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Sabato, 18 Maggio 2024
Governo: premier, squadra non cambia PDF Stampa E-mail
Scritto da Webmaster   
Venerdì 30 Luglio 2010 08:28
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Attesa per il discorso di Fini, oggi alle 15.

ROMA - "Gli amici di Fini al governo lavorano bene, non ho dubbi sulla loro lealtà e non ho ragione di modificare la squadra di governo. Quindi si prosegue così". A margine del consiglio dei ministri, il premier Silvio Berlusconi - secondo quanto riferito - ha ripetuto al ministro Andrea Ronchi il concetto già espresso ieri quando, annunciando alla stampa la rottura con Fini, aveva spiegato che sulla permanenza dei finiani al governo avrebbe deciso il governo, ma per quanto lo riguardava personalmente non avrebbe avuto difficoltà a continuare la collaborazione con i "validi ministri" finiani.

FINIANI AL LAVORO SU UNA ROSA DI NOMI - Prima delle 15 il nome dei nuovi gruppi finiani dovrà essere deciso ma al momento - si apprende da fonti vicine alla presidenza della Camera - Gianfranco Fini non ha ancora scelto tra una rosa di diversi nomi. Sembrano scartati 'Nazione e Liberta'' e 'Area nazionale', subito è stato escluso 'Pdl Italia' e non è stata neppure presa in considerazione 'Generazione Italia', perché non tutti i parlamentari finiani sono vicini all'area organizzata da Italo Bocchino. Tra le ipotesi prese in considerazione anche 'Azione Nazionale'. Il nome del nuovo gruppo alla Camera sarà annunciato nel pomeriggio nell'Aula di Montecitorio, mentre al Senato al momento non si è raggiunto il numero di 10 senatori necessario alla costituzione del gruppo a Palazzo Madama.

PD ASPETTA LE MOSSE DI FINI, TUTTI DISPONIBILI A LARGHE INTESE - Il Pd supera le logiche di maggioranza e minoranza interna e davanti "ad una crisi che non é del Pdl ma del governo" si compatta sulla linea del segretario Pier Luigi Bersani di chiedere al premier di venire in Aula a verificare la fiducia per poi, in assenza dei numeri, aprire ad una fase di transizione, ad un governo di larghe intese che "impedisca al paese di precipitare nel baratro", come avverrebbe in caso di elezioni anticipate. Non erano mancati nei giorni scorsi i maldipancia di parlamentari, come il veltroniano Giorgio Tonini o Arturo Parisi, contrari ad una fase di transizione e soprattutto al fatto che Bersani aveva lanciato ami senza prima una discussione interna.

Oggi invece nell'assemblea, nella sala del Mappamondo, tutti i big, da Massimo D'Alema a Walter Veltroni a Dario Franceschini e Piero Fassino, avrebbero sostenuto la "disponibilità" del Pd ad un governo di transizione. Veltroni non ha usato espressioni come larghe intese, spiegano alcuni partecipanti, ma avrebbe anche lui escluso la via delle urne anticipate in caso di crisi di governo. Nell'assemblea, allargata a deputati e senatori, si è poi concordato sul fatto che, come spiega il vicepresidente dei deputati Michele Ventura, "la presidenza della Camera va tenuta fuori dallo scontro". Di fatto, quindi, il Pd offre uno scudo contro l'attacco del Pdl che anche stamattina, in Aula, ha insistito nel chiedere le dimissioni di Fini. Ed il Pd aspetta le parole dell'ex leader di An, attese nella conferenza stampa alle 15, per capire le sue mosse dopo il divorzio dal premier.

La crisi del Pdl arriva in aula alla Camera, con il capogruppo Fabrizio Cicchitto che "sfiducia" il presidente Gianfranco Fini, e le opposizioni, a partire dal segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, che ha chiesto che il premier Berlusconi venga a chiarire in Parlamento. Intanto c'è attesa per la replica di Fini, all'indomani della rottura con Berlusconi. Alle ore 15, presso l'Hotel Minerva a Roma, il presidente della Camera farà una dichiarazione alla stampa.

All'inizio dei lavori dell'Assemblea di Montecitorio, i deputati del Pd si sono presentati al completo, in un'aula vuota visto che non erano previste votazioni. Bersani ha incalzato Berlusconi: "Non si pensi che è agosto e che si vada a finire a tarallucci e vino. Il Presidente del Consiglio venga in Parlamento", visto che la crisi dentro al Pdl "é insanabile". "E per cortesia - ha aggiunto - non ci venga propinato l'antico rito che 'e successo ma non e' successo', 'il motore e' rotto ma la macchina va'. Il Paese non ha questi tempi, ha altre esigenze".

Anche l'Udc, con Angelo Compagnon, e l'Idv con Carlo Monai, hanno fatto un'analoga richiesta a Berlusconi. Immediata la controreplica di Cicchitto, spalleggiato in aula dal suo vice Osvaldo Napoli e da una manciata di altri deputati: "Certamente si è aperta una questione seria all'interno del Pdl, ma non ci sono ragioni perché il presidente del Consiglio venga a riferire in Parlamento", perché "la maggioranza che sostiene il governo c'é ed è salda". Il capogruppo del Pdl è quindi passato al contrattacco, mettendo sul banco degli imputati Fini: "Si è aperto tra noi un confronto politico serio e serrato in cui si mette in discussione il rapporto nel Pdl tra noi e Gianfranco Fini. E' venuto meno il rapporto che si era acceso quando lo abbiamo eletto presidente della Camera e siamo davanti ad una questione politica, ad un dato su cui Fini deve riflettere".

A difesa di Fini il Pd: "Il presidente della Camera è di tutti - ha detto Bersani - anche di quelli che non lo hanno votato". E Franceschini ha ricordato che "il Presidente della Camera, dal momento della sua elezione, è il presidente di tutti, anche di chi non lo ha votato, e non può essere sfiduciato in base alla Costituzione". Il braccio di ferro non si è chiuso così. Il Pd si è iscritto in massa nella discussione generali su due decreti (quello sulla Tirrena e quello sull'energia), cosa che implicherà una contromossa della maggioranza per assicurarne l'approvazione.

Fabrizio Cicchitto, del Pdl afferma: "Certamente si è aperta una questione seria all'interno del Pdl, ma non ci sono ragioni perché il presidente del Consiglio venga a riferire in Parlamento". "La maggioranza che sostiene il governo c'è ed è salda e lo ha dimostrato il voto sulla manovra economica", ha aggiunto.

BERLUSCONI SFIDUCIA FINI, VIA DA PDL E DALLA CAMERA
Di Paolo Dallorso e Matteo Guidelli

Alla fine la rottura, quella definitiva, insanabile, e' arrivata. E le parole - scritte nell'ufficialita' di un documento votato da 33 membri dell'ufficio politico su 36 - aggettivano pesantemente il solco della crisi. Berlusconi, addirittura, parla di Fini al passato (''i litigi erano un prezzo troppo alto'') e quasi lo deride quando, denunciando il suo venir meno dal ruolo istituzionale, nel documento ricorda con una punta di sarcasmo come il presidente della Camera avesse ''rivendicato il suo ruolo superpartes'' solo durante la campagna elettorale delle regionali. Per ''non dare il suo sostegno'' al bene comune del partito, rincara.

Una terzieta' a senso unico, insomma, e di comodo, e' l'accusa di Berlusconi che fa ripercorrere quasi minuto per minuto dettagliatamente tutto il travagliato rapporto con Fini nel documento. Un Fini il cui ''atteggiamento distruttivo non era prevedibile'' ma che tuttavia ha via via evidenziato un profilo politico di opposizione al governo, al partito ed alla persona del Presidente del Consiglio". Accuse pesanti che quasi fanno passare in secondo piano il deferimento ai probiviri di Granata, Briguglio e Bocchino, annunciato nelle prime righe del documento che poi dedica le sei cartelle solo ad attaccare (con motivazioni) Fini. L'ex leader di An, dunque, e' fuori dal partito, dunque. Ma fuori anche dalla presidenza della Camera. Un desiderata, questo.

Forse solo una richiesta politica ad effetto alla quale, pur indirettamente, Fini risponde seccamente scandendo che la terza carica dello Stato non e' ''nelle sue disponibilita'''. Una situazione che il Capo dello Stato, si sottolinea in ambienti parlamentari, sta seguendo con attenzione non senza preoccupazione. Intanto la risposta politica dei finiani - costruita pezzo per pezzo durante tutta la giornata - arriva in contemporanea alla conferenza stampa del premier a Palazzo Grazioli e ai primi lanci d'agenzia: dimissioni dal gruppo e formazione di gruppi autonomi. I numeri, almeno quelli fatti circolare alla Camera e al Senato fanno esultare gli uomini vicini a Fini, che ha pero' deciso di rinviare ad una conferenza stampa da tenere oggi la controreplica al Cavaliere.

E di argomenti cui ribattere ce ne sono molti: ''dall'assoluta incompatibilita' delle posizioni dell'On. Fini con i principi ispiratori del Popolo della Libertà, con gli impegni assunti con gli elettori e con l'attività politica del Popolo della Libertà'', alla denuncia del venire meno della fiducia del PdL nei confronti del ruolo di garanzia di Presidente della Camera'' fino all'aver volutamente profittato della liberta' di dissenso nel partito per trasformarla da ''legittima a uno stillicidio di distinguo'' finalizzati ad una ''critica demolitoria''. E ci vuole tutta la storia politica e lo sforzo diplomatico di Ignazio La Russa per leggere in quel 'viene meno allo stato la fiducia' nei confronti di Fini (unica aggiunta al documento entrato a Palazzo Grazioli) un modo per ''non chiudere la porta a chiave'' in faccia all'ex leader di An.

DA FINI VIA LIBERA A GRUPPI,RESTO PRESIDENTE CAMERA
di Milena Di Mauro
Le dimissioni di 34 deputati finiani dal gruppo del Pdl sono gia' in mano al capogruppo Fabrizio Cicchitto, oggi dovrebbero arrivare a Maurizio Gasparri, ex compagno di strada, quelle di 14 senatori. E in tarda mattinata i gruppi autonomi dei fedelissimi del Presidente della Camera dovrebbero gia' essere costituiti, con correlata conferenza stampa di Gianfranco Fini, politicamente 'espulso' dall'ufficio di presidenza del Pdl (che ha anche deferito ai probiviri Italo Bocchino, Carmelo Briguglio e Fabio Granata). Berlusconi aveva appena terminato di dare lettura del duro documento politico che sancisce il definitivo divorzio dei due co-fondatori del Pdl. E Fini, riunito con i suoi a Montecitorio, dava la linea: fedelta' al governo e ad ogni impegno preso con gli elettori del Pdl mai in discussione, gruppi autonomi, stop alle esternazioni incontrollate dei singoli. Quanto alla Presidenza della Camera, una secca replica al premier che parla di un ''venir meno'' della fiducia del Pdl rispetto al ruolo di garanzia del Presidente della Camera indicato dalla maggioranza che ha vinto le elezioni: ''La presidenza della Camera non e' nella disponibilita' del presidente del Consiglio. Io non mi dimetto''. Fini ha adesso gioco facile nel portare dalla sua parte quei parlamentari a lui fedeli che ancora aspettavano di vedere quanto duro fosse il documento di censura politica verso il Presidente della Camera prima di dare la loro disponibilita' all'ingresso in un gruppo autonomo. Berlusconi ha parlato di una insopportabile ''forma di dissenso all'interno del partito che si manifesta nella forma di una vera e propria opposizione, con tanto di struttura organizzativa, tesseramento e iniziative, prefigurando gia' l'esistenza sul territorio e in Parlamento di un vero e proprio partito nel partito, pronto, addirittura, a dar vita a una nuova aggregazione politica alternativa al Popolo della liberta''. E piu' in generale il documento, commentano i finiani ''ha superato anche le piu' pessimistiche previsioni''.(ansa)
 

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