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Giovedì, 25 Aprile 2024
Una Provincia unica tra Pisa e Livorno? Scoppia già il caos. PDF Stampa E-mail
Scritto da Giuseppe Arno   
Domenica 08 Luglio 2012 13:56




Il taglio delle Province è impresa ardua per il governo. Difficile, infatti, non tenere conto della rivalità secolari tra città confinanti.

di Gabriele Villa - ilgiornale.it

Avete mai visto uno di Agrigento andare d’amore e d'accordo con uno di Trapani? Può capitare, certo. Le leggende metropolitane raccontano anche di matrimoni d'amore tra una femmina di un luogo e un maschio dell'altro.

Ma accenti, feste religiose e partite di calcio creano un baratro. Persino il pesto che mettono sulla pasta è differente. Cadranno le Province, si innalzeranno sempre di più i campanili. Presagio di uno scenario nemmeno così lontano. Cosa che avrebbe potuto sottolineare con uno dei suoi sorrisetti sornioni, quel saccentino del Conte Camillo Benso di Cavour.

Appunto lo stesso che, a cose fatte, o quasi, se ne uscì con la fatidica frase: «L'Italia é fatta, ora bisogna fare gli italiani». Già, perché da Ovest ad Est, da Nord a Sud , isole comprese, l'Italia è tutt’altro che fatta. O, meglio, Province o no, non sarà fatta mai.
Restiamo in Sicilia, dove dovrebbero restare in vita 6 Province su 9, con questi accorpamenti: Enna-Caltanissetta, Trapani-Agrigento e Siracusa- Ragusa. Basta navigare un po'in internet per capire che qualche screzio è già cominciato. In stretto dialetto siculo, ovviamente differente da città a città.
E che dire del possibile già soprannominato «Granducato a tre» della Toscana? Il progetto cioè di una Toscana suddivisa in tre province con una Provincia di centro con Firenze, Prato e Pistoia; una costiera con Massa-Carrara, Lucca, Pisa, Livorno; una sud-orientale con Arezzo, Siena e Grosseto. Il rischio, dunque, è che le aree più forti e popolose (esempio, Pisa) finiscano per egemonizzare le altre (come Livorno che dovrebbe esservi accorpata). Avete vagamente in mente così si dicono da quelle parti? Alcuni dei refrain, tipici toscani più della finocchiona, hanno fatto il giro del mondo: «Tutti i giorni ringrazio Dio che non mi ha fatto pisano». E ancora: «Meglio un morto in casa, che un pisano all'uscio!!». Decisamente eloquenti, no? Altro che «acqua cotta», qui si tratterebbe di una vera e propria «ribollita» di sentimenti.
Altre latitudini, altre storie. Storie sempre e comunque di campanili. Se resterà confermata l'ipotesi circolata nei giorni scorsi del mantenimento in vita della Provincia di Lecce e dell’accorpamento delle Province di Brindisi e Taranto in un solo ambito amministrativo, beh spiegateci quale città diventerà depositaria delle cozze alla tarantina?
Mentre nel Lazio visto che Latina finirebbe in provincia di Frosinone sui blog spopola la frase: «Ma come invece di ricacciarli a casa loro i ciociari li vogliono accorpare a quel poco di civiltà che 80 anni fa qualcuno portò dal nord?». E se Francesco Nisi è destinato a passare alla storia come l'ultimo presidente di Vibo Valentia, è anche vero che i vibonesi non vogliono avere nulla a che spartire con Cosenza, e sostengono che gli affettati e la ’nduja (quella pasta di salame appena appena piccante) che mai dovessero provenire da altre località calabresi praticamente fanno schifo. Figuriamoci adesso che Vibo Valentia rischia di venir fagocitata e di andare in bocca a qualche altra Provincia. «Sempre meglio finire a Reggio Calabria che a Catanzaro- tuonano in coro - anche perché con loro, con quelli di Reggio perlomeno, abbiamo affinità elettive». Sarà anche perché non c’è vibonese che non venga puntualmente a vantarsi di nobili provenienze dalla Magna Grecia.
Storie di partite finite ai rigori, di tradizioni che mettono in fila, nelle relative feste di paese con processione annessa, statue della Madonna più alte, più belle e più agghindate a festa. Ma storie anche di più laiche goliardie. E, purtroppo, anche di giochi di mano, giochi da villano che sono spesso sfociate in risse a spedizione punitive per qualche fischio in meno dell'arbitro in un derby al calor bianco o per qualche fischio in più di un ragazzo alle spalle di un ragazza del paese accanto. Perché, questo è bene annotarselo, nel Paese dei buongustai dovessero cadere due o novanta Province, venire spazzati via dieci o quattrocento Comuni si continuerà a litigare persino o soprattutto guardandosi nel piatto.

Persino i semisconosciuti quanto deliziosi bruscitt, piatto tipico di carne macinata e cotta per ore e ore da servire con la polenta, di cui Busto Arsizio (Provincia di Varese) rivendica la paternità e l'autenticità hanno di recente acceso uno scottante dibattito dato che Gallarate, stessa provincia di Varese (almeno per ora) che sta a sette chilometri solo di distanza, sostiene da sempre di cucinarli meglio e da più antica data.

 

 

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