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Notizie - Cronache
Domenica 19 Febbraio 2023 00:30


Guerra tra Russia ed Ucraina

 

A DONETSK.

NEL TUNNEL ANCORA SENZA LUCE

 

Dove la vita è sopravvivenza dal 2014 - Obiettivi civili nel mirino delle artiglierie ucraine -

L’angoscia dell’incertezza continua - Innocenti vittime di brutali e sorde strategie

 

La tomba di Olga Kachura

Ospedale Kalinin di Donestk bombardato

 

Nelle tormentate terre del Donbass (in russo, Donbas in ucraino) dapprima secessioniste dalla matrigna Ucraina ed in antagonismo armato dal 2014 con Kiev (in russo, Kyïv in ucraino) e la sua nomenclatura post Yevromajdan (Euromaidan). Oblasti autoproclamatesi Repubbliche Popolari di Donetsk (Doneckaja Narodnaja Respublika, DNR, Donetsk People’s Republic, DPR) e Lugansk (Luganskaja Narodnaja Respublika, LNR, Lugansk People’s Republic, LPR) e, dopo referendum bocciati dalla comunità internazionale, poi annesse formalmente alla Federazione Russa il 30 settembre 2022, assieme a quelle di Zaporizhzhia e Cherson, durante una solenne cerimonia nel Salone di Sala San Giorgio del Gran Palazzo del Cremlino, a Mosca.  

A causa della chiusura per motivi di sicurezza dell’aeroporto russo più vicino (quello di Rostov sul Don), il percorso in pullman di circa 1.200 km da Mosca a Donetsk (o Doneck in russo e Donec’k in ucraino) è stato percorso, tra il 22 ed il 23 gennaio 2023, in più di 17 ore e mezza di scomodo viaggio.

Superate le verifiche di frontiera tra la Federazione Russa e la Repubblica Popolare di Donetsk, sono sceso al capolinea del capoluogo sulle rive del fiume Kal’mius, territorio considerato dalla Verchovna Rada (parlamento unicamerale dell’Ucraina) “temporaneamente occupato da gruppi armati illegali e truppe della Federazione Russa”.

Militari russi, carenza d’acqua e città fantasma - Ho preso alloggio presso l’Hotel Central, a poca distanza da piazza Lenin, abituale albergo per giornalisti e non a caso attaccato e danneggiato da missili ucraini come dimostra l’esterno. Anche la sede della direzione delle Ferrovie della Repubblica Popolare di Donetsk, di fronte al Central, è finita sotto tiro, con distruzione di tetti ed incendi degli interni.

Militari russi in licenza sono sistemati in diverse camere dell’hotel e così pure famiglie con bambini rimaste senza case perché bombardate. Soldati a riposo barcollanti già di primo mattino per l’eccessivo consumo di alcolici a tutte le ore e ragazzini vocianti in corsa e gioco tra i piani ed i corridoi del rinomato hotel di anni addietro. M’hanno detto della mancata disponibilità d’acqua corrente (interrotta da circa un anno in seguito ad azioni belliche ucraine), erogata due ore al giorno (dalle 8 alle 9 e dalle 20 alle 21, orario ottimistico/teorico e non reale) e per sopperire m’è stata data quotidianamente una tanichetta d’acqua con cui mi sono dovuto arrangiare.

Nella spartana camera ho deposto il bagaglio ed i pesanti giubbotto antiproiettile ed elmetto datimi per mia sicurezza prima dell’avvio in pullman da Mosca.

Nonostante mi sia stato consegnato un lasciapassare stampa nominativo (rilasciato dall’ufficio competente della Repubblica Popolare) e mi abbiano informato su eventuali rischi, controlli individuali e del coprifuoco in vigore dalle ore 23:00 alle 5:00, mi sono azzardato ad una puntatina serale in piazza Lenin dov’è affacciato il Palazzo del Governo (che porta le cicatrici di pesanti incursioni), con pochi passanti, circolazione rarefatta già dal tardo pomeriggio e diventata sempre più angosciante deserto.

Nella città fantasma assumono ruoli grotteschi i semafori funzionanti senza nessun traffico da regolarizzare. Il vuoto nelle strade pesa dentro ancor più al sentire boati lontani, provenienti dalla linea del fronte a pochi chilometri da Donetsk. Colpi d’artiglieria e contraerea che dapprima m’hanno impensierito ed ai quali, nel tempo successivo, mi sono quasi abituato. Facendo amaramente buon viso a cattiva sorte…

L’inferno patito dalla popolazione - Ho trascorso la notte in un dormiveglia agitato, interrotto bruscamente da qualche esplosione più forte. Come d’accordo, il 24 gennaio il reporter Vittorio Nicola Rangeloni (italiano con cittadinanza russa residente in città da anni) m’ha accompagnato sulle drammatiche tracce del supplizio patito dai civili di Donetsk (fondata come Juzovka e poi ridenominata Stalin e Stalino in onore di Iosif Stalin). Nell’ospedale “Kalinin” ho potuto documentare i disastrosi effetti ancora presenti in alcuni punti colpiti il 19 ed il 20 dicembre 2022. Il primo attacco, in orario d’apertura diurna, ha interessato il reparto di neurochirurgia pediatrica, provocando il ferimento di quattro presenti uno dei quali deceduto poco dopo. Nel secondo, avvenuto attorno alle ore 22:40 al padiglione 10, non sono stati registrati danni a persone perché vuoto. Ovvio qualsiasi commento al carattere prettamente terroristico e punitivo di missili ed artiglieria ucraini nell’accanirsi su strutture ospedaliere.

Altri luoghi di dolore sono stati alcuni edifici bersagliati pochi giorni prima, alle ore 8:30 del 16 gennaio. Una corona di fiori posta accanto ai resti ed allo sgombero di abitazioni e negozi ha voluto esprimere il cordoglio per i tre morti ed i quattro feriti del tragico episodio. Così come alcuni garofani rossi a terra, accanto ad un semaforo di piazza Lenin, ricordano le vittime in un’auto colpita ed incendiatasi. 

Sulle pareti esterne del maestoso Teatro dell’Opera e del Balletto di Donetsk (progettato, con il portico in stile fiorentino, dall’architetto Ludwig Ivanovich Kotovsky e realizzato nella seconda metà degli Anni Trenta del secolo scorso) hanno impattato le schegge dei razzi BM-21 Grad (Grandine) caduti, l’ultima volta, alle ore 7:00 del 1° gennaio 2023, come sadico augurio di... buon anno. Il cratere provocato da un razzo nell’asfalto è stato prontamente ricoperto.

Il fuoco di Kiev non ha risparmiato nemmeno la zona universitaria di “Sky City”, dove i vetri in frantumi, le coperture distrutte e non ancora rimediate e, soprattutto, la mancanza di sicurezza hanno costretto gli studenti alla frequenza online. Ed uno sfacelo maggiormente impietoso ha riguardato il mercato centrale, annerito da incendi conseguenti alle esplosioni di missili o razzi (uno dei punti d’impatto sulla strada è apparso ben netto) piombati da postazioni ucraine il 6 dicembre 2022 ed in precedenza, con sei civili morti. L’acre odore di bruciato è ancora persistente, quasi come lascito di tragedia.

Nessun organismo umanitario internazionale - Dopo questi primi contatti con la drastica attualità di Donetsk ho avuto conferma d’una costante che considero vergognosa: l’assenza assoluta, anche solo minimamente operante, di qualsiasi organizzazione umanitaria internazionale (nemmeno la Croce Rossa o l’Unhcr, United Nations High Commissioner for Refugees, Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati). Evidentemente, per queste altisonanti istituzioni-carrozzone la popolazione civile locale, senza acqua corrente e sottoposta a martellamenti continui dell’artiglieria ucraina, vale meno di niente per squallidi giochi e sudditanze politici. Assistenza ed aiuti provengono dalla Federazione Russa e dalla sua Chiesa ortodossa, dagli Stati ex sovietici e  da qualche sporadica iniziativa di organismi occidentali indipendenti, per così dire “ribelli” (come i volontari della bistrattata Associazione “Vento dell’Est”).

Il “Viale degli Angeli” - Un ulteriore momento toccante è stato il “pellegrinaggio” nel “Viale degli Angeli”, nel “Parco della memoria” del distretto di Kalininsky, lungo Shevchenka Boulevard, tra la stele marmorea in granito rosso d’intitolazione in lettere dorate e l’altra epigrafe di granito nero commemorativa, in ordine alfabetico, di tanti, troppi bambini uccisi nel Donbass dalle forze armate regolari e da paramilitari ucraini dal 2014. Un triste elenco, purtroppo, non aggiornato.

   Si tratta d’un memoriale composto da una prima lapide di denominazione “Viale degli Angeli. In memoria dei bambini morti nel Donbass”, da una seconda con nomi ed età e da un arco soprastante decorato da rose (simboli di Donetsk), alto due metri e mezzo e largo due. Tra i fiori sono stati collocati proiettili di mitragliatrice pesante e colombe nella speranza, se non in segno, di pace. Buona parte dell’arco e dello spazio sottostante è occupata da pupazzetti, peluche e fiori, teneri omaggi all’innocenza massacrata.

Dove venne ucciso il presidente Zacharčenko e sulla sua tomba - Vittorio m’ha quindi condotto ad una successiva tappa dell’atroce storia contemporanea del Donbass, sul luogo dell’assassinio con un’autobomba, il 31 agosto 2018, del presidente dell’autoproclamata Repubblica Popolare di Donetsk dal 4 novembre 2014, Aleksandr Vladimirovič Zacharčenko (Donetsk, 26 giugno 1976) e della sua guardia del corpo, Vyacheslav Vasylevich Docenko. Il ministro delle Finanze della Repubblica Popolare, Aleksandr Timofeev, venne ferito a sua volta.

Dove prima esisteva il bar “Separ” (da separatist, separatista), nei giardini di Puškin Boulevard, frequentato solitamente da Zacharčenko e dalla sua cerchia e, quindi, dall’eliminazione pianificata facile da presumibile parte diretta od indiretta dello Sbu (Služba bezpeky Ukraïny, Servizio di sicurezza dell’Ucraina), ora sorge il monumento alla memoria con grandi foto di chi, tra l’altro, l’11 febbraio 2015, rappresentò la Repubblica Popolare alle trattative per la stipula del Protocollo “Minsk II”. Kiev respinse qualsiasi responsabilità riguardo all’attentato ribattendo che motivi ed autori andavano cercati nei contrasti interni tra separatisti. Il 1° settembre 2018 fu dichiarato dalle autorità di Donetsk il lutto di tre giorni per la morte del presidente mentre i suoi funerali vennero officiati il 2 settembre, presso il Teatro dell’Opera.

Ho insistito con Vittorio perché mi guidasse, per delle foto, sulla tomba di Zacharčenko nel cimitero posto fuori città, in una zona pericolosa, non lontana dal fronte. S’è mostrato disponibile mal volentieri, certo perché conscio dell’imprevedibilità di attacchi ucraini che non vanno tanto per il sottile, giornalisti o meno che possano essere i loro bersagli. Il fangoso campo d’inumazione di civili e militari è stato raggiunto percorrendo solitarie strade dissestate. Prima del sito monumentale (con tanto di statua a figura intera) che ha accolto i resti di Zacharčenko, abbiamo superato camminando varie sepolture di caduti in divisa della Repubblica Popolare tra cui quella di Docenko, la guardia del corpo deceduta assieme al presidente e di alcune donne arruolatesi per la guerra.

“Korsa”, “Eroe della Federazione Russa” - Donne convinte come il tenente colonnello Olga Sergeevna Kachura, nata il 12 maggio 1970 a Donetsk in una famiglia di militari (padre, nonno e bisnonno erano ufficiali) e morta il 29 luglio 2022 sotto i colpi dell’artiglieria ucraina. Olga ha combattuto contro gli ucraini dall’aprile 2014 venendo riconosciuta quale cofondatrice delle formazioni militari della Repubblica Popolare.

Nota col nome di battaglia “Korsa”, aveva prestato servizio nella 3^ Brigata “Berkut” ed assunto il compito di comandante d’una divisione d’artiglieria equipaggiata con BM-21 Grad. La sua unità contava circa 140 soldati. Il 3 agosto 2022 è stata decorata post mortem dal presidente russo Vladimir Vladimirovič Putin con un’alta onorificenza, la Stella d’Oro d’“Eroe della Federazione Russa”, ritirata dalla figlia stessa di Olga, ventenne anche lei combattente.

Il 4 agosto 2022 gli ucraini avevano bombardato la zona del Teatro dell’Opera dove stavano svolgendosi le solenni esequie pubbliche causando sei morti. Molti (tra cui lo stesso Vittorio Nicola Rangeloni) s’erano rifugiati nei sottopassaggi pedonali in cerca di scampo dal vigliacco raid mirato.

Mercati e stazione sotto le bombe - Il 27 gennaio abbiamo risfogliato altre pagine di tragedia a Donetsk. Nel “Mercato dei libri” Mayak, centrato con razzi Grad di fabbricazione ceca (i cui resti sono rintracciabili tra le macerie dei negozi distrutti) il 12 dicembre 2022. Ne è rimasta vittima una donna e feriti i suoi bambini. Dopo una ventina di minuti dal primo lancio e quando erano già all’opera i vigili del fuoco per contenere e spegnere gli incendi, è stato sferrato un secondo attacco che ha rischiato di fare una strage tra i soccorritori.

Ennesime bombe hanno messo in ginocchio le attività, già allo stremo, del mercato vicino alla stazione ferroviaria ed alla chiesa ortodossa di San Nicola, bombardate ad ondate in luglio/agosto dell’anno scorso causando miracolosamente solo feriti. L’aspetto stesso della stazione, funestata da ordigni governativi ucraini già nel 2014 e che nell’estate del 2022 ha subito il rogo e la demolizione di circa 600 mq di tetto, è emerso opprimente, con l’isolamento dei collegamenti e la lunga interruzione del traffico che hanno fatto arrugginire le ormai inutilizzate rotaie.

   Ristrutturato ed ampliato secondo moderno design grazie ai generosi fondi erogati in occasione del Campionato europeo di calcio 2012 (Uefa Euro 2012 o Polonia-Ucraina 2012), svoltosi in Polonia ed in Ucraina dall’8 giugno al 1° luglio 2012 (con la vittoria finale della Spagna contro l’Italia, 4 a 0, nello stadio olimpico di Kiev), l’impianto ferroviario ha fatto da supporto alle partite giocate nello stadio Donbass Arena di Donetsk. Gli incontri Francia-Inghilterra (1 a 1) dell’11 giugno, Ucraina-Francia (0 a 2) del 15 giugno, Inghilterra-Ucraina (1 a 0) del 19 giugno, Spagna-Francia (2 a 0) del 23 giugno, Portogallo-Spagna (0 a 0), una delle due semifinali, del 27 giugno.  

Altri tempi, d’entusiasmo economico-sportivo poi precipitati nell’abisso dell’efferato contrasto tra il Donbass e Kiev, con zampini della Federazione Russa e del blocco di Paesi occidentali. Nato non esclusa…

 

Servizio e foto di

Claudio Beccalossi

Ultimo aggiornamento Domenica 19 Febbraio 2023 00:41
 

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