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Il Sen. Micheloni celebra il 2 Giugno PDF Stampa E-mail
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Notizie - Cronache
Martedì 07 Giugno 2016 16:29
Discorso del senatore Claudio Micheloni pronunciato il 2 giugno 2016
al Consolato di New York e il 4 giugno 2016 a Casa Italia di Chicago

Signore e signori, cari amici,
innanzi tutto desidero ringraziare tutti voi che siete qui, a condividere la celebrazione del giorno in cui, 70 anni fa, milioni di cittadini italiani votarono per eleggere i membri dell’assemblea costituente e il referendum sulla forma dello stato tra monarchia e repubblica. Svolgerò una breve riflessione sul significato storico di quegli eventi, gettando uno sguardo sullo scenario attuale.
Cominciamo dalla Repubblica, facendo un passo indietro di quasi tre anni. L'8 settembre del 1943 Vittorio Emanuele III di Savoia, il governo Badoglio e i vertici militari scelgono di offrire ai nazifascisti la capitolazione di Roma, nonostante fosse totalmente ingiustificata dal punto di vista militare: le forze dell’esercito italiano erano nettamente superiori ai tedeschi di stanza a Roma e le truppe, così come i comandanti delle divisioni, per non parlare della popolazione civile, erano ben disposte a combattere.
Scrisse un importante partigiano e storico della Resistenza, Roberto Battaglia:
"La fuga di Pescara sancisce definitivamente la separazione tra monarchia e popolo, né può essere più cancellata. E lo stesso sovrano, o chi gli è più vicino, non può prevederne le conseguenze, poiché non prevede in nessun modo che quel popolo, cosi abbandonato al suo tragico destino, possa esprimere una propria volontà autonoma; non può prevedere che lo stesso 8 settembre possa trasformarsi nel principio della rinascita.”
Il 2 giugno, dunque, rappresenta la chiusura definitiva della fase più drammatica del novecento italiano, e la prima pagina di una storia nuova.
Questa nuova storia, questa nuova Repubblica, è nata quindi grazie alla Resistenza, civile e militare, grazie alle nazioni democratiche e antifasciste, con gli USA in prima linea, e anche, mi sembra giusto ricordarlo oggi qui, ma non solo qui e non solo oggi, grazie ai sacrifici e alle sofferenze di una categoria particolare di italiani. Prima di partire mi sono imbattuto in un breve video, il promo di un documentario di Marco Curti presentato al festival indipendente di New York nel 2013, che spero di vedere integralmente quanto prima: Fighting Paisano. Vi si racconta la vicenda di quegli italoamericani che si trovarono a combattere per la loro nuova patria, contro quella vecchia. O meglio, dovremmo dire, che combatterono con l'esercito della loro nuova patria, per liberare quella vecchia e garantirle un futuro di democrazia e benessere.
Ma voglio dirlo con le parole di Gene Giammobile, un emigrante abruzzese, che restituiscono il travaglio profondo di quell'epoca:
“Scelsi l'America come paese adottivo, ma non venitemi a dire che ero un nemico interno, perché... ho combattuto contro la mia gente!".
Voi queste cose le sapete, e le capite, per cui dirò poche parole sull'oggi per concludere. In questi mesi, in Italia si discute una riforma della Costituzione che si cominciò a scrivere 70 anni fa. Non entrerò nel merito della riforma, e della mia contrarietà a questa riforma, che esprimerò votando no al referendum che si dovrebbe tenere nell'autunno di quest'anno. Voglio solo trarre qualche spunto dalle vicende che ricordiamo in questa occasione, per inquadrare meglio ciò che accade, non solo in Italia, nel mondo di oggi.
Le costituzioni non sono intoccabili, ci mancherebbe: possono e devono essere aggiornate, adeguate alla società contemporanea. Ma è fondamentale che, nel farlo, si sappia sollevare lo sguardo dalle contingenze del momento e dalle convenienze di parte, perché quando si scrive o si modifica una Costituzione occorre ragionare a lungo termine, non in base alla prossima scadenza elettorale; si deve cercare di comporre i valori e gli interessi dell'insieme del popolo, non di una sua parte.
In Europa, per esempio, non ci siamo riusciti, e i risultati sono sotto i nostri occhi: un continente che ha saputo costruire, bene o male, 70 anni di pace dopo una guerra civile costata decine di milioni di morti, si sta disunendo se non peggio di fronte a pochi milioni di profughi.
Signore e signori permettetemi un pensiero per tutti quei bambini, quelle donne e quegli uomini che continuano a morire nel mare Mediterraneo, nel mare nostro, quegli esseri umani muoiono sulle strade che percorrono alla ricerca della salvezza, della sopravvivenza dalla guerra e dalla fame. Muoiono per colpa delle guerre e della fame ma anche per colpa della miseria culturale umana, della cieca e vigliacca politica europea di oggi. Ma voglio qui dire tutto il mio orgoglio di essere italiano, l'orgoglio di sostenere questo governo e i governi precedenti, perché l'Italia, malgrado l'Europa e la sua cieca politica, non costruisce muri ma salva vite umane.
Concludo sul tema di oggi : Piero Calamandrei, parlando all'assemblea costituente, che fu eletta il 2 giugno di 70 anni fa, fece un discorso molto critico sui compromessi e le ambiguità che lui, da sommo giurista quale era, aveva individuato nel testo costituzionale, e a chi gli contestava un modo di vedere le cose troppo teorico e troppo poco politico, disse: “Credete, voi che vi intendete di politica, che sia proprio una buona politica quella consistente, quando si discute una Costituzione, nel presupporre sempre che in avvenire il proprio partito avrà la maggioranza, e nel disinteressarsi, in tale presupposto, della precisione e della chiarezza tecnica dei congegni costituzionali?”
Spesso dico che ovunque vada, soprattutto in Europa, riscontro una profonda crisi della rappresentanza democratica, del rapporto tra cittadini e politici; ma solo in Italia, a mio avviso, questa crisi investe non solo i soggetti politici, i partiti, ma le stesse istituzioni democratiche. Già da tempo, e a maggior ragione, temo, di qui in avanti, ascoltiamo una propaganda che ci invita a considerare le istituzioni come fossero bistecche, a chiederci: quanto costano? Quanto costa la democrazia?
Ecco, io sono contro tutti gli sprechi, gli eccessi e i privilegi della classe politica, ma se vogliamo sapere quanto costa la democrazia – scusate la retorica, ma questa è la verità – dovremmo chiederlo a quei soldati italoamericani di cui vi ho parlato, a quei soldati italiani che non eseguirono gli ordini infami di una monarchia indegna, a quei cittadini che scesero in strada a Roma sulla via Ostiense per combattere i nazisti a mani nude, a quelle centinaia di migliaia di italiani che pochi mesi dopo salirono in montagna e restituirono al nostro Paese l'onore, la dignità infangata da venti anni di fascismo e cinque anni di guerra imperialista al seguito di Hitler.
Loro lo sapevano, quanto costa la democrazia. Cerchiamo di non dimenticarlo noi, che grazie a loro abbiamo vissuto in pace e libertà.

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