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La politica estera italiana zoppicante e debole. PDF Stampa E-mail
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Notizie - Colonnisti
Mercoledì 19 Settembre 2012 21:04
Qui di seguito, pubblichiamo l´opinione del nostro colonnista, politologo ed esperto in scienza politica a livello internazionale sulla politica estera italiana. 



Soventemente ci si chiede se funziona o meno la politica estera italiana in un mondo che galoppa velocemente da tutti i punti di vista. Parlare di politica estera nel nostro Paese non è mai stato agevole. È stato non di rado affermato che la politica estera ha una posizione di pilastro fondamentale in confronto alle altre politiche di carattere pubblico ed è, pertanto, da trattare in subordine ad altre priorità, che
vale pure per le altre nazioni. Dopo il tragico evento inerente l’uccisione dell’ambasciatore statunitense in Libia le questioni internazionali riprendono il loro primo livello di interesse mondiale, magari solo per il tempo utile a fare svanire l’emozione del momento. Ma un conto è l’impatto della politica estera sulle opinioni pubbliche, un altro è la responsabilità e la priorità che i governi devono attribuire alle relazioni interstatali.

La nostra politica estera dovrebbe rivestire un ruolo superiore di quello che anche una superpotenza può permettersi. L’Italia, infatti, dipende strutturalmente dall’estero e per la sua debolezza economica, energetica e perfino politica, e per la sua collocazione geostrategica, allo snodo di un’area molto difficile.

Esistono tre punti, in cui è d’uopo avere un maggior impegno prioritario. Il primo punto concerne l’Unione Europea, dove l’attuale governo tecnico ha puntato verso la direzione di stare agganciato alle direttive europee. Il secondo punto, riguarda il vicinato, costituito dall’immenso arco di crisi e sviluppi politici ed economici rappresentato dai Paesi dell’est e del sud dell’Europa.
 L’esperienza della guerra in Libia ha fatto comprendere l’estrema vulnerabilità e dipendenza del nostro Paese dagli avvenimenti esterni e il bisogno di approntare politiche e posizioni negoziali che non trovino l’Italia impreparata.
Nell’ultimo punto, quello concernente il mondo, bisogna affrontare un multipolarismo aggressivo e competitivo, nei confronti del quale le nostre passate rendite di posizione vengono continuamente messe in discussione e necessitano di risposte immediate e altrettanto aggressive.

 La marginalizzazione dell’Italia deve essere affrontata primariamente sul fronte interno. Il vincolo esterno tradizionalmente dell’Unione Europea non basta più, come manifestato dal mancato rispetto del nostro Paese dei criteri di convergenza macroeconomica del Trattato di Maastricht del 1992. Va tenuto in considerazione che un gruppo di Stati forti può decidere di fare anche a meno dell’Italia. Con cooperazioni rafforzate interne od esterne ai trattati si può andare avanti senza la presenza dell’Italia.
 Un criterio da intraprendere è quello di connettere strettamente politica interna e politica estera, che devono essere fra loro compatibili, attraverso cui dovrà anche essere valutato l’interesse dell’Italia ad essere partecipe alle iniziative politiche e alle azioni promosse sia all’interno dell’Unione Europea che al di fuori di essa.
 In un sistema multipolare e intergovernativo gli interessi degli Stati vanno protetti con proposte ed iniziative su temi e politiche e nell’Unione Europea e nelle relazioni bilaterali con i partner. Le iniziative, per di più, vanno prese con largo anticipo rispetto agli eventuali avvenimenti: il richiedere interventi da parte dell’Unione Europea e dei partner, nel momento in cui il fatto è già successo, o nel pieno della crisi, vieta il valore della proposta.

Giuseppe Paccione
Ultimo aggiornamento Mercoledì 19 Settembre 2012 21:39
 

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