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Scozia: Più ombre che Luce si abbattono sul referendum del 18 settembre PDF Stampa E-mail
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Notizie - Opinioni
Venerdì 22 Agosto 2014 09:22

Il Petrolio del Mare del Nord nel referendum del 18 settembre per l’indipendenza della Scozia, sarà l’oggetto del contendere. Siamo alle porte del referendum che si terrà il 18 Settembre in Gran Bretagna, in caso di vittoria degli scissionisti, si rompe il lungo sodalizio durato oltre 300 anni tra Inghilterra e Scozia.
Con l’indipendenza della Scozia entrano in gioco fattori determinanti come l’energia, chi avrà titolarità sul Petrolio del Mare del Nord? Inghilterra, Scozia o entrambe? L’oro nero fa gola, e il dibattito dei prossimi giorni su cui faranno leva i promotori e gli avversari del referendum sarà incentrato proprio sul vantaggio o rischio di perdere lo sfruttamento del petrolio. Dal 1970 quando le piattaforme hanno iniziato a trivellare, sono stati
pompati 42 mld di barili di petrolio e gas che hanno dato un notevole impulso alle ricchezze della Gran Bretagna. Con il referendum del 18 settembre tutto potrebbe cessare e le risorse energetiche possono innescare rivolte fuori controllo. Da ambo le parti si lanciano proclami, il Primo Ministro Cameron si rivolge agli scozzesi chiedendo di opporsi alla separazione, sull’altro verso il Primo Ministro scozzese Salmond incita i suoi alla separazione, ritenuto evento storico. L’indipendenza gira intorno al petrolio e se non si trova un accordo  prima del 18 settembre i gruppi radicali sono pronti ad incendiare le piazze. Quali potranno essere gli scenari futuri dopo eventuale indipendenza, la Scozia potrà contare su entrate fiscali prodotte da petrolio e i suoi derivati per 62 Mld di $ per i prossimi 5 anni. Di contro in Inghilterra le entrate da idrocarburi saranno di 17.6 Mld. Gli scozzesi però hanno sottovalutato un particolare di non poco conto, le aziende che hanno le concessioni di sfruttamento sono inglesi, in più i pozzi del nord sono ormai in via di esaurimento e i più importanti  sono stati individuati. Questo significa una sola cosa che i pozzi del  nord entreranno a breve in riserva. Quindi se l’indipendenza della Scozia è dovuta alle mire sui pozzi del  Mare del Nord, consigliamo di ripensare ai loro propositi di scissione per non finire a fondo quando l’ultima goccia di “oro nero” sarà emersa  dal mare.

Non capiamo quali sistemi matematici stanno adottando gli scissionisti  per convincere la popolazione dell’importanza di avere il controllo dei  pozzi petroliferi del Mare del Nord, eppure è così semplice dal 2011 la  produzione del Petrolio del Mare del Nord è scesa del 38%, pari a 1,43  milioni di barili al giorno e il trend tende a scendere ancora. Con i  nuovi pozzi che entreranno in funzione nel 2018 la produzione salirà a  1,7 milioni di barili giorno. Dal 1999 il trend è in calo dopo il picco del 1977, le risorse si stanno esaurendo. Per riportare l’estrazione ai valori del 1977 è necessario ricorrere ad
enormi investimenti, piattaforme, nuove condotte sottomarine e questo la  Scozia avrà da sola la forza di farlo? La Gran Bretagna nel 2013 ha investito 14.4 Sterline per individuare nuovi pozzi marini. In ogni caso già da tempo la Gran Bretagna ha deciso di ridurre le esplorazioni in nuovi quadranti del Mare del Nord, le difficoltà e i
costi di esplorazione sono altissimi, quando anche gli ultimi pozzi entreranno a riserva, le compagnie abbandoneranno il progetto Mare del Nord. In un futuro molto ravvicinato le compagnie dovranno abbandonare le esplorazioni del Mare del Nord, i costi altissimi e i margini di guadagno molto bassi non permetteranno di essere competitivi con il Petrolio statunitense del WTI, attualmente il Brent (Petrolio del Mare del Nord) riesce a mantenere i prezzi del WTI, ma presto se non si ripensa a nuove commodities dovrà soccombere ai cugini.

Maurizio Compagnone
Opinionista de “La Gazzetta italo brasiliana” e di “Piazza Italia” di
Caracas

Ultimo aggiornamento Venerdì 22 Agosto 2014 09:32
 

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