni di carriera con un concerto nel Teatro “La Fenice”, duettando con Mietta, Cecilia Gasdia, Michael Bolton, Massimo Ranieri. L’anno seguente prese parte al film documentario “Pupi Avati, ieri, oggi, domani” diretto da Claudio Costa. Nel 2011 sorse la Fondazione “Katia Ricciarelli per la vita” onlus (http://www.fondazionekatiaricciarelli.org) diventandone presidente. Infine, è d’obbligo un flash sulla sua vita privata: terminata la relazione durata 13 anni col tenore spagnolo José Carreras (Barcellona, 5 dicembre 1946), Katia si sposò il 18 gennaio 1986 con il conduttore e presentatore televisivo Pippo Baudo (all'anagrafe Giuseppe Raimondo Vittorio Baudo, Militello in Val di Catania, 7 giugno 1936), per poi separarsi nel 2004.
Il resto biografico di Katia Ricciarelli, dipanato nell’attualità, è un riaffermare se stessa, come artista e come donna…