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Notizie - Cultura
Sabato 02 Luglio 2022 22:02

 

Agli albori della qualità attraverso un vino che attraversa la storia secolare della viticoltura

 

Uno dei vini più affascinanti del mondo è senza dubbio il Falerno del Massico, se non altro per le numerose testimonianze che lo rintracciano sul percorso della storia a partire dal III secolo a.C. Il Falernum era il vino di eccellenza dei Romani e i ritrovamenti delleanfore per l'esportazione e il commercio, etichettate con inciso anno, tipologia e zona di originesigillate con timbri di ceralacca sulle chiusure, possono far si che si parli di questo vino coma la prima Doc della storia.

Di lui hanno scritto tutti i più grandi filosofi e letterati latini dell’antichità da Catulloa Cicerone, Macrobio, Varrone, Diodoro Siculo, Virgilio, Orazio, Dionigi d’Alicarnasso, Tito Livio, Vitruvio, Tibullo, Ovidio, Plinio il Vecchio, Marziale, Silio Italico, Stazio, ecc.).

Che fosse il vino di eccellenza sembra non esserci dubbio almeno  per quanto riporta la scritta sulle rovine di un antico thermopoliumnegli scavi di Pompei che recita: “Edone fa sapere: qui si beve per 1 asse; se ne paghi 2, berrai un vino migliore; con 4, avrai vino Falerno”.

Era prodotto nell’antica Campania settentrionale, quell’AgerFalernus oggi identificabile con i comuni di  Mondragone, Falciano del Massico, Carinola, Sessa Aurunca e Cellole in provincia di Caserta, che ancora oggi rappresentano l’area produttiva del Falerno del Massico Doc.

La caduta dell’impero romano d’Occidente segnò una prima battuta d’arresto e ma che fonti storiche danno ancora vivo nel VII secolo d.C. dove a Verdun in Francia, le cronache del tempo registrano l’arrivo di dieci botti di Falerno presso il vescovo Paolo.

Dopo il medioevo si segnalano ancora testimonianze che richiamano alla produttività vitivinicola dell’Agerfalernus, anche se con appellativi e vitigni ormai mutati nel tempo ma sempre evidenziando l’ottima qualità.

Facendo un grande balzo in avanti fino all’era contemporaneache vede il Falerno del Massico Doc dal 1989, bisogna ricordare il grande merito della rinascita dovuto al lavoro dell’Avvocato  Francesco Paolo Avalloneappassionato cultore di vini antichi.

Insieme all’università di Napoli e dopo accurati studi,riuscì a identificare l’adattamento e la trasformazione di poche viti originarie della produzione del Falerno in un territorio caratterizzato da ininterrotta continuità produttiva e sopravvissute miracolosamente alla fillossera.

Sugli stessi territori e con la collaborazione dei contadini locali , grazie ad un’opera di reimpianto il Falerno o il suo discendente più diretto a base di Falanghina, ha terminato il suo viaggio tornando sulla tavola. Così à nata Villa Matilde nata negli anni sessanta oggi  è guidata dai figli Maria Ida e Salvatore Avallone che portano avanti il sogno del padre e della rinascita del Falerno del Massico. Con l’espressione al femminile di Villa Matilde abbiamo avuto modo di esaudire qualche curiosità in merito a questa esperienza che ha segnato profondamente la storia della sua famiglia: 

Villa Matilde nasce dalla passione di suo padre per i vini antichi.  Era una passione circoscritta al vostro territorio oppure la viticoltura antica rappresentava il fulcro del suo interesse?

Nostro padre era un grande appassionato di vino e, come professore di Istituzioni di Diritto romano, anche un grande classicista. Proprio questa sua passione per il territorio, la sua storia e per la cultura romana lo hanno portato a dedicarsi alla lettura di alcuni grandi classici della letteratura romana nei quali il vino Falerno rappresentava il punto di riferimento qualitativo. La voglia di far risplendere questo nome è stata la base per intraprendere il percorso che ha portato alla nascita di Villa Matilde

Uno stimato professionista che ad un certo punto si cimenta con la viticoltura pratica fino a fondare Villa Matilde. Cosa hanno trasmesso la passione e l’entusiasmo di suo padre a lei e ai suoi fratelli?

Mio fratello Salvatore ed io  ne abbiamo fatto la nostra ragione di vita.  Villa Matilde, azienda dedicata a mia madre Matilde ,  rappresenta la storia della famiglia ed il sogno di nostro padre: far ritornare in vita il magico Falerno.

Che emozioni si provano nel tenere in vita una tradizione identitaria che affonda le sue radici nella storia e di cui si fa menzione nei testi classici come nei ritrovamenti archeologici?

Per noi è una sorta di piacere /dovere. Restituire al mondo del vino una tradizione millenaria è un piacere ma comporta anche un lavoro costante e di grande ricerca. Teniamo sempre a mettere in evidenza il territorio e la reale sua storicità. Non vogliamo infatti che sia una questione di storytelling o pubblicitaria che potrebbe sminuire la reale portata di un continuum storico fatto di cose reali e tangibili come i testi antichi ed i ritrovamenti archeologici testimoniano.

Il progetto Villa Matilde si è evoluto intorno al Falerno ed al suo recupero andando oltre e ampliandosi. Cosa rappresenta oggi l’Azienda per l’identità del territorio?

Diciamo che questa domanda bisognerebbe porla a chi vive il territorio per capire come vedono inserita Villa Matilde Avallone nel contesto. Noi possiamo dire che cerchiamo in ogni  atto di comunicazione (dalle etichette al sito; dalle presentazioni alle degustazioni, ad esempio) di parlare di Campania e di Falerno senza ovviamente far dimenticare che abbiamo una parte del cuore nella meravigliosa Irpinia.

Si parte dall’eredità e dalla storia del territorio per preservarlo proiettandone l’essenza verso il futuro. Che ruolo ha la sostenibilità all’interno del progetto Villa Matilde?

Ci lasci dire che sostenibilità per noi non è uno slogan. Rivendichiamo con orgoglio decenni di studi, ricerche ed investimenti per rispettare il territorio e chi lo vive. Siamo Carbon free, non usiamo trattamenti in vigna, abbiamo certificazioni BRC,IFS,ISO, SQPNI, usiamo il solare per l’autosufficienza. Potremmo citare tante piccole ma significative azioni che portiamo avanti sin dagli anni ‘80.

L’uso dell’anfora in questi anni trova sempre più estimatori ma da voi è iniziato in tempi non sospetti. Non una scelta di tendenza, ma sempre nel solco tracciato da vostro padre nella ricerca di antiche vinificazioni come, ad esempio, quelle che praticavano i romani. Cosa puoi dirci di questa esperienza?

Lavoriamo con l’anfora perché, per noi, rappresenta uno strumento in grado di valorizzare l’affinamento di alcune uve autoctone, soprattutto a bacca bianca. I risultati li stiamo valutando nel tempo e possiamo ritenerci soddisfatti. Sicuramente non ci fermiamo e studiamo sempre le evoluzioni dei  vini che hanno utilizzato questo procedimento per comprenderne lo sviluppo nel bicchiere. Come Le dicevo poco sopra, a noi interessa molto l’aspetto qualitativo e pratico e poco quello della “moda”.

La viticultura Campana negli ultimi anni ha fatto passi da gigante, come vedi il suo sviluppo in prospettiva e su cosa i vignaioli dovrebbero concentrarsi?

La Campania è cresciuta tantissimo negli ultimi anni ed è una regione vinicola sempre più ricercata e presente nelle carte vini e nelle case degli appassionati. Abbiamo una gamma di vini che veramente possono essere apprezzati da tutti. Da coloro che si approcciano al mondo del vino così come dall’esperto. Vorrei anche sottolineare che i vini campani hanno  una grande capacità di invecchiamento, cosa da non sottovalutare.

Dopo l’ultimo biennio che ha segnato il comparto vitivinicolo come tutto il resto quali sarebbero secondo te gli interventi istituzionali prioritari per favorire la ripresa?

Sono dell’opinione che bisogna favorire una certa razionalizzazione di eventi e investimenti puntando molto sul concetto di vino italiano che poi si declina nelle varie specificità territoriali. Siamo il paese della biodiversità e dobbiamo farci conoscere per questo. Il tutto sotto il cappello Italia,  valore imprescindibile.

Com’è composto il vostro mercato tra Italia ed export e quali sono le piazze nazionali e i paesi in cui i vostri vini sono più apprezzati?

Abbiamo mercati ben equilibrati con un ottimo lavoro sia nella vendita diretta in cantina che in tutta Italia . Il mercato estero occupa il 50% delle vendite globali distribuite su una trentina di paesi dalla Francia al Giappone agli Usa.

Se non svolgesse questa attività nel suo territorio la farebbe ugualmente oppure si dedicherebbe ad altro, ed eventualmente in quale zona e con quali vitigni le piacerebbe cimentarsi?

Sono una grande appassionata. Amo questo  lavoro per cui certamente svolgerei la stessa attività anche  in altre zone d’Italia. Sono una persona curiosa per cui ci sarebbero molte aree in cui vorrei cimentarmi. Il mio cuore pero’ batte per la Campania .

Gli anni della pandemia hanno cambiato la comunicazione del vino ed hanno modificato le politiche distributive?

Secondo me è ancora presto per vedere appieno i cambiamenti delle politiche distributive. Veniamo da poco da due grandi fiere di settore e stiamo verificandone i risultati. Sicuramente dobbiamo ripensare ad alcune cose ed orientarci verso un consumatore che sta cambiando specie nelle giovani generazioni. La comunicazione cambia perché è viva e quindi sempre in movimento. Noi dobbiamo essere bravi e capaci di leggere la società ed il suo linguaggio.

 

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