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Notizie - Cronache
Lunedì 18 Gennaio 2016 20:32

I protagonisti che combattono contro lo Stato islamico sono molti e molto diversi tra loro. Non solo il grande scontro tra Russia e America, ma anche il ruolo degli Hezbollah libanesi e delle forze iraniane della Brigata al-Quds, guidata dal generale Qasem Soleimani. Per cercare di comprendere un po’ di più lo scacchiere siriano e iracheno abbiamo intervistato Matteo Bressan, analista presso il NATO Defense College Foundation.

Gli Hezbollah libanesi sono stati i primi a schierarsi contro i jihadisti siriani in generale e l’Isis in particolare. Come mai?

Le ragioni dell’intervento militare di Hezbollah in Siria sono molteplici. In primo luogo, c’era la necessità di puntellare le capacità militari del regime di Assad, sia fornendo assistenza e formazione all’esercito siriano sia combattendo direttamente i vari gruppi dell’opposizione. Il Partito di Dio doveva poi garantire le vie di comunicazione tra Damasco e il Libano dalle incursioni dei ribelli e questo spiega il motivo per il quale buona parte delle operazioni di Hezbollah si sono concentrate lungo il confine tra il Libano e la Siria. Infine, ma non ultimo per importanza, prevenire, qualora fosse caduto Assad, la nascita di un possibile regime sunnita al confine con il Libano. Non ci sono dubbi sul fatto che questa scelta non sia stata compresa da tutto il mondo arabo che aveva visto Hezbollah sostenere le primavere arabe in Egitto e in Libia e che, invece, sin dal 2011, aveva manifestato le sue perplessità nei confronti delle rivolte siriane. Non è un caso che il Partito di Dio abbia inviato i propri miliziani in Siria sin dal 2012, quando il regime di Assad sembrava sull’orlo del collasso e quando ormai la Siria stava diventando il campo di battaglia di attori esterni e gruppi estranei all’originaria protesta. Inoltre questa scelta ha avuto ed ha tutt’ora importanti implicazioni geopolitiche sia in Libano che nel contesto siriano. Se è vero che l’intervento militare di Hezbollah al fianco di Assad ha scatenato un durissimo dibattito politico in Libano tra il blocco dell’8 marzo, la coalizione composta dai cristiani del Generale Aoun, il movimento sciita Amal ed Hezbollah, e il blocco del 14 marzo, capeggiato dal leader sunnita Saad Hariri, alleato dei partiti cristiani di Amin Gemayel e Samir Geagea, è altrettanto vero che questa scelta ha introdotto elementi di novità all’interno degli equilibri nell’area. Non si può, infatti, non notare come Hezbollah, partecipando alle operazioni militari in Siria al fianco dell’esercito di Assad, sotto il coordinamento degli iraniani e soprattutto con il supporto dell’aviazione russa, sia divenuto a tutti gli effetti un partner della coalizione contro lo Stato Islamico voluta dal Presidente russo Vladimir Putin. Naturalmente la scelta di Hezbollah di scontrarsi con i vari gruppi jihadisti operanti in Siria ha avuto sino ad oggi un prezzo molto alto in termini di vite umane ed ha esposto lo stesso Libano alle rappresaglie dell’Isis, come avvenuto con gli attacchi dello scorso 12 novembre a Beirut, costati la vita a 51 persone. Ancora oggi, tuttavia, Hezbollah ritiene che, senza il suo intervento militare, probabilmente i vari gruppi combattenti che oggi imperversano in Siria avrebbero minacciato lo stesso Libano e ne avrebbero messo a rischio la stessa sopravvivenza. Naturalmente non tutta l’opinione pubblica libanese si riconosce in questa posizione e molte sono le incognite e le insidie che incombono sui futuri assetti del Libano nel momento in cui verranno ridefiniti gli equilibri all’interno della Siria.

Concretamente come agisce l’Iran in Siria e Iraq? Quali sono i suoi obiettivi?

L’Iran, che proprio in queste ore sta raggiungendo un traguardo storico con l’eliminazione delle sanzioni, si appresta a tornare a giocare un ruolo fondamentale nell’area. A cominciare dalla collocazione geografica l’Iran ha delle grandi potenzialità per interpretare pienamente il ruolo di mediatore euroasiatico ma l’instabilità nell’area e la vicinanza con altri importanti competitors regionali quali Arabia Saudita, Iraq, Turchia e Pakistan lo espongono a rischi e vincoli. Nei casi specifici di Siria ed Iraq l’Iran esercita la sua azione attraverso il ruolo delle Brigata al-Quds, le forze speciali per le operazioni all’estero dei Pasdaran comandate da una delle personalità di maggior spicco della Repubblica islamica: il generale Qasem Soleimani. Soleimani è considerato l’architetto delle operazioni militari iraniane all’estero, è l’uomo che ha pianificato la strategia di contenimento dei ribelli anti Assad ed ha svolto inoltre un ruolo chiave nel fronteggiare l’espansione dell’Isis in Iraq e sostenere l’esercito iracheno nella riconquista di Tirkit e Ramadi. Attualmente sarebbero all’incirca 30 le milizie sciite sotto il coordinamento iraniano attive in Siria composte da combattenti provenienti da Iraq, Bahrein, Iran, Yemen, Afghanistan, Libano. Un dispiegamento di forze che fa comprendere il livello di scontro tra l’Iran da una parte e l’Arabia Saudita e le monarchie del Golfo dall’altra e che non facilita la ricomposizione delle fratture confessionali attualmente in atto, soprattutto in Iraq. Uno scontro a tutto campo che passa inevitabilmente attraverso la Siria, l’Iraq, lo Yemen, il Bahrein ed il Libano e che ridisegnerà gli assetti e gli equilibri futuri in Medio Oriente.

Per eliminare l’Isis c’è chi invoca un intervento Nato e chi preferisce usare truppe locali supportati dai bombardamenti occidentali. Secondo Lei qual è l’opzione migliore?

Non esistono opzioni migliori. Esistono opzioni politicamente praticabili. Al momento non esiste il necessario consenso dell’Alleanza Atlantica per un intervento diretto. Peraltro è facile constatare che, rispetto al settembre del 2014, quando l’Isis controllava una porzione di territorio compresa tra 210 mila e i 270 mila chilometri quadrati – un territorio di poco più piccolo della Gran Bretagna in cui vivono dai 6 ai 10 milioni di abitanti – oggi assistiamo ad un graduale arretramento dello Stato Islamico. Questo arretramento è il risultato dell’azione congiunta e non sempre coordinata dei vari attori internazionali che operano in Siria e in Iraq. I raid della coalizione guidata dagli Stati Uniti, le milizie curde e le ritrovate capacità dell’esercito iracheno hanno consentito la riconquista di importanti località come avvenuto a Tikrit, Sinjar e Ramadi. Anche sul fronte della coalizione guidata dalla Russia si sono registrati degli avanzamenti sul campo di battaglia da parte delle forze del regime di Assad che hanno portato alla rottura dell’assedio dell’Isis della base aerea di Kweires vicino ad Aleppo e al progressivo avvicinamento alla città di Palmira. Lo scenario che si sta profilando anche in relazione al ruolo diplomatico e militare che stanno svolgendo Stati Uniti e Russia è, al netto delle tensioni tra Arabia Saudita ed Iran, all’interno delle quali l’Isis continua ad inserirsi, quello di un sempre maggiore coinvolgimento degli attori locali affinché siano questi a contrastare militarmente l’Isis e i gruppi jihadisti.

Isis e Al Qaeda minacciano l’Italia dalla Libia. Usa, Inghilterra e Francia stanno già sorvolando le coste libiche in vista di possibili raid. Quali saranno gli scenari futuri?

Le ricognizioni delle coste libiche non preludono necessariamente ad un intervento, ma sono indispensabili per avere il polso della situazione in un momento in cui il governo di unità nazionale è ancora agli inizi. Quanto alla minaccia terroristica, al Qaeda poteva minacciare l’Italia in pieno Giubileo senza bisogno di stare in Libia e lo stesso vale per qualunque altra formazione terroristica.

Passiamo alla Turchia, colpita – almeno secondo le parole di Erdogan – dall’Isis. Possiamo davvero considerarla un alleato dell’Occidente oppure no?

Fino ad oggi la Turchia ha sempre rispettato i suoi impegni nell’ambito delle varie organizzazioni internazionali. È chiaro che ogni paese in quelle organizzazioni persegue il suo interesse nazionale. Gli attentati in Turchia indurranno il Governo Davutoglu a calibrare nel modo più opportuno le sue politiche regionali.
 


Fonte: http://www.occhidellaguerra.it/in-prima-linea-contro-lisis/

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