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Sen. Micheloni (PD) - Comunicato stampa PDF Stampa E-mail
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Notizie - Politica
Mercoledì 20 Gennaio 2016 17:42
 

 

Legislatura 17ª - Aula - seduta n. 563 del 20/01/2016

INTERVENTO IN AULA SENATORE CLAUDIO MICHELONI MICHELONI (PD).

Signora Presidente, questo non è un intervento facile per me, quindi vi chiedo un po' di pazienza. Per quanto riguarda il merito di questa riforma, vi prego di rifarvi al mio intervento in Aula del 15 luglio 2014, in quanto non cambio nulla di ciò che ho detto circa la mia contrarietà a questa riforma. Ho seguito il dibattito generale fino alla chiusura dei lavori dell'Aula di questa mattina e vorrei - se le opposizioni me lo consentono - dire due parole per ricordare alle amiche e agli amici dell'opposizione che in democrazia si può anche incorrere nella sfortuna di trovarsi un giorno nella maggioranza. E allora tutti gli eccessi verbali, tutti gli attacchi lontani dal buon senso e dalla logica del dibattito parlamentare torneranno come boomerang. Dunque, credo farebbe bene a tutti moderare un po' i toni. I discorsi di oggi riferiti alle dittature, ai politici attaccati alle poltrone e altre cose del genere un giorno potrebbero tornare indietro. Come ho già detto una volta (ma voglio ripeterlo perché sono convinto che sia il vero problema del nostro Paese) l'antipolitica è un problema che si sta affrontando in tutti i Paesi d'Europa. In Italia presenta, tuttavia, una differenze sostanziale, drammatica (che dovrebbe far riflettere tutti), che consiste nel fatto che l'anti politica ha raggiunto una tale violenza da trasformarsi in anti-istituzione: il nostro popolo oggi ha un rigetto delle istituzioni. Gli attacchi al senatore Micheloni (parlo di me per evitare riferimenti ad altri, ma vale per tutti i parlamentari e in generale per tutti i politici) sono attacchi giustificati, fanno parte delle regole della democrazia. Quando però questi attacchi, questa antipolitica ricade sulle istituzioni, vuol dire che non si controlla più niente in questo un Paese e allora si possono aprire scenari pericolosi e sconosciuti. Vorrei dunque (è un desiderio quello che esprimo) che tutti abbassassero i toni quando si parla di questo tema. C'è poi una cosa che mi preoccupa molto. Da diversi mesi siamo bombardati di mail sulla questione delle unioni civili. Per carità, un problema serio che riguarda alcune decine di milioni di nostri cittadini. Ma sulla riforma costituzionale ciò non è avvenuto. Non ho subito attacchi di questa portata e questo mi preoccupa perché dimostra qual è la sensibilità del nostro popolo nei confronti delle istituzioni. Ma ovviamente questo fatto incide sul mio essere contrario a questa riforma della Costituzione. Annuncio in questa sede che farò campagna referendaria contro questa legge, aderirò ai comitati referendari per il no e posso anche anticipare che all'estero, in Europa, dove vivo, si stanno preparando comitati per il no. Ma ora vediamo perché sono contrario? Come ho dichiarato pocanzi, nel merito mi sono espresso già nel 2014, e le cose dette restano valide. Sono contrario perché penso che il sistema che ci viene proposto oggi non funzioni per il nostro Paese, che addirittura sia pericoloso per il nostro Paese e che non possa garantire la coesione della Nazione. Abbiamo a tale proposito un altro problema in Italia: non c'è il senso dello Stato, il senso di appartenenza ad una comunità nazionale. Per questo, il sistema proposto non fa che aggravare questo problema, così come questa riforma non dà risposte alla distanza che si è creata tra il cittadino e le istituzioni, anzi, credo che aggravi tale aspetto. Per questo motivo sono contrario alla riforma.

Dunque, una riforma è necessaria? Sì, una riforma è necessaria. Diversi colleghi si sono impegnati molto meglio di me nel proporre interventi per riformare questa nostra Costituzione, modernizzarla, per rendere più governabile il Paese attraverso il superamento del bicameralismo. Si sono avanzate numerose proposte ma non sono state accolte. Quando si dice che qualcosa non funziona, mi torna però sempre in mente un proverbio francese, che recita così: «I cattivi operai hanno sempre cattivi attrezzi» (non so se si dica così anche in italiano). Forse allora, se il sistema non funziona è perché non siamo buoni operai? Non sappiamo far funzionare questo sistema? Dovremmo fare anche una riflessione su noi stessi. Voglio, inoltre, toccare un aspetto che mette in evidenzia i limiti e i problemi del sistema proposto da questa riforma. Mi è stata comunicata un'informazione a cui non voglio credere (la considero una bufala monumentale), tuttavia (sperando che sia una bufala), il solo fatto che qualcuno ci abbia pensato dovrebbe farci preoccupare su che tipo di sistema potrà un giorno essere utilizzato. Da eletto nel collegio estero, avevo proposto di togliere i deputati dalla Camera che ha la facoltà di dare la fiducia al Governo, perché ritenevo un passo avanti, per la comunità che qui rappresento, essere svincolata dal rapporto di fiducia con il Governo e quindi essere presente solo nella Camera che non dà la fiducia ma che esprime bisogni, direttive e proposte di azione. Neanche questa proposta è stata accolta. Ebbene, tornando alla bufala che circolando in queste ore. Dicono che sia in discussione un accordo tra il MAIE - Movimento associativo italiani all'estero (che ha qui un senatore e due o tre deputati alla Camera) ed il collega Verdini per ottenere una modifica della legge elettorale sull'obbligo di residenza all'estero, prevedendo candidature all'estero, in Europa, tramite il MAIE, di alcune persone. Ripeto: mi auguro che sia una bufala, comunque lo capiremo se ci verrà proposto di modificare quella legge. Questo è preoccupante per il pensiero che sottende. Concludo dicendo che il mio voto lo determinerò oggi, senza però nascondere il motivo per il quale non lo annuncio adesso: per rispetto della mia storia, per rispetto (e mi rivolgo alla collega Nugnes, che dice che noi abbiamo avuto solo rigurgiti o che siamo legati a queste poltrone) di mia moglie e dei miei figli, che hanno vissuto senza di me perché ho trascorso la mia vita per la politica. Ho vissuto per la politica e non della politica. La mia famiglia ha vissuto del mio lavoro di costruttore in Svizzera e non di quello che ho guadagnato facendo politica. Oggi, come me diversi altri colleghi, siamo qui a perdere soldi perché ce lo possiamo permettere, avendo lavorato prima. Dunque, per rispetto di queste persone, non posso prendere il rischio di essere io questa sera a far sì che questa riforma passi con i voto di un'altra forza politica e non del partito al quale ancora appartengo. Questo è il dubbio che ho. Per quanto riguarda la riforma in sé, il mio parere resta quello annunciato, anche la mia intenzione di fare campagna contro di essa, ma questo nulla ha a che vedere con il rapporto di fiducia con il Governo. Voglio anche chiarire con i colleghi, con i quali ho fatto battaglia durante le prime letture, che se devo rimproverare qualcosa a questo Governo rimprovero l'insufficienza di alcune decisioni e delle azioni compiute. Il job act non mi ha convinto perché non ci ha portato ancora in un sistema nordeuropeo della gestione del lavoro, e non per i motivi descritti dalla stampa italiana. Non mi sta bene perché non ha modernizzato le regole del lavoro, come avviene in tutto il Nord-Europa, area in cui dobbiamo essere competitivi. Questo Governo, che sostengo, non mi sta bene, perché nella pubblica amministrazione non ha fatto abbastanza. Proponiamo da tempo la riforma del Ministero degli esteri e non ce n'è ombra. Questi sono i motivi per i quali ho dei problemi con l'attuale Governo, non è per il gusto di fare opposizione o per mancanza di fiducia. Pertanto, questa sera mi assumerò le mie responsabilità, come ho sempre fatto nella mia vita. Poi, all'interno del mio partito, chi di competenza deciderà quali saranno i rapporti futuri.

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