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Giovedì, 25 Aprile 2024
2012 anno di recessione e grande incertezza. PDF Stampa E-mail
Scritto da Giuseppe Arno   
Martedì 05 Giugno 2012 20:02



Firenze, 5 giugno 2012 - La Toscana sta affrontando una fase di grande incertezza che rende particolarmente difficile prevederne il futuro economico. Da un lato lo scorso quadriennio evidenzia l’elevata capacità di resistenza che il sistema economico regionale ha mostrato nell’attraversare questo lungo periodo di intensa crisi, dall’altro è importante non sottovalutare l’attuale crisi che rischia di condurre ad un peggioramento strutturale del livello di benessere. Queste le valutazioni del Rapporto sulla situazione economica della Toscana, presentato oggi a Firenze ed elaborato da IRPET e Unioncamere Toscana.

“Porteremo entro poche settimane all’attenzione del Consiglio regionale la proposta di rinnovamento di Fidi Toscana, con la conseguente definizione dei nuovi organi e della nuova governance della società. Ci sono tutte le condizioni per un rilancio della nostra finanziaria. Proprio nella seduta di ieri la giunta ha deciso di rifinanziare l’intervento sulle garanzie per le aziende, anche con il concorso di Fidi, attraverso altri 20 milioni in grado di coprirne circa 400 di prestiti da parte delle banche”.
Ne ha dato notizia oggi il presidente Enrico Rossi nel corso del suo intervento alla presentazione del rapporto Irpet.
“Fidi ha fatto bene il suo mestiere di garanzia al credito – ha continuato il presidente – e anche nel settore delle partecipazioni, in cui ha mantenuto l’equilibrio. Sono comunque favorevole a permette l’ingresso nel capitale della finanziaria di altri soggetti regionali che operano nello stesso campo, purché portino effettivi nuovi capitali e il tutto si accompagni ad un’accurata attività di ‘due diligence’ per verificarne stabilità economica e finanziaria”.

“Abbiamo una forza enorme nei distretti e nel sistema delle piccole imprese che continueremo a sostenere – ha spiegato proseguendo – Ma le dimensioni di queste ultime sono inadeguate all’assorbimento degli investimenti per ricerca e innovazione e ai processi di internazionalizzazione. A meno che non riescano a stare in rete o non siano trascinate da altre locomotive. Non funziona più nemmeno l’idea di una Toscana compiaciuta del proprio benessere, la Toscana stucchevole della collina e del cipresso. Non mi pare che questa sia la via della ripresa. Per uscire dalla crisi non basta percorrere i sentieri consueti. Ma bisogna essere consapevoli che dire questo significa aprire una fase critica su un paio di decenni della nostra storia recente”.

Da questo dato, indicato come strutturale per un ragionamento ineludibile, il presidente Rossi ha tratto il primo punto della sua proposta: “Il rapporto Irpet ci fornisce dati preoccupanti – ha proseguito – ma attenzione a non usarli a scopo di strumentalizzazione politica e a non indurre un sentimento di scoramento tra le forze sociali. Il dato dell’export, ad esempio, è positivo. Che cosa c’è dietro? Ci sono in Toscana 500 imprese-locomotiva. Sono 500 imprese medio grandi, con almeno 50 dipendenti e 13 milioni di fatturato, in grado di mettere a frutto investimenti per ricerca e innovazione, di intraprendere percorsi di internazionalizzazione e di “trainare” una rete di piccole e medie imprese. Questa vivacità la Toscana ce l’ha: il calabrone deve allargare le ali. Ma per riuscirci bisogna cambiare un pezzo della cultura di questa regione, ricostruire alleanze e relazioni sociali, guardare oltre gli ultimi vent’anni. Questo mondo impreditoriale va sostenuto. Non possiamo permetterci di ‘spalmare’ quel poco di provvidenze che abbiamo, ma occorre al contrario concentrare le risorse su quel pezzo di industria che esporta e a questo chiede un salto di qualità. Ci abbiamo provato, rimodulando i fondi europei, dirigendo le riscorse verso le medie e grandi imprese e consolidando così l’apparato produttivo. L’industria farmaceutica, ad esempio contribuisce al Pil regionale per il 5% con 5 milioni di fatturato. Questo è frutto di una politica di rapporto, di dialogo e sostegno, che si è consolidata e che ora va estesa anche ad altri settori.”

Secondo punto affrontato dal presidente Rossi: il turismo. “Dobbiamo affinare il ragionamento e compiere scelte di governace. Penso a un turismo di qualità che attrae le élites internazionali, il ceto medio abbiente dagli Stati uniti, dall’oriente e dall’Europa. Contrastare il mordi e fuggi, il turismo del sabato e della domenica che poi, la domenica sera, promuove a Report il proprio interesse del week end. Dobbiamo attrarre investimenti, per il recupero, per la manutenzione, rimodulare una offerta di altissima qualità e ad impatto contenuto, contro lo sprawling costiero”.

Terzo punto, le infrastrutture: “Non ci sono alternative – ha affermato il presidente – particolarismi e localismi vanno sconfitti. Bisogna che ciascuno assuma le proprie responsabilità, politiche, economiche, amnministrative e sociali. La Tirrenica va fatta, l’Alta velocità va fatta, e così le terze corsie. Sto lavorando per risolvere il problema dell’aeroporto di Firenze: se avrà il collegamento con gli hub europei, in integrazione con lo scalo di Pisa, il servizio per la Toscana sarà completato. (Rispondendo a convegno concluso a una domanda sulle sollecitazioni ricevute dal sindaco di Firenze Matteo Renzi, il presidente Rossi ha replicato: “Renzi si fidi di me che sto lavorando duramente per l’aeroporto, come io mi fido che lui farà la tramvia entro il 2015″). Sto parlando di recuperare il ritardo infrastrutturale rispetto alle regioni più avanzate d’Italia con un programma che è di modernizzazione, non di realizzazione di cose nuove. Le opere devono procedere con celerità e determinazione, è una partita da chiudere, anche se ci saranno discussioni. In Toscana non possiamo permetterci di respingere investimenti che rispettino leggi, regolamenti e pareri tecnici. L’effetto ‘nimby’ è contrario a una politica di modernizzazione, ma non all’effetto ‘sprawling’. E non è grave che qualcuno dica no, ma è grave che un politico cavalchi l’effetto ‘nimby’”.

Strumenti essenziali per la ripresa degli investimenti anche in Toscana saranno i fondi comunitari, una disponibilità compolessiva di 3 miliardi e 100 milioni. “Lo sforzo sarà quello di far scattare i progetti 2014-2020 a partire dal gennaio 2014, senza slittamenti – ha affermato il presidente – e quindi dobbiamo mettere in campo le nostre strategie entro metà 1013. Qui si parrà la nostra ‘nobilitade’. Negli ultimi dieci anni in Toscana abbiamo avviato 1600 opere. Le stiamo monitorando. Ma bisognerà trovare punti forti, infrastrutturali e industriali, su cui indirizzare le risorse”.

«La devastante situazione economica che dipinge l'Irpet impone alla politica un cambio di passo netto, forte e deciso. La politica ha la grave responsabilità di aver affrontato la crisi attraverso vecchi strumenti». È quanto sostiene il consigliere regionale della Lega Nord Toscana, Antonio Gambetta Vianna, commentando il rapporto dell’Istituto regionale programmazione economica della Toscana presentato oggi a Firenze. I dati emersi dal rapporto dell’Irpet parlano di 22.000 disoccupati tra il 2008 e il 2011 e per quest’anno l’attesa è di ulteriori 22.000 persone che perderanno il lavoro. Inoltre, si prevede un calo del Pil regionale del 2% e una flessione del 4,5% negli investimenti.
«In Toscana – prosegue l’esponente del Carroccio – si criticano tanto i precedenti governi nazionali, ma, a oltre due anni dall’insediamento della Giunta Rossi, ancora non sono stati approvati il Piano regionale dello sviluppo economico 2012-2015 e la legge sulla competitività. Rossi la deve smettere di occuparsi delle beghe interne al suo partito e di fare politica solo sui social network, ma deve cominciare seriamente a lavorare per il bene delle famiglie e delle piccole e medie imprese sulle quali si fonda il tessuto socioeconomico della Toscana. Famiglie e imprese – conclude Gambetta Vianna – che non possono continuare a sostenere questa situazione».

Magnolfi (PdL): “Rossi manda in soffitta, almeno a parole, 20 anni di politica economica della Regione. Il calabrone non vola più da molto tempo e i sogni del modello economico toscano sono andati in frantumi ben prima della crisi globale. Ora anche Rossi sostiene: 1) che occorre una politica industriale capace di selezionare le priorità evitando di procedere con aiuti a pioggia; 2) che non si possono regalare sussidi ad aziende decotte e tantomeno assumere partecipazioni societarie in tali situazioni; 3) che la Toscana non si può permettere di ritardare le decisioni su infrastrutture essenziali, a cominciare dall'aeroporto di Firenze; 4) che si deve dare celerità e certezza del diritto in relazione al rilascio delle autorizzazioni.

Tutte cose che il PdL invoca da sempre e che sono l'esatto contrario di ciò che la Regione ha fatto sin'ora. Attendiamo il Presidente Rossi alla prova dei fatti con una duplice preoccupazione: che per alcuni aspetti il suo ripensamento arriva troppo tardi e che, per altri versi, lo schieramento che lo sostiene non gli consentirà questa svolta modernizzatrice ed anti-ideoligica, come del resto l'ha bloccata in questo primo scorcio di legislatura".

“Condividiamo l’analisi dell’Irpet e torniamo a sottolineare il contributo che i servizi pubblici locali possono dare agli investimenti”. Questo il commento di Alfredo De Girolamo, presidente di Confservizi Cispel Toscana, alla relazione annuale di Irpet, presentata oggi, sulla situazione economica della Toscana che va incontro ad una situazione drammatica nel 2012 con forti incertezze sul 2013. La ricetta che Irpet indica per superare questo problema è il sostegno agli investimenti, più utile rispetto al sostegno ai consumi. “Gli investimenti totali nel 2011 in Toscana si sono ridotti del 3,5 per cento rispetto al 2010 - ha spiegato De Girolamo - Probabilmente i 400 milioni di euro investiti dalle aziende di servizio pubblico locale sono una delle poche voci positive negli investimenti in Toscana. Occorre sostenere questi investimenti nel 2012 e 2013, proseguendo sulla strada avviata, in questi mesi con il tavolo di sostegno agli investimenti idrici”.
Secondo De Girolamo, “occorre sostenere gli investimenti e garantire le condizioni per la loro rapida realizzazione, così come nel settore dei trasporti (con i fondi stanziati dalla Regione per il rinnovo del parco bus), nell'energia e nell'edilizia residenziale pubblica”. Fra le misure necessarie il presidente di Confservizi Cispel Toscana indica un nuovo accordo con l'Unione europea “per usare la coda di fondi strutturali dell'ultimo biennio in questi settori, superando vincoli e rigidità degli anni scorsi”. Sempre per quanto riguarda il sostegno agli investimenti, De Girolamo ha detto che “occorre valorizzare l'apertura che il Governo ha fatto, con le affermazioni del sottosegretario De Vincenti nella scorsa assemblea di Confservizi Toscana, il quale ha dichiarato che verranno premiate le regioni virtuose in termini di rispetto della legge sui servizi pubblici locali, con quote aggiuntive di risorse nazionali”. La relazione dell'Irpet – ha concluso – “indica una strada, noi siamo pronti ad imboccarla”.


Per il 2011 il rapporto evidenzia il rallentamento della crescita più pesante nella seconda metà dell’anno e il ruolo giocato dalla domanda estera, sia esportazioni, sia spesa dei turisti, in particolare dei paesi emergenti, nello stimolare la seppur modesta crescita realizzata. Questo a fronte di una domanda interna che vede diminuire gli investimenti, con una flessione particolarmente marcata delle costruzioni, contrarsi potere d’acquisto e quindi consumi da parte delle famiglie, diminuire di quasi un punto percentuale la spesa della pubblica amministrazione.

Venendo ai dati, complessivamente nel 2011 la produzione è risultata in flessione in tutti i principali macro-settori dell’economia toscana (agricoltura, industria in senso stretto, costruzioni, servizi non market). Si tratta di una flessione relativamente contenuta (entro il -1%), eccezion fatta per le costruzioni che cadono di oltre il 7%. In positivo soltanto i servizi market.

Il manifatturiero nel quarto trimestre del 2011 vede rallentare la produzione, gli ordinativi e il fatturato, che resta comunque leggermente positivo. Le imprese reagiscono attraverso politiche di compressione dei margini, che nel medio/lungo periodo limitano fortemente la capacità di autofinanziamento delle imprese e i piani di investimento. La situazione del manifatturiero è disomogenea: stanno meglio le imprese che hanno relazioni con l’estero, quelle a più elevato contenuto tecnologico o posizionate su segmenti di offerta qualitativamente più elevati e le grandi e medie dimensioni. Se in questi casi si assiste a dinamiche di sviluppo, la micro impresa incontra difficoltà sempre più accentuate.

Nelle costruzioni cala la domanda di case da parte delle famiglie, anche per le crescenti difficoltà di accesso al credito, diminuiscono gli investimenti delle imprese e la PA ha difficoltà ad avviare nuovi lavori.

L’agricoltura malgrado una leggera flessione della produzione, vede crescere le esportazioni, anche se calano i margini di profitto e aumentano le difficoltà con le banche.

I servizi sono sostenuti principalmente dalla domanda turistica. Quelli destinati alle famiglie e il commercio sono in difficoltà, mentre cresce il terziario a più elevata intensità di conoscenza e ad alto contenuto tecnologico, che occupa personale qualificato.

Al di là degli aspetti più strettamente congiunturali e di mercato, le imprese evidenziano due grandi criticità: la gestione della liquidità e del circolante e le condizioni di accesso al credito, soprattutto per imprese nuove nate, imprese esportatrici, imprese di grandi dimensioni.

Nel 2011 si recupera in Toscana circa un migliaio di posti di lavoro, mentre il tasso di occupazione passa dal 63,8% del 2010 al 63,6% del 2011. Allo stesso tempo il tasso di disoccupazione, stimato al 6,6%, è in crescita nel 2011 rispetto al 2010.

I dati appena esposti, sostengono i ricercatori IRPET e Unioncamere, per quanto non esaltanti, sono meno gravi di quanto era prevedibile a seguito delle gravi cadute che hanno caratterizzato l’attività produttiva in questi anni.

In un ottica di lungo periodo, nel 2011 i ricercatori constatano la chiusura di un primo ciclo, durato quattro anni, avviato dalla crisi finanziaria di fine 2007. Un ciclo caratterizzato da una prima fase recessiva particolarmente acuta e da una successiva ripresa che, però, ha consentito un recupero solo parziale delle perdite subite nel biennio iniziale. In 4 anni si sono persi 22 mila posti di lavoro e la disoccupazione è salita al 6,6% dal 4,3% del 2007. La situazione, molto meno drammatica di quella vissuta ad esempio nel 1993, si è assestata su livelli migliori delle previsioni – 55mila occupati - grazie alla maggiore flessibilità del mercato del lavoro ed al sistema di welfare che, tramite la CIG, ha sostenuto molte posizioni a rischio. La tenuta ha comunque determinato un indebolimento complessivo del sistema: le tensioni si sono distribuite su una massa notevole di lavoratori, il passaggio al part-time è stato per la maggioranza involontario, così come l’aumento delle forme di auto-impiego, soprattutto nel settore dei servizi. Gli oltre 20 mila posti di lavoro in meno derivano dalla somma tra 40 mila posti in più coperti da stranieri e 60 mila posti in meno per gli italiani e la disoccupazione giovanile ha raggiunto il 25%.

Negli ultimi 4 anni sono state le famiglie a fare da ammortizzatore sociale nei confronti delle imprese e degli individui, ma le stesse famiglie hanno vissuto una flessione del reddito del 2,6%, è aumentata la disuguaglianza e la povertà, relativa e assoluta, soprattutto per le famiglie più giovani.

Le imprese hanno resistito, ma si sono progressivamente indebolite, fino all’attuale precipitare delle aspettative a breve, alla flessione del numero di imprese che ricapitalizzano l’azienda con risorse proprie e alla minore diffusione di comportamenti ed orientamenti strategici a carattere proattivo.

Alla crisi si è aggiunta anche la crisi dei bilanci pubblici, che fa prevedere nei prossimi anni una diminuzione del sostegno dello Stato.

Per il 2012 i ricercatori prevedono un anno di recessione determinato dagli effetti delle manovre di controllo dei conti pubblici successivi alle manovre promosse dal governo e dal rallentamento della crescita mondiale. Il PIL toscano potrebbe subire una caduta stimabile attorno all’1,7% con conseguenze anche sulla domanda di lavoro che, potrebbe ridursi di circa 20 mila unità. Le ricadute di questa nuova flessione della domanda saranno avvertite da tutti i settori: manifatturiero, costruzioni, servizi e commercio. Ma il male maggiore per la Toscana del futuro prossimo resta l’assoluta incertezza delle prospettive che attiva meccanismi di sfiducia difficili da bloccare che a loro volta spingono gli operatori verso scelte remissive che autoalimentano la spirale negativa.

Il Rapporto IRPET-Unioncamere per uscire dall’attuale congiuntura negativa suggerisce di attivare processi di accumulazione che favoriscano l’accrescimento della produttività e quindi della competitività delle imprese e di intraprendere iniziative che facilitino la nascita e l’attrazione di nuovi soggetti imprenditoriali.. D’altro lato evidenzia la necessità di sostenere nuclei di imprese toscane dinamiche e in evoluzione positiva attorno alle quali si può ricreare la capacità dell’intero sistema produttivo di tornare a crescere.


Il punto di vista di Vasco Galgani – Presidente Unioncamere Toscana

La decima edizione del Rapporto IRPET – Unioncamere disegna uno scenario tutt’altro che positivo: la ripresa del 2010 si è spenta, il motore della crescita si è di nuovo fermato (PIL a +0,2% nel 2011) e il 2012 preannuncia una nuova fase di contrazione dell’attività economica.

Se le previsioni saranno rispettate (PIL a -1,7% nell’anno corrente), a fine anno il livello della ricchezza prodotta dalla nostra regione sarà ancora al di sotto di circa cinque punti percentuali rispetto al 2007: una situazione per molti versi peggiore di quella del 2009, in cui le imprese sono provate dal prolungarsi di una situazione che per molti non sembra presentare vie d’uscita.

Ci sono situazioni positive: l’aumento delle esportazioni, la crescita del fatturato delle medie e grandi imprese manifatturiere, l’incremento delle presenze turistiche e gli eccellenti risultati dell’alta tecnologia, ma non riescono a trainare il resto del tessuto economico regionale fuori dal lungo tunnel della crisi.

Gli imprenditori, come evidenzia una indagine realizzata da Unioncamere Toscana due mesi fa su 1.500 imprese, sono scoraggiati e ricorrono sempre meno a strategie per la crescita. Sono penalizzati soprattutto da criticità nella gestione del circolante e nell’accesso al credito. Come Sistema Camerale chiediamo che la valutazione del merito creditizio venga effettuata con attenzione, in modo che le risorse giungano prioritariamente alle imprese che sono realmente in grado di esprimere un potenziale di crescita.

È inoltre necessario che la Pubblica Amministrazione trovi al più presto un rimedio al problema dei ritardati pagamenti, fenomeno certo non nuovo ma la cui soluzione assume in questo momento caratteri di vera urgenza. Così come prioritari sono gli interventi a sostegno dei processi di internazionalizzazione delle imprese, ora più di prima indispensabili in molti casi per favorire il ritorno su un sentiero di crescita stabile e duraturo.


Il Presidente di UNCEM Toscana Oreste Giurlani sul Rapporto elaborato da Irpet e Unioncamere Toscana.

“L’anno in corso si è già annunciato difficile e i dati resi noti oggi da Irpet e Unioncamere confermano che lo sarà anche per i restanti mesi – è il commento di Oreste Giurlani, presidente di UNCEM Toscana – Se si pensa che in 4 anni si sono persi 22 mila posti di lavoro e la disoccupazione è salita al 6,6% dal 4,3% del 2007 non c’è da stare allegri. Speriamo che davvero adesso il ciclo negativo si chiuda, ma restano tutti gli effetti di questa crisi, lunga e difficile. Una crisi che, come al solito, ha finito per colpire in modo più consistente le fasce più marginali e meno protette della popolazione e dalla quale credo sia giusto ripartire, valorizzando al massimo le potenzialità e le caratteristiche della nostra regione. Come presidente delle Unioni dei comuni montani toscane – conclude Giurlani - , credo opportuno scommettere sulle risorse che questi territori possono offrire al meglio, dalle energie alternative alla filiera corta della produzione, dalle risorse idriche all’agricoltura”.

nove.firenze.it

 

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