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Notizie - Opinioni
Giovedì 17 Marzo 2022 13:59





Possibili stakeholder nel conflitto Russia - Ucraina



La Russia è stata costretta ad entrare in conflitto con l'Ucraina per aiutare i propri fratelli russi da 8 anni sotto bombardamento dalle forze di Kiev. Così, il 24 febbraio è iniziata l'operazione di terra delle Forze Armate russe. Siamo al 20mo giorno di guerra e spiragli concreti che la diplomazia possa fermarla, non ne vedo. I colloqui tra le 2 delegazioni, non vanno avanti, per la chiusura da parte della delegazione di Kiev che continua ad alzare la posta, senza preoccuparsi che ogni minuto che passa, civili inermi, per la verità pochi, quelli che sono rimasti sono soprattutto vecchi e malati, possono perire sotto i bombardamenti tra i due contendenti.
A questi si aggiungono i giovani (uomini e donne) costretti dal governo di Kiev ad imbracciare una mitragliatrice. Mosca va avanti imperterrita per de-nazificare la società ucraina. È l'unico paese d'Europa dove il battaglione di paramilitari nazisti, Azov, è costituzionalmente riconosciuto, come accadde con le truppe irregolari di Bandera durante la seconda guerra mondiale, che combatterono al fianco dei nazisti contro coloro che oggi li sostengono, Stati Uniti, Germania, Ue e Regno Unito. Kiev, mesi prima del conflitto, è stata rifornita di armi dal PentaAto e dalla Ue con cui  possono continuare a resistere al potente esercito russo. Gli aiuti militari per l'Ucraina continuano ad arrivare nei paesi di Confine, Polonia, Moldavia e Romania, l’Ungheria nonostante sia un Paese NATO, ha rifiutato di far transitare armi sul suo territorio.
Mentre l'Ucraina è impegnata sul campo di battaglia, l'occidente continua ad infliggere sanzioni contro la Russia, sperando così, di piegare il fiero popolo russo. Non hanno imparato nulla dalla seconda guerra mondiale?
Dopo quasi tre settimane di conflitto, la situazione sul campo è però abbastanza definita, vede le truppe di Mosca che sono avanzate sino alle porte della capitale, sono pronte, attendono solo la stoccata finale, prima di lasciare la terra ucraina. A sud del paese i principali centri lungo la direttrice che unisce il Donbass alla regione di Odessa, sono sotto il controllo russo. Da Kherson a Melitopol, stesso vale per la centrale atomica di Zaporozhe; ad est grandi città come Kharkiv e Sumy rimangono sotto la pressione russa; ad ovest nella regione di Leopoli, al confine con la Polonia, i russi hanno lanciato una pioggia di missili e massicci bombardamenti sul Compound di Yavoriv, distrutte le strutture militari e strategiche oltre ai depositi di armi occidentali. Nell’attacco sono rimasti uccisi numerosi mercenari al servizio del PentaATO, tra cui olandesi e tedeschi.
Dall’Ucraina, il regime di Kiev ha lasciato partire solo i civili; donne, bambini e uomini non in grado di combattere. Tutti gli altri, fino ai 60 anni di età, sono stati obbligati ad imbracciare un’arma dopo una approssimativa formazione. Ora che abbiamo una conoscenza su quanto sta accadendo in Ucraina, andiamo ad analizzare i possibili stakeholder che potrebbero accadere nel medio lungo periodo. Ovvio che ogni scenario, può avere un'altra risultante se dovessero mutare le variabili allo status quo.

1° Stakeholder i russi escono vincitori

Nei prossimi giorni la Russia  intensificherà attacchi mirati sugli obiettivi strategici delle principali città già assediate, nel sud e nell’est del Paese. Contemporaneamente darà l'assalto alla capitale e alla strategica città industriale di Odessa. Con la presa di Odessa e il controllo delle sue raffinerie, Kiev rimarrà senza carburante. I caccia saranno costretti a rimanere a terra e lo stesso accadrà per i carri armati, non in grado di poter difendere la città. Mosca approfitterà della difficoltà nell'esercito ucraino per cingere d'assedio la capitale, costringendo il governo nazista alla resa. Si stringe la morsa a tenaglia per congiungere le truppe da Nord, tra Sumy e Kharkiv, e da sud, dalla Crimea. Il presidente Putin non ha nessun interesse ad un conflitto lungo che avrebbe ripercussioni negative anche tra il suo entourage.
Gli strateghi di Putin devono spingere sull’acceleratore per concludere a proprio favore la campagna ucraina. Avrà costi in vite e in “effetti collaterali" ma non può per questo rallentare se vuole uscirne vincitore. Mosca non deve cedere in questo momento, quando gran parte della vittoria è nelle mani dei russi, agli appelli e proclami della comunità internazionale.
Anche il presidente Zelensky capirà che la guerra per il suo esercito, sarà impossibile da vincere sul campo e il costo umanitario sarà altissimo. Alzerà la bandiera bianca in segno di resa e sono sicuro che, come un agnellino accetterà di riprendere i colloqui di Minsk da dove si erano interrotti.
Non sarà una resa indolore per l'Ucraina, oltre alla Crimea, Kiev dovrà riconoscere l'indipendenza
delle regioni del Donbass, le repubbliche di Donetsk e Lugansk, riconosciute indipendenti dalla Russia prima che scattasse l’invasione di febbraio. Ma Putin non si fermerà qui, la vittoria della Russia comporterà per l'Ucraina un’ulteriore ridefinizione dei confini, con una sostanziale spartizione dell’Ucraina. Anche l'Oblast di Odessa non è così più sicuro che rimanga Ucraina. Per la Russia, Odessa rappresenta un simbolo, una ferita profonda. La città del sacrificio, dove centinaia di russi sono stati trucidati nel palazzo del sindacato dal Regime di Kiev.

2° Stakeholder gli ucraini escono vincitori

Questo potrà verificarsi solo se lo stratega Putin, uomo dalla viva intelligenza, su un piano cartesiano avesse tralasciato qualche variabile. Ma è pressoché impossibile per un uomo abile nel dipanare le matasse di un gomitolo di dati intrecciati. Lui è l'uomo che con pazienza e tenacia saprà sciogliere i nodi che gli si presentano. Chi è abile giocatore di  scacchi sa sempre come dare lo scacco al re, senza bisogno di arrocco. Ma ammettiamo che accadesse che Putin, per lo stess di questi giorni, abbia perso l'orientamento e si trovi imprigionato in un labirinto senza apparente via di uscita. Putin ha sottovalutato la resistenza ucraina ben armata dall'occidente nei mesi precedenti il conflitto e le sue forze armate non sono in grado di sfondare il fronte. Il suo amico fraterno Lukashenko, presidente della Bielorussia, decida di non concedere più le basi militari del Belarus alle Forze armate russe per non farsi coinvolgere nel conflitto tra stati confinanti. Il ponte di aiuti militari da parte dell'occidente alle forze armate ucraine venga rafforzato e altri paesi di confine offrissero le proprie basi per gli aiuti militari, penso Polonia e Finlandia. Kiev si sentirebbe galvanizzata e i suoi generali con il supporto dei consulenti NATO hanno tutto il tempo di riorganizzare la difesa e respingere in uno dei tre fronti aperti, centro, sud o est le forze armate russe demoralizzate. Per Putin si aprirebbero problemi interni, e le sanzioni degli Stati Uniti ed Europa che stanno portando al collasso l'economia russa, avranno pesanti ripercussioni sull'establishment del Cremlino e non solo. In caso di downgrade della Russia, anche gli stretti rapporti con la Cina e altri partner storici si deteriorebbero. La Russia sarebbe isolata sul piano internazionale, verrebbero chiusi spazi aerei e rotte di navigazione in acque internazionali. La Cina prima di finire nel tritacarne dell'occidente è pronta a rompere la fratellanza storica con Mosca. Putin con i suoi falchi e i generali saranno costretti a ritirare l'esercito dall'Ucraina, la sua immagine ne uscirà irrimediabilmente danneggiata. La Russia perderà la posizione di 2° Potenza Mondiale ottenuta dopo anni di profonda trasformazione dello Stato russo. Al presidente Putin non resterà che dimettersi, se non lo facesse per lui ci sarebbe l’impeachment e verrebbe destituito. Al suo posto Washington istituirebbe un presidente fantoccio manovrato dall'Ambasciata USA di Mosca e contornato da un governo di colombe gestite dalla CIA. Le truppe russe si ritireranno dall'Ucraina senza condizioni, lasciando un paese devastato, che Zelensky e chi verrà dopo di lui dovrà ricostruire con un sostanzioso Piano Marshall.

3° Stakeholder nessuno dei contendenti risulta vincitore

Nonostante la notevole forza militare messa in campo dalla Russia, le colonne militari avanzano lentamente verso la capitale. Le forze armate ucraine resistono contro l'armata rossa, e Kiev circondata non getta la spugna.
I successi russi lampo nei primi giorni, diventano sempre più sofferti sul fronte orientale del fiume Dniplaro, che divide l'Ucraina in due parti, la zona orientale del Donbass filo russa da quella occidentale filo europea. Le città ucraine nonostante i massicci bombardamenti non firmano la resa. Uno dopo l'altro vengono distrutti tutti i Target sensibili e strategici del paese, ma gli ucraini resistono. La diplomazia nella situazione di stallo, fa breccia nel governo di Kiev. Mosca messa di fronte alla inaspettata resistenza ucraina e alle pesanti sanzioni occidentali, opta per un compromesso dopo aver valutato i punti di forza e debolezza. Sulla stessa linea di Mosca si pone anche Kiev dopo aver avuto contezza dell'impossibilità di una vittoria militare. Il presidente ha capito che senza un aiuto militare della NATO l'Ucraina non ha speranza. Un presidente egocentrico che non ha capito che l'intervento della NATO avrebbe scatenato la 3° Guerra Mondiale. Ma si è rinsavito e ha accettato di sedersi al tavolo con i russi sperando di ottenere il più possibile dalle trattative.
Mosca metterà sul tavolo le sue condizioni per il ritiro delle forze armate sino a una linea concordata con Kiev, in cambio della neutralità dell'Ucraina. Il presidente Zelensky chinerà il capo e sottoscriverà il protocollo. Dopo questo primo trattato di accettazione da parte di Kiev, si passerà a quello allargato  che unirà al tavolo Russia, Stati Uniti e Europa, una rivisitazione di quello di Yalta del febbraio 1945, in cui verranno sottoscritti trattati segreti, una sorta di Argonaut 2.0, con cui si deciderà il nuovo assetto per la sicurezza dell'Europa.

4° Stakeholder il casus belli e la 3rd World War

La proxy war non armata della 3rd WW tra Russia e Stati Uniti, parte da lontano, dalla dissoluzione dell’Impero sovietico nel 1991. In questo range lungo 30 anni, abbiamo assistito alla rivoluzione arancione del 2004, passata sotto silenzio sugli organi di stampa, fu un grave errore, che ancora oggi paghiamo. All'indomani delle elezioni presidenziali del 21 novembre 2004 a Kiev, esplosero dure proteste per i risultati usciti  dalle urne. Lo sfidante di Viktor Janukovyc (delfino dell’ex presidente Leonid Kucma), Viktor Juscenk contestò i risultati.
Non convinto del consenso ottenuto, lanciò lo spauracchio dei brogli, presentò formale denuncia alla Commissione Elettorale per il riconteggio dei voti, chiedendo particolare attenzione alle schede nulle. Invitò i suoi sostenitori ad occupare Piazza Indipendenza, fino alla concessione da parte del Comitato elettorale della ripetizione della consultazione. Le proteste consistenti pacifiche di piazza, spinsero la Corte Suprema ucraina ad invalidare le elezioni e a fissare nuove consultazioni per il 26 dicembre. Dalle nuove consultazioni uscì vincitore Viktor Juscenko, con il 52% dei voti contro il 44% del suo sfidante. Il 23 gennaio 2005 il nuovo presidente si insediò.
Arriviamo al 2014, il popolo scende nuovamente in Piazza Indipendenza contro il governo di Kiev, riprendono i moti già visti nel 2004, il presidente Viktor Janukovyc, nel frattempo tornato presidente, è costretto a dimettersi, mentre nella piazza arancione (Majdan), la protesta alimentata dall'Ambasciata USA a Kiev e dal suo vicepresidente Joe Biden, cresce. L’Ucraina si spacca in due, la zona orientale (Donbass) filo russa rimane fedele al presidente Janukovyc, mentre quella occidentale si avvicina alle posizioni europee e USA. Kiev scatena nelle principali città del Donbass (zona orientale), una feroce guerra fratricida, Mariupol, Dnipro (importante porto fluviale), Kharkiv e Donetsk, vengono bombardate quotidianamente con artiglieria pesante. L'Oblast di Donetsk, è abitata prevalentemente da cittadini di lingua e cultura russa e fa parte di una delle due repubbliche autoproclamate del Donbass, riconosciute da Mosca. I territori geograficamente appartengono all'Ucraina, ma dal 2014 si sono resi indipendenti, dopo che Kiev ha risposto al dialogo con le armi. Anche la città di Luhansk, abitata da circa 410mila persone, prevalentemente da russi frontalieri che quotidianamente, attraversano il confine per recarsi a lavoro in Russia, è stata per 8 anni assediata dalle forze armate di Kiev e dai battaglioni paramilitari Azov.
La città di Kharkiv importante centro urbano con circa 1.5milioni di abitanti, seconda città più popolosa del paese, è l'ultima roccaforte dove sono in corso violenti combattimenti tra forze armate ucraine e le forze russe. Kharkiv è cruciale per il governo di Kiev è situata su un importante snodo stradale per raggiungere la capitale.
Dall'annessione della Crimea da parte della Russia nel 2014 con il Referendum, i rapporti tra Mosca e Washington sono diventati tesissimi. Ambe due si sono scontrati per porre l'Ucraina sotto la propria sfera di influenza. L'ex repubblica sovietica, è per la Russia strategica, per gli interessi e la sicurezza nazionale, la sua posizione la rende uno stato cuscinetto tra i paesi della NATO e la Federazione russa. Gli Stati Uniti l'hanno usata come ariete per erodere il fianco occidentale russo e indebolire lo Zar di Mosca.
Nel momento in cui ci troviamo, basta la fiammella di un fiammifero per allargare il conflitto ad altri paesi dell'ex Unione Sovietica, Polonia e Romania. Il casus belli potrebbe essere innescato da un incidente reale o fittizio, che coinvolga direttamente le forze armate russe con un paese europeo NATO. Gli Stati Uniti e gli altri paesi del Patto saranno costretti ad intervenire per difendere il paese aggredito.
L'incidente è stato sfiorato alcuni giorni fa, durante l'attacco contro la base militare ucraina a pochi km dalla Polonia. La Russia ha però usato in gergo “il rischio calcolato”, si è avvalsa di missili chirurgici a guida laser per evitare che un suo missile fuori controllo potesse colpire o abbattere aerei della coalizione sul territorio polacco. In ogni caso è stata istituita una linea codificata diretta, come già accaduto in Siria, tra i vertici militari di Russia e Stati Uniti, proprio per evitare incidenti. Non a caso gli Stati Uniti e la NATO, nonostante le pressioni del presidente ucraino, hanno rifiutato l’istituzione di una no-fly-zone sui cieli dell’Ucraina che implicherebbe l’intervento diretto militare delle forze occidentali. C'è un altra variabile da considerare, cosa farà Mosca se da occidente si continua ad armare con armi moderne l'Ucraina? Prevedo che Mosca abbia due scelte, una già vista con l'attacco millimetrico alla base militare di Yavoriv, un segnale forte inviato all'occidente, la seconda più drammatica, Mosca potrebbe  finalmente svelare le sue armi segrete, tanto temute, ma mai viste in azione. Avremo modo di conosce i temuti ICBM ipersonici in grado di polverizzare in pochi secondi megalopoli ad ogni latitudine. Se così fosse attendiamoci l'Armageddon delle battaglie, la vita sulla terra cesserà di vivere e con esso l'egotismo umano.


*Analista Geopolitico
Ultimo aggiornamento Giovedì 17 Marzo 2022 14:13
 

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