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Notizie - Opinioni
Mercoledì 23 Luglio 2014 16:58
L’ITALIA? CHE VENGA ANNESSA DALLA ROMANIA! 
 
 Forse è ormai giunto il momento di lasciar perdere certe perduranti ipocrisie e/o “leggende metropolitane” dall’alone buonista (troppo spesso a senso unico nei confronti degli stranieri e quasi mai in direzione dei connazionali italiani), con il contorno di rassicuranti ma falsi toni antiallarmistici pseudodistendinervi (tesi) sulla delinquenza maggioritaria locale rispetto a quella… fuoriporta. Quasi giustificando e, comunque, minimizzando, chi ruba, stupra, ammazza, si prostituisce, truffa e via dicendo ma non è cittadino di questa Repubblica e, magari, risulta pure clandestino o senza fissa dimora o privo di redditi (onesti, anche se in nero) di sorta…
   Più nel dettaglio, a mo’ d’esempio? Già ben prima della clamorosa entrata della Romania nell’Unione Europea (il 1° gennaio 2007, tenendo per mano l’altrettanto inaspettata Bulgaria) e con la conseguente libera circolazione dei romeni, le cronache registravano un’escalation della percentuale dei misfatti addebitabili ai cittadini del Governo di Bucarest.
   Sindrome xenofoba o realismo nascosto? Magari grazie a morbide forze dell’ordine, svogliata giustizia, pena da scontarsi forse e se, abitudinaria (se non passiva, finchè la disgrazia capita a qualcun altro) opinione pubblica, “complesso del razzismo” (guai a parlar male dello straniero…), impotenza e lasciar correre di tanti, mazziati e contenti…
   Dalle prime risicate avvisaglie post rivoluzione del dicembre 1989 (quella che ha deposto il regime di Nicolae Ceauşescu, sottoposto con la moglie Elena Petrescu ad un processo sommario, condannati a morte e giustiziati il 25 dicembre) agli arrivi di massa (legalmente e, soprattutto, no) tra il preingresso nell’Unione Europea ed il dopo gennaio 2007, l’Italia è stata “privilegiata” terra di… conquista per romeni onesti (come quelli che affollano di “ditte individuali” le iscrizioni nelle varie Camere di Commercio) e per connazionali col pelo lungo così sullo stomaco, con le fedina penale non tanto immacolata (nel proprio Paese), convinti (e chi può dar loro torto?) d’una certa dabbenaggine degli italiani in genere (e delle autorità che dovrebbero prevenire i reati e far rispettare le leggi).
   E, aspetto non secondario, coscienti di quanto non scherzino polizia e giudici in Romania e di come siano ben poco accoglienti le carceri “di casa” (e senza il bazzicare di schiere di assistenti sociali, volontari di associazioni specifiche, religiosi preposti tendenti alla rieducazione coccolona anche del peggior ribaldo finito in galera) rispetto a quelle disseminate sul territorio italiano (sempre che vi vengano rinchiusi e non usufruiscano delle agevolazioni delle larghe maglie – e delle anomalie – giudiziarie, di sconti di pena per patteggiamenti e riti abbreviati, di arresti domiciliari, di affidamenti a servizi sociali e “strutture protette”, della classica “condizionale”, di indulti, condoni vari e via dicendo).
   D’un fatto, comunque, i romeni in Italia, sia quelli con i calli sulle mani che gli altri con le mani… nelle tasche altrui, devono essere grati al loro (ingrato) Paese che, con una sorta di silenzio assenso, ha consentito la diaspora di braccia e menti positive e della feccia scomoda. Quando solo viene titillato il “problema romeni”, ecco che intervengono scandalizzati ministri, ambasciatore, consoli pronti a fare il diavolo a quattro per difendere a prescindere i connazionali vituperati sempre “ingiustamente”, mal sopportati con pregiudizio e, perché no?, razzismo (termine che calza comunque). 
   Ed allora, visto che i romeni in Italia sono più garantiti degli italiani ed hanno ben due santi protettori (i Governi romeno ed italiano), perché non chiedere alla stessa Romania, dal ceppo comune latino, d’annettersi lei il Belpaese per assicurare a tutti, romeni ed italiani, diritti, sicurezza, certezza della pena e non l’asservimento ad un sistema lestofante ad esclusivo danno italiano? Sarebbe un bello spauracchio pure per le canaglie nascoste sotto il tricolore, in attesa dell’immancabile permesso premio (se dietro la sbarre). Fine pena mai? Ma quando mai, in quest’Italia assopita e non più desta!
 
Claudio Beccalossi   
 
 
 
 
 

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