Ecco chi è davvero il Rasputin di Putin |
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Lunedì 18 Aprile 2022 17:20 |
Chi è Aleksandr Dugin
In Italia, dove talvolta compare ad eventi del microcosmo del sovranismo di destra extraparlamentare, è stato definito l’ideologo di Vladimir Putin. Negli Stati Uniti, e in generale in Occidente, non di rado viene presentato come il “cervello di Putin” o il “Rasputin di Putin”. Il soggetto in questione, che è effettivamente una via di mezzo tra uno stratega e un mistico, è il celeberrimo Aleksandr Dugin. Prima della famaLa storia è nota: Dugin ha raggiunto la popolarità mettendo la firma su Fondamenti di geopolitica, un manuale di geostrategia pubblicato nel 1997, allo zenit del Periodo dei torbidi 2.0, che sembra aver esercitato un’influenza riguardevole negli ambienti militari della Federazione russa e che gli sarebbe valso la stima del futuro presidente. Ma quel testo è stato realmente così impattante? E Dugin, soprattutto, è davvero il Richelieu di Putin? Tali domande troveranno risposta nel corso di questo approfondimento, ma prima, per ragioni informative, si rende necessario un breve riepilogo per capire chi fosse Dugin prima di diventare Dugin. Aleksandr Gel’evič Dugin nasce a Mosca il 7 gennaio 1962 in una famiglia fedele all’Ideale sovietico e ortodossa nell’appartenenza al, e nella devozione del, comunismo. La madre era una dottoressa, il padre un ufficiale del servizio segreto più segreto del mondo: il Kgb. Portato per lo studio, più che per gli affari militari, Dugin abbandona rapidamente l’Istituto aeronautico di Mosca, un po’ per i problemi di condotta e un po’ per lo scarso rendimento, in favore del più tranquillo ambiente universitario. E qui, sempre a Mosca, otterrà una laurea in filosofia e due dottorati – uno in sociologia e uno in scienze politiche. Gli anni dell’università, per Dugin, equivalgono anche agli anni della ribellione. Era stato allevato da una famiglia molto rigida nell’osservanza dei valori comunisti, da qui, forse, la voglia di rigettarli in toto e di abbracciare, invece, le tesi eterodosse, fuori dai limiti del consentito, propugnate dal Circolo Yuzhinsky, una società segreta universitaria di stampo esoterico, paranazista e anticomunista. La militanza nel circolo Yuzhinsky avrebbe giocato un ruolo determinante nella formazione ideologica del giovane Dugin. I membri di questa società, a metà tra la setta, il gruppo di studio e la loggia massonica, erano convinti che il mondo fosse stato corrotto dalle ideologie moderne e materialistiche, delle quali il comunismo faceva parte, e che una rigenerazione spirituale dell’umanità sarebbe stata possibile soltanto (ri)scoprendo le, e attingendo alle, tradizioni esoteriche e occultistiche delle grandi religioni mondiali, in particolare del cristianesimo, dell’islam e dell’induismo. All’interno del circolo Yuzhinsky, oltre ad avvicinarsi al misticismo nazista, Dugin scopre le riflessioni sulla metafisica di René Guénon e il perennialismo di Julius Evola. Loquace e dalla penna veloce, il dottore in filosofia trascorre gli anni delle libertà limitate della Perestrojka a scrivere di eurasismo e misticismo laddove possibile, cominciando a farsi un nome negli ambienti della “dissidenza spirituale” contro la morente Unione Sovietica. All’indomani della nascita della Federazione russa, si converte in un detrattore di Boris Eltsin e aiuta un amico, Gennadij Zjuganov, a scrivere il programma politico della sua neonata creatura: il Partito Comunista della Federazione russa. A fare da sfondo, un aumento lento ma costante di popolarità dato dalla collaborazione con lo scrittore Eduard Limonov, che avrebbe dato come frutto il Partito Nazional Bolscevico, e dalla produzione di scritti sull’eurasismo e sulla geopolitica. Il successoL’idillio tra Limonov e Dugin finisce molto presto, portando quest’ultimo ad accomiatarsi dal Partito. Sono i turbolenti anni Novanta di Boris Eltsin, dell’anideologia al potere, e Dugin preferisce mettere il pensiero da parte a favore dell’azione. È in questo contesto che comincia la scrittura dal magnum opus Fondamenti di geopolitica (1997), una sorta de La grande scacchiera in salsa russa, che traghetterà Dugin nelle stanze dei bottoni durante le ultime fasi di vita dell’era Eltsin, portandolo al cospetto dell’influente Evgenij Primakov e rendendolo un punto di riferimento per le forze armate allo sfacelo, in rovina e alla ricerca di una meta. Il pensieroFondamenti di geopolitica, come scritto poc’anzi, fece scalpore all’epoca della pubblicazione per via del contenuto a metà tra la lucida strategia e la lunatica fantapolitica. Dugin, in quel documento finito sulla scrivania di Primakov e dell’allora presidente della Duma, Gennadij Nikolayevich Seleznyov, invitava il Cremlino a “finlandizzare” l’intera Europa, a “dissezionare” la Repubblica Popolare Cinese, ad annettere la Finlandia. Ma non è per la dimensione fantasy che il libro ha fatto la fortuna di Dugin: è per il suo lato realistico, fattibile, traslabile in realtà. Perché Dugin, l’anti-Brzezinski, nel 1997 preconizzava alcuni eventi-chiave poi accaduti durante i primi vent’anni del XXI secolo: la frammentazione della Georgia – cementata con la guerra del 2008 –, l’avvicinamento all’asse francotedesco in funzione antiamericana, lo stabilimento di un asse antiegemonico con l’Iran, l’indebolimento dell’Impero americano in casa – alimentando le tensioni interrazziali – e nel mondo – attraverso la propaganda – e, ultimo ma non meno importante, la negazione all’Ucraina del diritto ad esistere – leitmotiv della guerra del 2022.
Dugin, l’anti-Brzezinski, può essere ritenuto l’ispiratore di alcune delle politiche estere dell’era Putin, ma oltre allo stratega c’è (molto) di più: il monaco-guerriero – in quanto patrocinatore di una Chiesa ortodossa patriottica e “muscolare” –, il filosofo politico – poiché teorico della cosiddetta Quarta teoria politica – e l’eurasista instancabile che, pubblicando in una vastità di lingue e presenziando ad eventi in tutto il mondo, poco alla volta sta tornando, o spera di tornare, ai livelli di popolarità del 1997. E la guerra in Ucraina del 2022, come già spiegato, potrebbe aiutarlo a conseguire tale scopo. Perché la notte del 24.2.22, infatti, è stato seppellito il sogno di un’Europa estesa da Lisbona a Vladivostok ed è stato estratto dal cassetto dei ricordi, da Putin e dai suoi consiglieri, l’anelo eurasistico duro e puro: la Russia come cuore pulsante dell’Asia e come nemesi della civiltà atlantica incardinata sul nuovo Impero del mare, gli Stati Uniti, e sulla sua appendice asiatica, l’Europa. |
Ultimo aggiornamento Lunedì 18 Aprile 2022 17:26 |
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