“African Parks ci sta uccidendo lentamente” ha raccontato un uomo Baka al giornalista del Daily Mail, Ian Birrel. “Soffriamo così tanto che potremmo anche essere morti.”
“Nel passato per noi era molto meglio – e la colpa è tutta di African Parks” ha detto un altro.
Moyambi Fulbert, un uomo baka citato nell’inchiesta, lancia questo messaggio al Principe Harry: “Gli direi di smettere di sostenere African Parks. È un uomo potente. Mangia bene e vive bene – ma noi ora non abbiano nulla ed è tutto a causa di African Parks”.
I Baka e altri cacciatori-raccoglitori che vivono e si prendono cura della foresta pluviale del Congo da tempo immemorabile si sono visti derubare di gran parte della loro terra, trasformata in Parchi Nazionali o in Aree Protette. Sono stati cacciati e ora vivono in condizioni precarie, senza terra e dipendenti dagli altri, o trasformati in “attrazioni turistiche”.
Non possono più entrare nella foresta che un tempo chiamavano casa, mentre i cacciatori di trofei e le compagnie minerarie, petrolifere e del taglio del legno vengono considerati “partner” della conservazione e possono continuare a condurre i loro affari come sempre.
“African Parks, insieme ad altre grandi organizzazioni per la conservazione come il WWF, si appropriano della terra indigena per trasformarla in riserve o parchi militarizzati – e poi le loro guardie attaccano popoli come i Baka solo perché cercano di vivere la loro vita” ha dichiarato Caroline Pearce, Direttrice generale di Survival International, il movimento mondiale per i diritti dei popoli indigeni. “Il Principe Harry può fare qualcosa per fermare tutto questo. Gli chiediamo di dimettersi dalla carica di direttore di African Parks. Deve prendere le distanze da un’organizzazione che è complice di sfratti e abusi atroci commessi contro i popoli indigeni.”
“E i finanziatori di African Parks devono ritirare i loro soldi finché ai Baka non sarà permesso di tornare nel parco e i loro diritti territoriali non saranno stati riconosciuti. Gli abusi rivelati dal Daily Mail continuano a ripetersi in Africa e Asia – non si tratta di un caso isolato. L’intero modello di conservazione praticato dalle grandi organizzazioni per la conservazione è costruito sul furto di terre indigene e sullo sfratto dei popoli che ne sono i legittimi proprietari – proprio come in epoca coloniale. È ora di decolonizzare la conservazione.”
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