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Sabato, 18 Maggio 2024
Rossi al Nuovo Corriere: “Nessun abbassamento dei diritti dei lavoratori”. PDF Stampa E-mail
Scritto da Giuseppe Arno   
Sabato 07 Aprile 2012 15:33


Pubblichiamo l’intervista di Moreno Biagioni al presidente della Regione Toscana Enrico Rossi sui diritti dei lavoratori uscita oggi sul Nuovo Corriere di Firenze (nella foto gli operai dell’Ansaldo Breda di Pistoia).

La cosiddetta riforma dei lavoro che viene prospettata dal Governo Monti ha al centro lo svuotamento, soprannominato “manutenzione”, dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Qual è il senso di un atto simile che costituisce una vera e propria sfida a buona parte del movimento sindacale?

Il nominalismo in questa materia non è solo futile ma addirittura dannoso se serve ad edulcorare il significato reale, concreto, che morde sulla carne viva di persone che dal proprio lavoro e solo da quello derivano i mezzi di sostentamento della propria famiglia. Manteniamo i nudi nomi delle cose e sull’articolo 18 non ci sono da fare tante acrobazie lessicali: la modifica dice che in caso di licenziamento illegittimo – quale che sia il motivo di questa illegittimità – il lavoratore non viene risarcito con il reintegro nel posto di lavoro, bensì con un indennizzo. Cioè una violazione delle norme di diritto positivo del lavoro viene punita solo con una sanzione pecuniaria, che assomiglia tanto ad una buonuscita. Sta qui il vulnus, non simbolico, ma sostanziale perché muta i rapporti di forza fra i soggetti in campo, mettendo in una posizione di ulteriore subordinazione i lavoratori rispetto alla legge.

A sentire il Presidente Monti e la Ministra Fornero, la manutenzione – che sarebbe più corretto definire manomissione – dell’articolo 18 viene incontro alle esigenze occupazionali dei giovani. Lei vede un nesso tra il rafforzamento dell’occupazione giovanile (spesso precaria) e l’abbassamento delle tutele e dei diritti di chi lavora?

Non mi pare che vi sia niente che ci autorizzi ad individuare un nesso causale o comunque diretto fra l’abbassamento dei diritti dei lavoratori e una ripresa dell’occupazione giovanile. Che poi la proposta della riforma del mercato del lavoro possa contemplare anche delle misure favorevoli all’occupazione giovanile è possibile e per certi aspetti anche vero, ma questo non è in alcun modo dovuto all’abbassamento dei diritti dei lavoratori. A meno che non si voglia sostenere che siccome sarà più facile licenziare, allora le imprese saranno incentivate ad assumere, e non mi pare una grande trovata. Ciò che aiuterebbe davvero una ripresa dell’occupazione – vera, non precaria – giovanile sarebbe rendere più onerosa l’assunzione con contratti atipici – che poi ormai sono diventati fin troppo tipici – di quanto non sia l’assunzione a tempo indeterminato. Oppure tassare meno il lavoro, o ancora ridurre gli oneri contributivi a carico delle imprese nel primo anno dell’assunzione del lavoratore, come stiamo facendo in Regione Toscana con contributi all’impresa che, dopo il tirocinio assume il giovane. Insomma, la ripresa dell’occupazione giovanile si incentiva con politiche attive del lavoro, non certo con incentivi al licenziamento.

Quale ripresa economica possono favorire, secondo lei, l’attacco all’articolo 18 e le altre misure comprese nel pacchetto presentato dal Governo al Parlamento?

Non ne vedo molte. A voler essere generosi, possiamo dire che vi sono alcuni provvedimenti che possono, se correttamente normati e implementati, migliorare la cosiddetta flessibilità in entrata. Così come formazione-tirocinio inserimento lavorativo dei giovani, investimenti pubblici e incentivi in settori nuovi e promettenti a partire dalla green economy, miglioramento delle condizioni economiche delle famiglie così che possano ripartire i consumi che invece sono stati depressi con la politica di austerity e con la precarizzazione progressiva del lavoro. Non capisco proprio come rendere più facile licenziare e appesantire la spada di Damocle sulla testa di milioni di lavoratori che potranno essere licenziati per motivi economici, possa incentivare la ripresa economica. Non ho mai conosciuto un imprenditore che non investa nella sua impresa a causa dell’articolo 18; caso mai per l’esosità di tasse e burocrazia, per mancanza di liquidità o di accesso al credito.

E’ praticabile a suo avviso un percorso per uscire dalla crisi che abbia al centro i principi costituzionali di difesa del lavoro e della democrazia?

Ricordiamo sempre che lo Statuto dei Lavoratori, Legge 300/1970, sul cui articolo 18 ci si sta accanendo, è legge di rango costituzionale, attraverso la quale si dà attuazione diretta ai principi costituzionali relativi al lavoro. Nella concezione stessa della nostra Costituzione la promozione, la dignità e la tutela del lavoro sono consustanziale alla democrazia stessa. Direi che, a meno di voler spezzare questo connubio costitutivo della Repubblica Italiana fra lavoro e democrazia, non si può pensare di affrontare efficacemente la crisi – che non è solo finanziaria ed economica, ma di sistema – fuori da questi principi costituzionali. Per uscire dalla crisi occorre bisogna investire in innovazione di processo e di prodotto, nell’istruzione, formazione e cultura, in generale nell’unico grande capitale di cui disponiamo, quello umano. Ma questo investimento parte dalla restituzione di dignità del lavoro e questo significa appunto garanzie giuridiche per il lavoro.

Redazione
toscana-notizie.it

 

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