Reportage dal Donbass
Una “galleria dell’orrore”. Dove vengono raccolti ed
indagati i resti degli ordigni ucraini esplosi tra i civili. Anche
parti di armamenti forniti dall’Italia.
Servizio e foto di
Claudio Beccalossi
Donetsk (Repubblica Popolare di Donetsk) - Davanti all’ingresso principale del Palazzo del Governo della Repubblica Popolare di Donetsk, in Pushkin Boulevard 34, s’ergono faccia a faccia due monumenti commemorativi, statue di combattenti armati su massicci basamenti. Costituiscono la memoria vittoriosa ed il ricordo dei caduti nella Seconda guerra mondiale (1941 - 1945) e nella Guerra nel Donbass (2014 - 2023), quest’ultima, purtroppo, ancora ben accesa e che certo non si spegnerà entro il citato 2023.
È in quest’imponente edificio dall’aspetto severo, retaggio dell’ex Unione Sovietica, che ha sede l’Ufficio di rappresentanza nel centro comune (delle Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk) per il controllo ed il coordinamento delle questioni relative ai crimini di guerra dell’Ucraina. A capo del gabinetto è Shutkina Natalia Gennadievna.
Un database su quanto perpetrato dagli ucraini
In un foglio informativo (redatto in inglese), consegnato a ciascuno di noi al termine del nostro incontro-intervista, sono specificati scopi e modalità operative del particolare settore specialistico ignorato dai media occidentali che, invece, danno ampio ed unico spazio agli asseriti crimini di guerra compiuti dai russi e propagandati ai quattro venti internazionali da Kyïv.
In considerazione dell’aggressione armata in corso da parte dell’Ucraina, sulla base degli accordi raggiunti tra le Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk, gli Uffici di Rappresentanza delle Repubbliche nel Centro Congiunto di Controllo e Coordinamento ed il processo di negoziazione sono stati ribattezzati Uffici di Rappresentanza delle Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk nel Centro Comune per il Controllo ed il Coordinamento delle questioni relative ai crimini di guerra dell’Ucraina.
Dopo la conclusione del processo negoziale di Minsk, l’Ufficio di Rappresentanza ha il compito di proteggere gli interessi della Repubblica ed i diritti e le libertà dei suoi cittadini monitorando e coordinando le questioni relative ai crimini di guerra dell'Ucraina, in particolare attraverso l’identificazione e la documentazione degli atti d’aggressione armata dello Stato dell’Ucraina e loro conseguenze.
Obiettivi principali:
- identificare, verificare e registrare i fatti dell’aggressione armata dello Stato dell'Ucraina contro la Repubblica Popolare di Donetsk;
- garantire, monitorare e coordinare l’efficiente sincronizzazione dei dati sulle conseguenze dell’aggressione armata dello Stato dell’Ucraina, disponibili e ricevuti dagli enti statali, dagli enti locali di autogoverno e dalle organizzazioni di tutte le forme di proprietà;
- informare in modo rapido ed efficace l’opinione pubblica ed i media sui fatti e sulle conseguenze dell’aggressione armata dello Stato dell’Ucraina contro la Repubblica Popolare di Donetsk verificati e confermati dai dipartimenti competenti, nonché sui risultati delle attività dell’Ufficio di Rappresentanza della Repubblica Popolare di Donetsk presso il Centro Comune per il Controllo ed il Coordinamento delle questioni relative ai crimini di guerra dell’Ucraina;
- creare e mantenere una banca dati elettronica unificata dei fatti documentati sulle conseguenze dell’aggressione armata dello Stato dell’Ucraina che presentano segni di crimini di guerra commessi sul territorio della Repubblica Popolare di Donetsk.
Lo scopo della creazione del database è l’ulteriore utilizzo nell’analisi, anche statistica, di qualsiasi caratteristica dei dati in esso contenuti, durante lo svolgimento di azioni investigative e procedimenti legali, l’informazione del pubblico e l’utilizzo dei mass media dati spersonalizzati sui fatti dell’aggressione armata e delle loro conseguenze, nonché per l’utilizzo dei suoi dati nei meccanismi di tutela giudiziaria ed internazionale dei diritti, delle libertà e degli interessi legittimi dei cittadini russi, come prova inconfutabile (conclusiva).
Una missione di monitoraggio attiva h24
Dopo aver superato i controlli di sicurezza (WTMD, Walk Trough Metal Detector e radiografia di zaini personali) della postazione militare all’ingresso, veniamo accompagnati in una stanza dove, su tavoli in un angolo e sul pavimento, sono ordinati molti resti di varia consistenza di ordigni esplosivi ucraini su obiettivi civili. Sergej Pereverzev, il nostro interlocutore in divisa, illustra ogni reperto attestandone lo Stato di fabbricazione e di fornitura, riprove dell’incondizionato riversare da parte dell’Occidente apparati bellici definiti in modo ufficiale, con ipocrisia, difensivi ma (divelto lo sgangherato muro di gomma) pure smaccatamente offensivi.
Pereverzev spiega che «dopo ogni attacco ucraino gli esperti della missione di monitoraggio si recano sul posto per raccogliere qualsiasi elemento utile all’identificazione degli oggetti deflagranti. Il loro servizio d’intervento è attivo h24». Da competente, Sergej snocciola sinteticamente i particolari della serie di frammenti lì depositata, quale indizio di ventilati stati d’accusa. Si tratta di parti (anche minute) di missili, razzi, proiettili d’artiglieria, droni colpevoli di morti e feriti, constatazione banale che, comunque, fa venire pelle d’oca e senso di pena.
Conferme di forniture militari da vari Paesi
Le descrizioni tecniche includono proiettili d’artiglieria guidata a raggio esteso da 155 mm “Excalibur”, bombe o munizioni a grappolo (cluster bombs), sistemi “Himars” (High Mobility Artillery Rocket System, lanciarazzi multiplo leggero), insidiose bombe/mine “a petalo” (petal bombs), tutto questo fornito, assieme a molto altro, dagli Stati Uniti, guerrafondai perennemente foraggiatori di guerrafondai. E, poi, spezzoni dalle matrici francese, turca, slovacca, della defunta Unione Sovietica lasciati negli arsenali degli ex Paesi satelliti. Di ciascun pezzo Pereverzev addita sigle e numeri di serie e d‘attribuzione che stabiliscono da dove i rifornimenti sono arrivati per impinguare i depositi di armamenti ucraini.
Spolette d’impatto “made in Italy”
La vergogna fa arrossire, almeno per quanto mi riguarda, quando il militare mostra e prende in mano, per meglio commentarlo, un paio di spolette d’impatto di proiettili d’artiglieria da 155 mm di fabbricazione e provenienza italiane. Sono dotazioni offensive, d’attacco, altroché difensive come cianciano in Italia. L’Italia del vilipeso art. 11 della Costituzione che sancisce: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”.
Mi scuso (a nome mio, personale) con il militare e lui allarga le braccia come segno di comprensione, quasi a dirmi «…e cosa possiamo farci, noi due?».
Cluster bombs stragiste di civili
Le forniture dagli Stati Uniti di bombe a grappolo (bandite dalle convenzioni internazionali) hanno già causato in zona 16 vittime, tra cui una bambina. 11 di questi morti sono dovuti a scoppi postumi (la tragica caratteristica delle bombe a grappolo è quella di far disperdere in un’ampia superficie delle submunizioni - bomblets - che possono esplodere a posteriori causando vittime, com’è successo a due giovani operai di Donetsk che, messisi a sedere su una panchina per la pausa pranzo, sono stati uccisi da una di queste bombe ritardate caduta da un albero vicino).
L’utilizzo come disperata strategia da extrema ratio delle cluster bombs firma l’azione di terrore ucraina contro la popolazione del Donbass, con maggior virulenza punitiva. Un nuovo, auspicato “processo di Norimberga” per quanto avvenuto di militarmente criminale nel conflitto russo-ucraino includerà questi orrori o verranno censurati per scellerata parzialità?
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