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Sabato, 18 Maggio 2024
Il Prefetto Padoin saluta la città. PDF Stampa E-mail
Scritto da Giuseppe Arno   
Venerdì 23 Marzo 2012 06:37



Il prefetto Paolo Padoin si è congedato ieri dalla città, salutando autorità ed esponenti della vita economica, politica, sociale e culturale intervenuti a palazzo Medici Riccardi. Nel corso della cerimonia il prefetto ha letto un messaggio nel quale ha ripercorso la sua carriera e ha sottolineato, in particolare, come “anche in un ipotetico ordinamento federale, le prefetture possano conservare un ruolo fondamentale, agevolare l’azione delle autonomie locali” e rappresentare “un’istituzione imparziale che garantisca la correttezza dell’azione amministrativa e tuteli la legalità”.

Leggi il discorso:

DISCORSO DI COMMIATO DEL PREFETTO PAOLO PADOIN
Firenze, 21 marzo 2012

 Non è facile prendere la parola quando tanti ricordi, tanti pensieri, tante emozioni ti affollano l’animo. In questi giorni, pur nell’affanno di sistemare le operazioni del ridotto trasloco dalla prefettura a casa e nel vortice dei saluti dei tanti che mi hanno voluto incontrare, ho rivisto come in un film la mia carriera, piena di tanti momenti lieti, ma anche di occasioni nelle quali ho dovuto, spesso in solitudine, prendere decisioni difficili o affrontare eventi dolorosi o spiacevoli.
Nei primi anni ho avuto il privilegio di stare vicino a grandi Maestri, dai quali ho imparato molto, cercando di trasmettere poi ai colleghi più giovani i principi basilari della nostra attività. Prefetti che hanno fatto la storia della nostra istituzione, come Aldo Buoncristiano, Rolando Ricci, Giovanni Mannoni, Antonio Lattarulo, Angelo Finocchiaro, e accanto a loro colleghi allora giovani come Vittorio Stelo, Gaetano Santoro, Gianfranco Vitocolonna, Francesco Lococciolo, Aldo Caruso, hanno indirizzato il mio percorso professionale facendomi capire con l’esempio, prima che con le parole, l’importanza del servizio che eravamo chiamati a svolgere e comunicandomi la stessa passione che li animava. Alcuni ‘fondamentali’, come si direbbe in gergo sportivo, li possedevo già: il babbo, magistrato allora notissimo a Firenze, mi aveva instillato il senso dello Stato, il rispetto delle regole, il primato della legalità, il dovere di assumermi le mie responsabilità senza aspettare l’intervento altrui, e anche quello di aiutare i più deboli e indifesi. Ho fatto tesoro di questi insegnamenti e ho imparato a metterli in pratica nel mio lavoro con l’aiuto prezioso dei colleghi più anziani ed esperti.
Dopo un decennio di esperienze toscane, seguendo anche i consigli di mia moglie che non mi ha mai fatto mancare l’apporto insostituibile del suo affetto, della sua intelligenza, del suo buon senso, ho affrontato anche un’esperienza internazionale, emigrato di lusso in Belgio presso la Commissione CE. Ma il richiamo dell’Italia, della famiglia e della Prefettura dopo quattro anni ha prevalso e sono tornato a Firenze, dove ho trovato colleghi di straordinarie qualità professionali e umane. Insieme abbiamo svolto un lavoro e maturato esperienze eccezionali: eravamo una squadretta affiatata di pochi funzionari, al fianco di un Prefetto indimenticabile, il “vecchino” Giovanni Mannoni, che ci ha guidati in un periodo (dal 1984 al 1988) nel quale Firenze è stata veramente al centro della vita politica nazionale e internazionale. Vertici politici, visite eccellenti (papa, principi, re e regine, capi di Stato e di governo), incontri ad altissimo livello, emergenze di sicurezza e protezione civile, tutto si è concentrato in quegli anni: anni d’impegno costante e faticoso, senza pause e senza orari, spesso senza vacanze; ma anche anni di grandi soddisfazioni. Certo, non tutto è stato rose e fiori. Non posso dimenticare i tanti momenti di angoscia e di sconforto che ci hanno profondamente segnato: i delitti del ‘mostro’, i pericoli dell’alluvione, gli atti di terrorismo che hanno insanguinato Firenze. Nel 1993, nominato prefetto, lasciai Firenze e la Toscana. E’ cominciato allora quello che io chiamo il mio giro d’Italia: da Roma a Prato e a Pavia, da Pisa a Campobasso, e poi ancora Padova e Torino; per riapprodare infine, nel 2010, nella mia città.
Posso affermare, dopo tanti anni, di essere soddisfatto del lavoro compiuto. Ringrazio i Ministri e i Direttori Generali che mi hanno spedito, talvolta con mio iniziale disappunto, a fare esperienza girando l’Italia in lungo e largo, diversamente da tanti altri colleghi che svolgono l’intera carriera al Ministero o in un ambito geografico ristretto. Ho avuto così occasione di conoscere e apprezzare tante diverse regioni, province e città, usi e costumi diversi del nostro paese, che costituiscono la ricchezza della nostra civiltà. Cambiando in pratica lavoro ogni tre anni non ci si annoia, non ci si addormenta nella routine quotidiana, ma si è stimolati dal confronto con realtà e problemi diversi, spesso molto difficili (come le battaglie con i No Tav in Val di Susa, la tragedia del terremoto a San Giuliano di Puglia, dove persero la vita 26 bambini, la riemersione del terrorismo brigatista a Pisa e a Padova). Un impegno gravoso, ma anche un continuo arricchimento della professionalità. Del resto, poiché non sono il tipo che si tira indietro o che ama esercitare la propria attività prevalentemente nei salotti e nelle riunioni conviviali, mi sono state scaricate ovunque grane di cui non avrei dovuto neppure occuparmi, ma che ho sempre cercato di risolvere con la collaborazione di tutti, e talvolta anche con un decisionismo che ha evitato lunghe e inefficaci discussioni assembleari.
Ho conservato sempre, anche nei momenti più duri, un grande attaccamento per la nostra missione. Spesso si ascoltano dichiarazioni di politici o formazioni politiche che propongono l’abolizione dei prefetti, collegata a quella delle province. Credo però che anche in un ipotetico ordinamento federale, le prefetture possano conservare un ruolo fondamentale, essere il centro di riferimento dei residui uffici statali periferici, agevolare l’azione delle autonomie locali, essere d’ausilio soprattutto ai sindaci dei piccoli comuni nell’esercizio delle loro funzioni. La realtà della nostra organizzazione politico- amministrativa non può, a mio avviso, fare a meno di un’istituzione imparziale, che garantisca la correttezza dell’azione amministrativa e tuteli la legalità. L’esperienza di un Prefetto che ha operato in molte zone d’Italia conferma questa necessità. Insieme ai nostri collaboratori, alle Forze dell’ordine e della sicurezza, alle Forze armate, alla magistratura, ai responsabili delle istituzioni locali, noi prefetti riusciamo spesso a coinvolgere le organizzazioni economiche, il mondo sindacale e imprenditoriale, i mass media, gli esponenti della cultura, delle università, delle istituzioni religiose e del volontariato per garantire la tranquillità e la coesione sociale. La collettività nazionale dovrebbe essere grata a questa categoria di funzionari dello Stato che con alta professionalità, assumendosi responsabilità che spesso altri non vogliono o non sono in grado di assumere, cercano di far funzionare la nostra amministrazione nonostante le molteplici difficoltà a tutti note.
Ora noi che siamo giunti al termine del servizio attivo passiamo il testimone ai giovani colleghi, molti dei quali credono sempre nella nostra carriera: andate avanti con la vostra professionalità e il vostro sacrificio a rappresentare degnamente lo Stato e a far sì che i prefetti continuino a essere stimati e rispettati ovunque in Italia e in Europa. Personalmente sono orgoglioso e fiero di aver dedicato tutta una vita a questa missione, che mi ha costretto a pesanti sacrifici di carattere personale, ma, in compenso, mi ha regalato impagabili soddisfazioni, non ultima quella di concludere la carriera nella mia città, accanto agli amici più cari e alla mia famiglia. Grazie a tutti per quanto mi avete dato, un abbraccio forte con tanto affetto.

nove.firenze.it

 

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