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Giochi dei Popoli Indigeni a Porto Real. PDF Stampa E-mail
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Notizie - Fatti
Domenica 20 Novembre 2011 11:10






Intervista a Marcos Terema
di Paolo Carlucci
 
Marcos Terena, della Nazione Indigena Terena, è Articolatore delle Etnie Indigene del Brasile presso l’ONU e Direttore del Comitato Intertribale - Memoria e Scienza Indigena - , insieme a suo fratello Carlos Terena, è ideatore dei Giochi dei Popoli Indigeni del Brasile. Alla fine degli XIº Giochi delle Nazioni Indigene del Brasile che si sono tenuti nella isola di Porto Real, nel Municipio di Porto Nacional dello Stato del Tocantins dal 4 all’11 di Novembre del 2011, è stato intervistato da Paolo Carlucci.
 
Marcos Terena lei è responsabile dal 1996 dei Giochi dei Popoli delle Nazioni Indigene del Brasile giunti quest’anno alla loro XIª edizione nella città di Porto Nacional, nello Stato del Tocantins. Puó dirci quali erano le sue aspettative iniziali per questa edizione e quali sono stati i risultati?
 
I giochi indigeni qui in Brasile sono un momento importante di unione ed incontro per tutte le etnie che partecipano, quest’anno qui a Porto Nacional abbiamo portato a gareggiare 39 nazioni indigene, alcune delle quali provengono anche da Paesi che confinano con il Brasile. L’obbiettivo è mostrare la forza di queste Nazioni che furono quasi estinte dalla colonizzazione che suppostamene doveva portare sviluppo, per fare un esempio. In questa occasione stiamo esercitando, attraverso il linguaggio universale dello sport, la nostra forma di vivere, parlando della nostra visione del mondo, della modernità, e mostrare alla società globale anche attraverso questo incontro ed i giochi sportivi che il futuro che tutti vorrebbero migliore, non potrebbe esistere senza le conoscenze tradizionali dei popoli indigeni.
 
Cosa può dirci delle varie Nazioni Indigene che hanno partecipato dei giochi, sono rimaste soddisfatte dall’evento secondo lei?
 
In Brasile noi abbiamo 240 differenti Nazioni Indigene, qui ai giochi ne abbiamo portate 39 e altre 40 sono in lista d’attesa perché l’idea è di lavorare con esse in maniera rotativa, d’altronde sono molte anche le specialità e possiamo metterne in campo molte di più di quelle viste perché esiste una grande varietà di specialità, almeno tanto vaste come il numero delle etnie esistenti.
Il mondo moderno per ciò che vediamo nello sport e nelle competizioni, che a volte possono essere anche violente o estremamente faticose, dipendendo dallo sport, può in casi estremi addirittura provocare un danno grave all’atleta o la sua morte, ma durante i nostri giochi la filosofia che passa è che l’importante sia soprattutto partecipare tutti insieme.
 
Io ho osservato da spettatore, fotografo e giornalista, questi interessantissimi XI Giochi Indigeni e mi sono immaginato per un attimo un futuro dove magari alcuni di questi atleti gareggiassero in qualche specialità nelle Olimpiadi Mondiali, volevo chiederle se anche lei abbia almeno una volta pensato a questo.
 
Si, il nostro obbiettivo è anche questo ma stiamo costruendo questo percorso con molta tranquillità perché un atleta indigeno è un atleta del tutto sano che si cura con prodotti naturali e non fa uso di medicine, non prende altri prodotti farmaceutici per aumentare le proprie prestazioni, allora noi dobbiamo fare attenzione e proteggere i nostri fratelli i quali vivono dentro le comunità e non nelle città ed hanno un regime alimentare differente, una cultura differente. Inoltre i nostri giochi sono “verdi”  nel senso che differentemente dagli altri non festeggiano solo il primo posizionato, perché nel nostro modo di sentire, pensiamo che se non ci fosse il secondo collocato il primo non avrebbe nessun valore e così via, quindi i nostri giochi sono differenti anche per questi contenuti.
 
Paolo Carlucci
ASIB-AISE
 
 
 
Ultimo aggiornamento Domenica 20 Novembre 2011 15:36
 

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