Scontro Ungheria / UE |
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Venerdì 09 Luglio 2021 10:55 |
POLITICA / 8 LUGLIO 2021 Si apre un nuovo fronte tra l’Unione Europea e l’Ungheria nel quadro delle complicate relazioni che dividono da tempo Budapest e Bruxelles: sono sempre più insistenti le voci che indicano possibile per il governo di Viktor Orban una bocciatura del piano presentato all’Ue per il Recovery Fund. L’Ungheria avrebbe in teoria dovuto ricevere 7,2 miliardi di euro nel quadro di Next Generation Eu da destinare a politiche per la crescita e investimenti strategici, ma Bruxelles contesta a Budapest un mancato rispetto delle milestone e delle necessarie riforme richieste, oltre che una potenziale opacità nell’utilizzo dei fondi. La questione è particolarmente spinosa perché si va a sommare alle polemiche sulla procedura d’infrazione che pende su Budapest per la controversa legge sulla propaganda Lgbt. Definita “una parata da circo” dal leader magiaro, messo sotto pressione da Ursula von der Leyen e da diversi leader del Vecchio Continente. Per quanto estremamente complesse ed entrambe afferenti la complicata sfera dei rapporti tra Ungheria e Unione Europea, le questioni sono slegate e da tenere su piani separati. Pur contribuendo a un generale clima di sfiducia politica che non consente di trovare reali spazi di mediazione. La problematicità del tema è legata in primo luogo alla sostanziale irriducibilità delle pretese di Budapest e Bruxelles. L’Ue vuole passi nella sua direzione da parte dell’Ungheria sul fronte dell’adesione alle regole sull’accoglienza dei migranti, lo Stato di diritto, l’integrazione comunitaria. Orban non manca mai di sottolineare come l’Europa continui a intromettersi nella sovranità nazionale ungherese e anche Judit Varga, ministro della Giustizia del governo, in una conversazione con Il Giornale ha sottolineato che “nessuno può ricattarci su basi politiche, nessuno può impoci i migranti, nessuno può toglierci i soldi dovuti all’Ungheria e al popolo ungherese”. La Varga sottolinea certamente un tema fondamentale del contrasto Ue-Ungheria. A cui bisogna aggiungere i rilievi concreti evidenziati dalla Commissione sul Pnrr ungherese. A Budapest viene richiesta un’azione incisiva che porti a una crescente lotta alla corruzione, alla riforma degli appalti pubblici, all’aumento della concorrenza. Orban, in quest’ottica, si trova a un bivio. Nella consapevole contraddizione che anima la sua agenda politica, il premier magiaro sa di aver bisogno sia della critica sistemica all’Unione sia dei fondi di coesione e rilancio del Vecchio Continente. Negli ultimi cinque anni Budapest ha ricevuto fondi comunitari che hanno mediamente contribuito al 7,2 per cento della spesa pubblica ungherese (pari nel 2019 a oltre 65 miliardi di euro), utilizzati per creare posti di lavoro, rilanciare le opere pubbliche, rafforzare il welfare. A partire dal 2010, anno del ritorno al potere di Orban, i fondi di coesione sono stati sagacemente utilizzati per costruire un sistema che ha indubbiamente rilanciato il Paese ma anche creato un connubio sistemico tra l’agenda del governo, le priorità del partito di Orban, Fidesz, e determinati settori della società ungherese. Come scrive Foreign Policy, Orban in questi anni “ha avuto modo di centralizzare il potere, di monopolizzare i media e costruire una rete di patronati locali fortemente dipendenti dagli intermediari regionali del partito”. Il consenso per Fidesz ha monopolizzato “gli impieghi pubblici, le compagnie statali, le istituzioni e il complesso degli appalti per i lavori finanziati dal bilancio pubblico”. Incarnazione del matrimonio tra il partito e lo Stato sono i nuovi ricchi del Paese, legati ai settori in cui il matrimonio tra politica e impresa è una costante strutturale. Spicca tra questi il magnate dell’energia Lorinc Meszaros, amico d’infanzia di Orban originario della medesima cittadina di provincia, Felcsut, del primo ministro, il più celebre tra i nuovi miliardari magiari. Questi temi, chiaramente, esulano dalla polemica, in larga parte pretestuosa, sulla presunta legge “anti Lgbt”, ma segnalano un punto di caduta importante su cui la trattativa tra Ungheria e Ue rischia di incagliarsi: Budapest è troppo abituata a un preciso uso sovrano dei fondi comunitari per abituarsi a veder la sua azione incasellata dalle maglie di Next Generation Ue; Bruxelles, parimenti, trasferisce sul Recovery magiaro le pressioni politiche che si accumulano altrove e dà l’impressione di un atteggiamento punitivo verso l’Ungheria. Il rischio è quello di un dialogo tra sordi in cui le opposte ragioni si annullano e in cui la rottura politica appare sempre dietro l’angolo. Dalla guerra di nervi allo scontro politico aperto il passo è breve: e una bocciatura del Recovery di Orban può avere effetti imprevisti per l’Europa intera. |
Ultimo aggiornamento Venerdì 09 Luglio 2021 11:05 |
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