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Notizie - Editoriale
Venerdì 07 Febbraio 2020 20:31


 

 

  • Industria: Chi la fa, l’aspetti! Herr Eternit alias Stephan Schmidheiny, il magnate svizzero proprietario della Eternit, condannato a 18 anni di carcere per disastro colposo dalla C.A. di Torino e in attesa dell’esito del ricorso per Cassazione, insulta l’Italia: "Un Paese fallito, io vi odio".

    Religione: Scherza coi fanti, ma lascia stare i santi! In chiesa adesso si canta “Bella Ciao” invece dell’Ave Maria.

    Economia: L’erba del vicino è sempre più verde! Le arance siciliane rimangono invendute perché più care, a causa dei maggiori controlli di qualità e costi di produzione, di quelle importate dal Nord Africa e dalla Spagna.

    Export: Lo sceicco del lapideo! Il marmo di Carrara è ora nelle mani degli arabi: la holding dei Bin Laden controlla il 50% della Marmi Carrara; l´export è nelle mani dei cinesi.

    Politica: “Sic transit gloria mundi”! Da vincente a zavorra. E la Casaleggio cestina Di Maio.

    Moda: Passaggio di proprietà! Cavalli è passata agli arabi, Versace agli USA, Crizia alla Cina, Valentino al Katar, Bulgari, Fendi e Gucci alla Francia.

    Arte: Gli asini litigano e i barili si sfasciano! Il Castello di Sammezzano (a solo titolo esemplificativo), un gioiello del nostro Paese, sta cadendo a pezzi per una lite tra i vari acquirenti. Cinesi, Arabi e Inglesi si sfidano a colpi di carta bollata.

    Business: Fuori gioco! Tra gas e inetta politica estera l’Italia sempre più fuori dalla Libia.

    Spettacolo: E il popolo paga! I cachet di Sanremo: il buon Benigni, per una sola serata, avrebbe chiesto 300mila euro. E Amadeus? Come anticipato da Laura Rio su il Giornale, il conduttore si intascherà la modica cifra di 500mila euro.

    Identità: Chi siamo! Niente bandiere in Parlamento. È una notizia che è passata quasi in silenzio: l’Unione Europea ha vietato le bandiere nazionali dentro l’aula del Parlamento Europeo. Questa norma fa parte del piano di distruzione preordinata di ogni identità nazionale. Ci vogliono sterilizzati, “qualunquizzati” e omologati alla mondializzazione capitalistica di cui l’Unione Europea è esecrabile espressione.

    Queste sono le notizie degli ultimissimi giorni.

    Orbene, lo svizzero - proprietario di Eternit - ci definisce falliti. Magari non avrà tutti i torti, ma certamente non gli compete ergersi a giudice della saccheggiata Italia, dal momento che a essere “sub iudice” in questo momento è lui e non l’Italia, sul cui territorio, alla faccia dei tumori polmonari, si è fatto una fortuna vendendo le famigerate piastre ondulate di amianto.

    Ma, detto tra noi, siamo davvero falliti? Ad un attento esame sembrerebbe di sì o quasi sotto diversi aspetti: nei valori, nelle tradizioni, nella politica, nell’arte, nell’economia, nella religione e nell’identità.

    Cosa resta, infatti, dell’Italia d´altri tempi, quando eravamo la quarta, si ripete quarta, potenza economica mondiale?

    All’alba degli anni Novanta eravamo più ricchi sia degli inglesi che dei francesi. I salari, è vero, non erano granché, ma il boom economico permetteva ad una grande parte della popolazione di avere un lavoro decoroso e una casa propria e se l’auto non era alla portata di tutti, Vespa e Lambretta offrivano locomozione e felicità.

    In sostanza eravamo più avanti ed emancipati dei vicini d’Oltralpe e di altri popoli europei. Non avevamo, come non abbiamo tuttora, materie prime, ma il manifatturiero italiano, contando su una popolazione di circa 50 milioni di abitanti, era all’apice della scala mondiale. Leggi e regolamenti europei oggi castigano la nostra industria e, parlando con i numeri alla mano, il fatturato interno della stessa oggi ha perso il 15,9% rispetto al 2008.

    Beh, allora quale arcano segreto si nascondeva in quell’Italia?

    Nessun segreto! “La democrazia - insegna l’intellettuale Giovanni Sartori - è sempre una “ideocrazia” (cioè, costruita sulle idee, dove le idee contano e si confrontano) e la sua qualità così come la sua sopravvivenza dipendono delle teste che dovrebbero pensarla e capirla”. E qui cominciano i problemi: negli anni Novanta le forze politiche al governo si trovavano in una fase di maturità democratica, oggi esse, per la loro composizione (acefale), sono purtroppo ritornate all’infantilismo e al dilettantismo politico.

    Non è facile ritornare alle buone pratiche del parlamentarismo e rendere operante una democrazia parlamentare se non ci sono parlamentari consapevoli del loro ruolo e delle loro funzioni: molti neofiti non hanno neanche l´idea di cosa si vada a fare e di come ci si comporti in Parlamento. L´ideologia non basta, ci vogliono i necessari ingredienti: onestà, cultura e preparazione. Si tratta di amministrare la "res publica" e non la "res privata".

    Le alchimie di alcuni politologi, a tal proposito, suggeriscono la necessità di una forte operazione pedagogica, ma perché arrivare a tanto? Rimane pur sempre una via d’uscita: basta eleggere chi è già capace e merita di rappresentarci per le caratteristiche personali e per il programma di governo.

    Per Gramsci una classe diventa dirigente quando sa indicare la soluzione concreta dei problemi e una diversa visione del mondo già prima di conquistare il potere. Ed è esattamente su questo punto che, allo stato attuale, la sinistra sta perdendo lo scontro politico con la destra!

    A guidare il Paese negli “anni dorati” dell´economia c’era gente con gli attributi: un tale Andreotti e un certo Craxi, personaggi non proprio “senza peccati” (e così si taglia ogni polemica con chi vorrebbe soltanto esecrarli), ma indiscutibilmente gli ultimi veri leader e statisti italiani di grande valore. Ed è questo l’aspetto che interessa per la nostra disamina.

    Il tandem Craxi-Andreotti consentì all’Italia, in tempi difficili, di riacquistare prestigio e reputazione in campo internazionale, attraverso una politica estera completamente autonoma e non imposta dall’esterno.

    Non si sta in Europa se non si risolvono i problemi nazionali”. È uno dei punti fermi di quel magico tandem Craxi-Andreotti. È la prima di molte altre condizioni che lascia un chiaro segno ai burocrati di Bruxelles: il pensiero unico non avrà il sopravvento sul pensiero identitario!

    Durante il governo Craxi, l'economia italiana è riuscita a riprendersi dai danni causati dalla seconda crisi petrolifera (1979) con dinamiche molto simili a quella del 1973 -1974: una forte impennata del prezzo del petrolio dovuto a un evento politico nello scacchiere asiatico (in quest'occasione si trattò della presa del potere da parte di Khomeini in Iran e della successiva guerra con l'Iraq di Saddam Hussein).

    Il governo Craxi è stato inoltre caratterizzato da importanti risultati economici: calo dell'inflazione e crescita del PIL italiano, che nel 1987 supera il PIL inglese, facendo così dell'Italia la quinta economia più forte del mondo, dopo Stati Uniti, Giappone, Germania e Francia.

    Andreotti, dal canto suo, supportato da una diplomazia preparata ed efficiente, sapeva trattare sapientemente e senza lasciare nulla al caso le questioni internazionali. In realtà, Craxi era pienamente sciente di essersi affiancato ad “uno degli uomini politici più brillanti e più durevoli nel tempo” dello scenario italiano e col maggior numero di incarichi governativi nella storia della repubblica. V´è di più, oltre che dalla cultura diplomatica, Andreotti era sorretto da una comprovata esperienza e da ottime relazioni internazionali che garantivano all’Italia una rispettabile presenza in politica estera.

    Purtroppo la tribunalizzazione della politica e le inchieste giornalistiche che avvennero dal 1992 al 1994 produssero come risultato il collasso del sistema politico già in vigore da un cinquantennio, in seguito etichettato come "prima repubblica".

    Il giustizialismo ha sovvertito e profanato il corso della storia italiana riformulandolo ed ha per giunta fatto apparire tutta la classe politica in auge come un’associazione delinquenziale, da condannare, punire ed eliminare.

    Oggi il Paese si è ridotto ad una canna al vento nell’immensa giungla internazionale. Questo è avvenuto perché a una classe dirigente matura ed esperta, ma coventrizzata dai magistrati e dagli untorelli di turno ne sono succedute altre formate nella cultura imposta dal mondo giustizialista e dal grigio pensiero unico che sta uccidendo la nostra civiltà.

    Adesso più che mai, a 20 anni esatti dalla morte dell'ex leader del Partito Socialista Bettino Craxi, si sente il bisogno di discutere e di indagare su chi abbia veramente architettato il primo colpo di Stato in stile postmoderno, conclusosi con il noto maxiprocesso denominato “Mani Pulite”.

    Avversari politici, gruppi economici?

    Non trascurabile, tra le varie ipotesi, una pista e cioè la manina complice degli USA, il cui servizio segreto soffiava alle Procure che Craxi era corrotto e Andreotti mafioso. E anche se l’informazione sapeva di vendetta ebbe un certo peso nell’ambito giudiziario. I fatti di Sigonella, in realtà, non andarono mai giù all’Amministrazione americana, abituata a imporre la propria volontà ai governi amici e non solo.

    Inoltre, Andreotti e Craxi - tra tutti i leader europei - sono stati coloro che di più hanno simpatizzato con i palestinesi. Si ricorda all’uopo la vicenda dei miliardi di All Iberian, che furono fuorviati da Craxi all’Olp. E quest´ atto “sgarbato” i capoccioni di Langley non lo hanno mai scordato!

    Infine, come se quanto sopra non bastasse, gli organi di stampa di proprietà di determinati gruppi economici fecero la loro parte supportando a tutto vapore la “purga” giudiziaria.

    Concludendo, la serie di notizie in epigrafe riportata è l’eredità di quel “giustizialismo”: un’Italia tecnicamente fallita, senza un governo stabile e senza leader politici capaci di governare resistendo a forze e pressioni esterne. In altre parole, un Paese svenduto, saccheggiato e ridotto a sorvegliato speciale di quell´Europa di cui, colmo dei colmi, è stato cofondatore.

    Un Paese, diremmo, non soltanto sconfitto, ma ahinoi, senza neppure l’onore delle armi!

G.& G. Arnò

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