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Notizie - Opinioni
Mercoledì 07 Giugno 2023 10:58



I CATTOLICI NELLA POLITICA CONTEMPORANEA: LE RAGIONI DEL SILENZIO

di Mira Carpineta

“Presenti dappertutto, irrilevanti ovunque”. Con questa ironica e forse provocatoria frase, si definisce oggi, l’atteggiamento passivo dei cattolici nell’agone politico italiano degli ultimi anni.

Se è indubbia infatti la loro presenza, da qualche tempo sono in molti a chiedersi che fine abbia fatto la cultura politica cattolica nel nostro Paese, se è ancora presente nelle istituzioni e se c’è ancora posto per questa presenza.

Nel 2021, il 79,6% della popolazione residente in Italia si professa cristiana, e in particolare il 74,5% cattolica; il 15,3% è ateo o agnostico e il 5,1% professa una religione non cristiana

Nel saggio del 2020 “Gente di poca fede” di Franco Garelli (il Mulino), 22% degli intervistati dice di partecipare alla messa settimanale e il 57% si sposa in Chiesa (negli anni ’90 era l’83%). C’è poi una larga percentuale di «cattolici culturali» (43% della popolazione) di persone, cioè, che aderiscono al cattolicesimo come «deposito di tradizioni e valori». Sette italiani su dieci sono favorevoli al crocefisso nei luoghi pubblici e più del 30% crede di aver ricevuto una grazia o un miracolo nella sua vita.

 

Ma qual è la situazione in politica? Chi sono e dove sono oggi i cattolici che partecipano alla vita politica con la loro sensibilità e professione di fede?  

 

La crisi dei cattolici in politica si fa spesso riferire alla “diaspora” della DC, quando il partito, sulla spinta di eventi che marcano indelebilmente la Storia della Repubblica (il rapimento e l’assassinio di Aldo Moro, gli anni di piombo delle stragi brigatiste, l’inesorabile secolarizzazione della società, il capitalismo ruggente degli anni 80, tangentopoli, ecc.) si dissolve andando a trovar casa indistintamente sia a destra che a sinistra dell’arco parlamentare.

Tuttavia non è solo la dissoluzione della DC la causa della crisi. Senza dubbio la secolarizzazione influisce sui costumi sociali, sulle mutate esigenze civili che richiedono leggi difficili da accettare per una cultura cattolica ancora così ortodossa e didascalica. Divorzio, aborto, sono argomenti che dilaniano i cattolici praticanti.

La difficoltà di vivere la pratica e il conflitto interiore che queste scelte comportano, innesca un meccanismo di scissione, tra la politica e la religione. I cattolici vivono così più privatamente la sfera religiosa, mentre esercitano in pubblico, sul lavoro, nella società, la laicità razionale.

Questa condizione permette e favorisce una progressiva uscita della sensibilità cattolica dalle istituzioni governative, dai luoghi della politica attiva, dai mercati, dal mondo del lavoro, dalle leggi. I cattolici smettono così di esercitare in pubblico la loro professione di fede, perdono voce, si ritirano “sull’Aventino” fino al punto di temere di esprimersi per non essere tacciati di essere “conservatori”, “retrogradi” o “di destra”.

Il mercato e il capitalismo spinto ringraziano e avanzano inesorabilmente verso i loro obiettivi, che sono solo ed esclusivamente economici e che sottostanno alla domanda e all’offerta del “prodotto” di turno.

 

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